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Separazione giudiziale avere l’amante causa addebito

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Separazione giudiziale Bologna Marito moglie avere l’amante causa addebito – mancanza di rapporti sessuali tra i coniugi

 

Separazione giudiziale avere l’amante causa addebito
Separazione giudiziale avere l’amante causa addebito

 

. Quanto alla esistenza e alla addebitabilita della separazione alla relazione extra-coniugale del P. , la Corte di appello ha chiarito le ragioni del proprio convincimento affermando che la prova di tale relazione, comunicata alla moglie improvvisamente nel maggio 2005, è stata esaustivamente fornita dalle deposizioni testimoniali di M.M. e Z.L. . La prima teste – rileva la Corte di appello – ha confermato che il P. le riferì tale circostanza, mentre la seconda ha affermato di essere certa che nel giugno 2005 la B. le confidò che il marito aveva un’altra donna e che stava andandosene da casa, sottolineando che tale notizia le era giunta come un fulmine a ciel sereno poiché fino a quel momento non aveva avuto ragione di dubitare della solidità della vita coniugale e tanto meno della presenza di altre donne.

In Cassazione, tra le diverse censure avanzate, l’uomo sostiene l’irrilevanza del tradimento ai fini dell’addebito, ma non è così per i giudici.

Separazione: causa l’addebito l’amicizia intima che fa sospettare un tradimento

Per gli Ermellini le sue doglianze sono, in parte, inammissibili perché, sotto le apparenti spoglie della violazione di generici dispositivi di legge, sollecitano un sostanziale riesame delle risultanze processuali e una diversa valutazione degli apprezzamenti su fatti accertati ai fini della regolazione della separazione giudiziali, ma sono anche manifestamente infondate.
Separazione giudiziale Bologna Marito moglie avere l’amante causa addebito - mancanza di rapporti sessuali tra i coniugi
Separazione giudiziale Bologna Marito moglie avere l’amante causa addebito – mancanza di rapporti sessuali tra i coniugi

 

 

La Corte distrettuale ha rilevato che nella memoria di replica a tale atto difensivo, depositata il 6 marzo 2007, la B. ha contestato tale circostanza affermando che, sino a poco tempo prima dell’allontanamento dalla casa familiare da parte del P. , i rapporti tra i coniugi procedevano in maniera assolutamente normale, sia nell’ambito strettamente familiare che nella sfera sociale. Né può ignorarsi il complessivo contenuto della posizione processuale assunta dalla B. che ha negato di aver mancato ai suoi doveri coniugali e ha chiesto l’addebito della separazione al marito affermando che questi, dopo aver intrapreso una relazione extra-coniugale, ha abbandonato la casa familiare e reso obbligata la separazione. È pertanto da ritenersi infondata la censura del ricorrente relativa alla pretesa persistente non considerazione del riconoscimento delle circostanze dedotte a sostegno della sua domanda di addebito e in ogni caso a dimostrazione della pre-esistenza di una crisi del rapporto affettivo fra i coniugi.

 

 

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Separazione giudiziale avere l’amante causa addebito
 
Corte di Cassazione, sezione  I  Civile
Sentenza 26 settembre – 12 novembre 2014, n. 24157
Presidente Luccioli – Relatore Bisogni
Fatto e diritto
Rilevato che:
  1. Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 10373/10, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi B.S. e P.P. cui ha addebitato la separazione respingendo la richiesta di addebito a carico della B. . Ha disposto l’affido condiviso del figlio M. con residenza prevalente presso la madre. Ha posto a carico del P. un assegno mensile, a titolo di contributo al mantenimento del figlio, di 1.000 Euro, oltre all’obbligo di contribuire al pagamento del 50% delle spese mediche, scolastiche e sportive. Ha dichiarato inammissibili le ulteriori domande di condanna, restituzione e divisione proposte dal P. . Ha condannato il P. al pagamento delle spese processuali.
  2. Ha proposto appello P.P. chiedendo la revoca della pronuncia di addebito della separazione e l’accoglimento della domanda di addebito proposta nei confronti della B. . Ha chiesto la riduzione del suo concorso al mantenimento del figlio nella misura di 400 Euro mensili e del 35% delle spese mediche, scolastiche e sportive.
  3. Si è costituita la B. e ha chiesto, in via incidentale, la fissazione in 1.200 Euro mensili dell’assegno di mantenimento del figlio cosi come indicato nella motivazione della sentenza di primo grado.
  4. La Corte di appello di Milano ha respinto i due appelli e compensato le spese del grado.
  5. Ricorre per cassazione P.P. affidandosi a due motivi di impugnazione.
  6. Si difende con controricorso B.S. .
  7. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per errata applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e per insufficiente e/o contraddittoria e/o illogica motivazione in merito alla mancata contestazione della mancanza di rapporti sessuali tra i coniugi, con conseguente carenza dell’iter logico motivazionale in punto di giudizio di comparazione dei comportamenti dei coniugi per l’addebito della separazione.
  8. Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. per errata applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 115 e 116 c.p.c. e per insufficiente e/o contraddittoria e/o illogica motivazione in merito alla presunta relazione extra-coniugale del P. avvenuta prima della separazione e conseguente carenza dell’iter logico motivazionale in punto di giudizio di comparazione dei comportamenti dei coniugi per l’addebito della separazione.
Ritenuto che:
  1. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente in considerazione della loro stretta interrelazione fattuale e giuridica. Con essi il ricorrente ripropone sostanzialmente la censura già mossa alla sentenza di primo grado, e cioè l’omesso esame dei comportamenti posti in essere dai due coniugi nel corso del matrimonio e la conseguente erronea valutazione della causa della sua crisi e della successiva separazione. In particolare il ricorrente non ritiene adeguatamente valutato il comportamento della B. che avrebbe mantenuto un atteggiamento non curante e anaffettivo nei suoi confronti, avrebbe anteposto le esigenze di affermazione professionale a quelle familiari, ritardando in particolare di otto anni, rispetto al matrimonio, la nascita del figlio, e si sarebbe negata a qualsiasi rapporto intimo dopo la nascita del figlio. Queste e non altre secondo il ricorrente sarebbero le cause, già in atto, e non contestate, della crisi matrimoniale; laddove invece la Corte di appello ha ritenuto che la causa determinante del fallimento dell’unione coniugale sia stata la sua violazione del dovere di fedeltà. Violazione non riconosciuta né adeguatamente provata dalla controparte.
  2. Il ricorso appare inammissibile laddove sottopone alla Corte un nuovo giudizio di merito sulle cause della separazione. È invece infondato laddove muove alla sentenza della Corte distrettuale milanese censure di insufficienza e contraddittorietà della motivazione connesse alla violazione degli artt. 115 e 116 del codice di rito in tema di valutazione delle prove e di applicazione del principio di non contestazione.
  1. In particolare la Corte di appello ha preso in esame la censura di omessa considerazione da parte del giudice di primo grado di quanto affermato nella memoria sottoscritta dallo stesso P. e allegata alla comparsa di costituzione circa l’opposizione della B. a intrattenere una normale vita sessuale sin dal 1999 (epoca della nascita del figlio). La Corte distrettuale ha rilevato che nella memoria di replica a tale atto difensivo, depositata il 6 marzo 2007, la B. ha contestato tale circostanza affermando che, sino a poco tempo prima dell’allontanamento dalla casa familiare da parte del P. , i rapporti tra i coniugi procedevano in maniera assolutamente normale, sia nell’ambito strettamente familiare che nella sfera sociale. Né può ignorarsi il complessivo contenuto della posizione processuale assunta dalla B. che ha negato di aver mancato ai suoi doveri coniugali e ha chiesto l’addebito della separazione al marito affermando che questi, dopo aver intrapreso una relazione extra-coniugale, ha abbandonato la casa familiare e reso obbligata la separazione. È pertanto da ritenersi infondata la censura del ricorrente relativa alla pretesa persistente non considerazione del riconoscimento delle circostanze dedotte a sostegno della sua domanda di addebito e in ogni caso a dimostrazione della pre-esistenza di una crisi del rapporto affettivo fra i coniugi.
  2. Quanto alla esistenza e alla addebitabilita della separazione alla relazione extra-coniugale del P. , la Corte di appello ha chiarito le ragioni del proprio convincimento affermando che la prova di tale relazione, comunicata alla moglie improvvisamente nel maggio 2005, è stata esaustivamente fornita dalle deposizioni testimoniali di M.M. e Z.L. . La prima teste – rileva la Corte di appello – ha confermato che il P. le riferì tale circostanza, mentre la seconda ha affermato di essere certa che nel giugno 2005 la B. le confidò che il marito aveva un’altra donna e che stava andandosene da casa, sottolineando che tale notizia le era giunta come un fulmine a ciel sereno poiché fino a quel momento non aveva avuto ragione di dubitare della solidità della vita coniugale e tanto meno della presenza di altre donne.
  3. Quanto alla infondatezza degli addebiti mossi dal P. alla moglie, la Corte di appello ha reso una motivazione ampia e coerente non solo escludendo che le deduzioni del P. potessero ritenersi provate, ma ritenendo altresì che fossero smentite dagli elementi raccolti nel corso dell’istruttoria.
  4. In particolare la Corte di appello ha rilevato che dalle deposizioni testimoniali emergeva la rappresentazione di una coppia di giovani coniugi intensamente impegnati nelle rispettive attività professionali cosicché non stupisce, né appare riprovevole, che l’importante decisione di avere un figlio sia stata assunta dopo alcuni anni di matrimonio, al conseguimento di una maggiore stabilità lavorativa da parte di entrambi.
  5. Inoltre la Corte di appello ha escluso in base alle prove raccolte in istruttoria che nella primavera del 2005, e cioè all’epoca della rivelazione della relazione extra-coniugale, il rapporto coniugale fosse già in crisi e ha rilevato a tale proposito che dalle deposizioni testimoniali risultavano, sino a tale epoca, soggiorni di vacanza e fine settimana trascorsi dalla coppia, anche in compagnia di amici, in luoghi di villeggiatura, regali donati dal P. alla moglie e la decisa volontà di acquistare una casa più grande a Milano, indice significativo di una solida progettualità di vita in comune, confermata anche dal padre del P. , il quale ha anche dichiarato che, sino alla primavera del 2005, il figlio e la nuora conducevano una normale vita coniugale.
  6. Infine la Corte di appello ha rilevato che è rimasto del tutto indimostrato e privo di deduzioni istruttorie il preteso rifiuto della B. a intrattenere una normale vita sessuale con il marito.
  7. In definitiva può affermarsi che, a fronte di una motivazione ampia e priva di vizi logici, il ricorrente muove delle critiche infondate alla valutazione operata dalla Corte di appello. Infatti i giudici del secondo grado hanno correttamente escluso la non contestazione delle circostanze addotte dal P. e hanno attribuito un valore determinante alle deposizioni citate. Tali deposizioni non possono considerarsi meramente indiziarie perché de relato in quanto come è potuto chiaramente emergere dal riferimento al loro contenuto esse hanno riferito di colloqui diretti fra i testi e il P. ovvero hanno attestato la percezione diretta di circostanze rilevanti relative alla vita coniugale degli odierni avversari in giudizio.
  8. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 3.700 Euro, di cui 200 per spese, oltre spese forfetarie e accessori di legge.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.

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