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Avvocato per divorzio Bologna-separazione giudiziale –avvocato separazione Bologna

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Avvocati a Bologna Avvocato per divorzio Bologna-separazione giudiziale –avvocato separazione Bologna

Com’è noto, il diritto del coniuge all’assegno divorzile dev’essere accertato verificando la disponibilità da parte del richiedente di mezzi economici adeguati a consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, (e quello che poteva ragionevolmente configurarsi sulla base delle aspettative maturate nel corso del rapporto), mentre la liquidazione dell’importo dovuto, una volta riconosciuto il relativo diritto per non essere il coniuge richiedente in grado di mantenere con i propri mezzi detto tenore di vita, dev’essere compiuta valutando in concreto, anche in rapporto alla durata del matrimonio, le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, il reddito di entrambi (cfr. Cass., Sez. 1, 12 luglio 2007, n. 15611; 22 agosto 2006, n. 18241; 19 marzo 2003, n. 4040; 27 settembre 2002, n. 14004).

Tali criteri sono stati correttamente applicati dalla Corte d’appello, la quale ha posto a confronto la precarietà della situazione economica della C. , “non dedita ad alcuna attività di lavoro durante la ultraventennale convivenza coniugale”, con la posizione economica, indubbiamente più agiata, connessa all’attività libero – professionale esercitata dal M. , concludendo pertanto per la configurabilità di un apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche dell’intimata, in conseguenza dello scioglimento del matrimonio, tale da giustificare l’imposizione a carico del ricorrente dell’obbligo di corrispondere un contributo volto a ristabilire l’equilibrio tra le parti.

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La correttezza logico-giuridica di tale ragionamento è rafforzata dal riferimento, in sostanza non contestato se non con l’affermazione, priva di pregio sul piano giuridico, dell’assenza di un contributo al riguardo della ex-coniuge, al ragguardevole ed esponenziale incremento del reddito netto del ricorrente, aumentato da Euro 277.173,00, dell’anno 2001 (anno in cui era stato concordato il contributo per il mantenimento della moglie nell’ambito della separazione consensuale), ad Euro 488.721,00 nel 2005 e suscettibile di ulteriori e significativi incrementi (Euro 753.731,00 nell’anno 2007).

Va inoltre rammentato che il ricorso per cassazione – in ragione del principio di cosiddetta ‘autosufficienza’ – deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito. Ne consegue che nell’ipotesi in cui, con il ricorso per tassazione, venga dedotta l’incongruità, l’illogicità, l’insufficienza o contraddittorietà della sentenza impugnata per l’asserita mancata o inadeguata valutazione di risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata (o insufficientemente valutata), che il ricorrente precisi, mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso, la risultanza che egli asserisce decisiva e non valutata o insufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte di Cassazione, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti, di delibare la decisività della medesima, dovendosi escludere che la precisazione possa consistere in meri commenti, deduzioni o interpretazioni delle parti (Cass. 28.7.2004 n. 14262; Cass. 27722/05; Cass. 20.1.2006 n. 1113 Cass. 12362/06; Cass.).

Nel caso di specie ciò non è avvenuto. Il ricorrente non ha indicato in modo adeguato e specifico, ne ha riprodotto per intero, il contenuto delle prove espletate, limitandosi a frammentarie citazioni del loro contenuto.

In questo senso non è stato rispettato il principio di autosufficienza del ricorso, impedendo quel controllo che alla Corte è consentito sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative.

Il quinto motivo;con cui si contesta la decorrenza dell’assegno divorzile dalla domanda proposta nel 1998 , è infondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato che l’assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo ‘status’ delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, decorre dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale. A tale principio ha introdotto un temperamento l’art. 4, comma decimo, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, così come sostituito dall’art. 8 della legge 6 marzo 1987 n. 74, conferendo al giudice il potere di disporre, in relazione alle circostanze del caso concreto, ed anche in assenza di specifica richiesta, la decorrenza dello stesso assegno dalla data della domanda di divorzio: peraltro il giudice, ove si avvalga di tale potere, è tenuto a motivare adeguatamente la propria decisione (Cass. 24991/10, Cass. 4424/08, Cass. 18321/07).

licenziamento per giusta causa licenziamento per giustificato motivo soggettivo esempio licenziamento per giustificato motivo soggettivo assenza ingiustificata licenziamento per giustificato motivo soggettivo e preavviso lettera licenziamento per giustificato motivo soggettivo licenziamento per giustificato motivo soggettivo e indennita' di disoccupazione licenziamento per giustificato motivo soggettivo e disoccupazione licenziamento per giustificato motivo soggettivo disoccupazione
licenziamento per giusta causa licenziamento per giustificato motivo soggettivo esempio
licenziamento per giustificato motivo soggettivo assenza ingiustificata licenziamento per giustificato motivo soggettivo e preavviso
lettera licenziamento per giustificato motivo soggettivo licenziamento per giustificato motivo soggettivo e indennita’ di disoccupazione
licenziamento per giustificato motivo soggettivo e disoccupazione licenziamento per giustificato motivo soggettivo disoccupazione

Nel caso di specie la Corte d’appello ha confermato la sentenza di primo grado motivando in ragione delle precarie condizioni economiche della T. sin dall’epoca della proposizione della domanda.

Del tutto infondata è poi la dedotta esistenza di un giudicato sul punto in virtù della sentenza parziale n. 18/03 con cui il Tribunale di Teramo aveva rigettato la domanda riconvenzionale di corresponsione di un assegno mensile di mantenimento.

La sentenza della Corte d’appello oggetto del presente ricorso ha infatti precisato che la T. , nel costituirsi nel giudizio di divorzio, aveva chiesto in via riconvenzionale il riconoscimento di un assegno di mantenimento o in subordine di divorzio e che il tribunale di Teramo con la sentenza parziale n. 18/03 aveva pronunciato lo scioglimento del matrimonio, rigettando la domanda di assegno di mantenimento, ma aveva rimesso la causa in istruttoria proprio per la pronuncia sulla domanda subordinata di riconoscimento di un assegno divorzile. È pertanto di tutta evidenza che su tale questione non si è formato alcun giudicato riguardando questo solo l’assegno di mantenimento.

Il sesto motivo con cui si contesta l’avvenuta compensazione delle spese motivata dalla Corte d’appello in ragione della reciproca soccombenza è infondato in ragione di quanto detto in relazione al motivo che precede, poiché la T. ha visto comunque riconosciuto un assegno divorzile in accoglimento della propria domanda riconvenzionale onde, ancorché lo stesso sia stato successivamente ridotto in sede di appello, la stessa risultava comunque vincitrice.

Venendo all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale con cui ci si duole dell’insufficienza dell’assegno divorzile riconosciuto, lo stesso appare inammissibile. La ricorrente infatti si limita a dedurre che l’accertato basso reddito di cui essa dispone avrebbe dovuto portare ad una determinazione dell’assegno per un importo maggiore di quello riconosciuto.

 

 

malasanità come denunciare il danno? Come e a chi denunciare per malasanità’? come si denuncia un caso di malasanità?
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Questa Corte ha quindi affermato che il decreto emesso ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà, in quanto risolve una controversia in atto tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitività, con efficacia assimilabile, “rebus sic stantibus”, a quella del giudicato. È stata quindi affermata, per tali ragioni, la piena ricorribilità per cassazione, nel regime dettato dalla L. n. 54 del 2006, dei provvedimenti emessi dalla Corte di Appello – Sezione per i minorenni, ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ., precisandosi altresì, pure nell’ambito delle forme camerali che li caratterizzano, che debbano applicarsi i termini di impugnazione di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 c.p.c. (Cass., 21 marzo 2011, n. 6319; Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, in motivazione).

 

Separazione e divorzio SEPARAZIONE CONSEGUENZE PATRIMONIALI
Separazione e divorzio SEPARAZIONE CONSEGUENZE PATRIMONIALI

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 21 novembre 2013, n. 26122

Svolgimento del processo

1 – Le minori E.D.A. , nata il (omissis) e E.D.J. , nata il (omissis) , figlie naturali di C.E. e di E.E.C. , a seguito della crisi della coppia e della cessazione della convivenza, avvenuta nel 2000, venivano affidate in via esclusiva al padre, fermo il loro collocamento presso la nonna e uno zio paterno, residenti in (omissis), mentre i genitori rimanevano entrambi in Italia.

1.2 – Il Tribunale per i Minorenni fondava tale decisione sul rilievo inerente alla maggiore affidabilità dell’E. , il quale aveva creato un nuovo nucleo familiare, del tutto idoneo, anche sotto il profilo logistico, ad accogliere le minori, mentre la madre aveva dato prova di una certa instabilità affettiva, concependo altri figli con uomini diversi, senza instaurare alcun rapporto duraturo.

1.3 – Avverso tale decreto proponeva reclamo la C. , attribuendo il rigetto a un pregiudizio nei suoi confronti, per aver acconsentito alla partenza delle figlie verso l'(omissis) e per aver avuto delle relazioni, tutte circostanze in realtà non confliggenti con la sua capacità genitoriale, desumibile – compatibilmente con le proprie ridotte risorse economiche – dai contatti telefonici frequenti, da un viaggio in (omissis) e dall’invio di somme di danaro per il loro mantenimento.

1.4 – Essendosi costituito il padre, che aveva insistito per il rigetto del reclamo, la Corte di appello di Ancona, Sezione per i Minorenni, con il provvedimento indicato in epigrafe, pur non sottovalutando la capacità genitoriale della C. , tale da non far ravvisare la ricorrenza di gravi motivi ostativi a un affidamento condiviso, affermava tuttavia che tale regime non appariva, finché le minori rimanevano in Argentina presso i parenti paterni, concretamente realizzabile.

Confermate le misure di natura economica, in parziale modifica del decreto reclamato veniva disposto che ciascun genitore sopportasse le spese di viaggio per recarsi a far visita alle figlie e che i costi per i trasferimenti della prole fossero da ripartirsi in egual misura fra le parti.

1.5 – Per la cassazione di tale provvedimento la C. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, illustrati da memoria.

L’E. non svolge attività difensiva.

Motivi della decisione

2 – Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 317 bis, 155 cod. civ. , 30 e 111 Cost., rappresentandosi che il rigetto della richiesta di affidamento condiviso non era giustificato, in presenza di un vivo interesse manifestato – compatibilmente con le proprie ridotte capacità economiche – dalla madre. Neppure poteva considerarsi ostativa la permanenza della prole all’estero.

2.1 – Con la seconda censura gli aspetti sopra evidenziati vengono prospettati sotto il profilo del vizio motivazionale che inficerebbe la decisione impugnata: la corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle emergenze probatorie deponenti nel senso della capacità genitoriale della C. .

2.2 – Con il terzo mezzo si denuncia, infine, violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’omessa pronuncia sulle domande inerenti all’autorizzazione al rilascio del passaporto per le minori. Si prospetta, altresì, un regolamento del diritto di visita inteso ad accrescere le possibilità di incontro delle figlie con la madre e si denuncia, infine, l’eccessività della somma posta a carico della C. a titolo di contributo per il mantenimento della prole.

3 – Quest’ultimo motivo – nella parte relativa al rilascio del passaporto – è inammissibile.

Deve invero trovare applicazione il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui la pronuncia della Corte d’appello, sezione minorenni, riguardante un provvedimento provvisorio ed urgente, emesso, in corso di procedimento, salvo quanto si dirà più avanti in tema di affidamento del figlio naturale ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ., non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost., attesa la natura strumentale e il carattere revocabile di tale provvedimento. Tali aspetti non vengono meno neanche quando, come nella specie, l’oggetto delle censure del ricorrente riguardi la lesione di situazioni aventi rilievo processuale, quali espressione del diritto di azione, ed in particolare del diritto al riesame da parte di un giudice diverso, in quanto la pronunzia sull’osservanza delle norme che regolano il processo, disciplinando i presupposti, i modi e i tempi con i quali la domanda può essere portata all’esame del giudice, ha necessariamente la medesima natura dell’atto giurisdizionale cui il processo è preordinato e, pertanto, non può avere autonoma valenza di provvedimento decisorio e definitivo, se di tali caratteri quell’atto sia privo stante la natura strumentale, della problematica processuale (Cass., 20 novembre 2010, n. 23578).

3.1 – Con particolare riferimento, poi, al rilascio del passaporto, questa Corte ha già avuto modo di statuire, nel vigore della L. 21 novembre 1967, n. 1185, abrogato art. 14 (norme sui passaporti), e sostituito – senza significative interferenze sul principio qui richiamato – dall’art. 20 ter del D.l. 25 settembre 2009, n. 135, che in tema di autorizzazione al rilascio del passaporto al genitore con figlio minore, quando difetti l’assenso dell’altro genitore, non è ravvisabile il carattere di definitività e decisorietà nel provvedimento emesso dal tribunale, in esito a reclamo avverso il decreto del giudice tutelare che abbia concesso, o negato, l’autorizzazione all’iscrizione richiesta. Si tratta, infatti, di un provvedimento di volontaria giurisdizione, volto non già a dirimere in via definitiva un conflitto tra diritti soggettivi dei genitori del minore, bensì a valutare la corrispondenza del mancato assenso di uno di loro all’interesse del figlio: e dunque, espressivo di una forma gestoria dell’interesse del minore, come tale non soggetto a ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass., sez. 1, 14 maggio 2010, n. 11.771).

4 – Quanto ai restanti motivi, deve richiamarsi il più recente orientamento, condiviso dal Collegio, secondo cui la L. n. 54 del 2006, esprimendo un’evidente scelta di assimilazione della posizione dei figli naturali a quelli nati nel matrimonio, quanto al loro affidamento, precisa che “le disposizioni della presente legge si applicano anche (…) ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”.

Si è quindi ritenuto che la nuova disciplina, oltre a introdurre una sostanziale parificazione dei minori sotto il profilo sostanziale, comporta nuovi e significativi risvolti sul piano processuale, in quanto conferisce una definitiva autonomia al procedimento di cui all’art. 317 bis cod. civ., allontanandolo dall’alveo della procedura ex art. 330, 333, 336 c.c. e avvicinandolo, e per certi versi assimilandolo, a quello di separazione e divorzio, con figli minori.

Questa Corte ha quindi affermato che il decreto emesso ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ. ha natura sostanziale di sentenza, presentando il requisito della decisorietà, in quanto risolve una controversia in atto tra contrapposte posizioni di diritto soggettivo, e della definitività, con efficacia assimilabile, “rebus sic stantibus”, a quella del giudicato. È stata quindi affermata, per tali ragioni, la piena ricorribilità per cassazione, nel regime dettato dalla L. n. 54 del 2006, dei provvedimenti emessi dalla Corte di Appello – Sezione per i minorenni, ai sensi dell’art. 317 bis cod. civ., precisandosi altresì, pure nell’ambito delle forme camerali che li caratterizzano, che debbano applicarsi i termini di impugnazione di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., trattandosi di appello mediante ricorso, e non di reclamo ex art. 739 c.p.c. (Cass., 21 marzo 2011, n. 6319; Cass., 13 settembre 2012, n. 15341, in motivazione).

5 – Tanto premesso, deve tuttavia rilevarsi, sotto i seguenti, distinti profili, l’inammissibilità dei motivi di ricorso in esame.

5.1 – Con la prima censura si denuncia, in termini assolutamente generici, la violazione delle norme contenute negli artt. 155, 317 bis c.c., 30 e 111 Cost., mediante la loro mera enunciazione, senza indicare, in ossequio al principio di specificità, la ragione in virtù della quale il provvedimento impugnato si sarebbe posto in contrasto con tali disposizioni, in una fattispecie, per altro, nella quale, pur costituendo l’affidamento condiviso, in virtù del principio della bigenitorialità, una scelta prioritaria, è consentito anche l’affidamento a un solo genitore, quando l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse del minore.

Tale aspetto non risulta in alcun modo attinto dalle osservazioni della ricorrente, in buona parte afferenti eventi privi di significativo rilievo, ovvero verifica – tisi in epoca successiva al provvedimento impugnato.

5.2 – D’altra parte, anche con riferimento al vizio motivazionale dedotto con il secondo mezzo, non sembra sia stata colta la “ratio decidendi” che sorregge la decisione in esame, in quanto, indipendentemente dalla capacità genitoriale della C. , che viene sostanzialmente riconosciuta, la corte territoriale ha posto in evidenza – senza che il punto sia stato adeguatamente censurato – la peculiarità della situazione delle minori, “che vivono ormai stabilmente in (OMISSIS) affidate di fatto alla nonna paterna e allo zio paterno”.

Valutata tale circostanza, la corte di appello ha ritenuto che l’affidamento esclusivo al padre – suscettibile di revisione in caso di mutamento della descritta situazione – appaia maggiormente corrispondente agli interessi delle minori, “sì da mantenere una medesima linea guida nella loro educazione, senza inutili e soprattutto dannosi, possibili contrasti”.

Tale ragione della decisione, vale bene ripeterlo, non risulta attinta da specifiche e argomentate censure, al di là di generiche riaffermazioni, da parte della C. , del proprio attaccamento alla prole, che, come sopra evidenziato, la Corte di appello non disconosce, ma dal quale, per le ragioni indicate, senza per altro incorrere in contraddizione, ritiene, almeno allo stato, di dover prescindere.

5.3 – Quanto alla disciplina dei tempi di frequentazione con la madre, che costituisce uno dei profili di censura del terzo mezzo, debbono richiamarsi i rilievi già svolti circa la “ratio decidendi” che ha ispirato il provvedimento impugnato in relazione all’affidamento al padre, nel senso della carenza di attualità della questione fino alla permanenza delle figlie in (omissis), con l’opportuna precisazione che anche tale aspetto avrebbe dovuto essere regolato, previa audizione delle minori, anche sulla base delle loro intenzioni.

Anche tale aspetto, come sopra evidenziato, non risulta adeguatamente censurato.

5.4 – Passando, infine, alla censura inerente alla determinazione per il contributo del mantenimento, deve rilevarsi che trattasi di mera questione di merito, per altro proposta non sotto il profilo dell’adeguatezza della somma determinata dal giudice del merito rispetto alle “crescenti esigenze delle minori”, bensì mediante la mera rappresentazione della necessità, estranea alla suddetta ragione della decisione, di risparmiare per poter sostenere le spese per i viaggi in (omissis).

5.5 – Non si provvede in merito al regolamento delle spese processuali, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

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Stalking , divieto di avvicinamento alla vittima Art. 612 bis. Atti persecutori. Stalking.