RAVENNA EREDE UNIVERSALE, QUOTA LEGITTIMA
- successione necessaria e legittima
- successione del coniuge
- eventuale lesione dei diritti dei congiunti
- scioglimento della comunione ereditaria
- liberalità
- donazioni indirette
- donazioni aziende
Tre sono i presupposti necessari per l’acquisto dell’eredità la qualità di erede non si acquisisce infatti automaticamente, ma necessita di una manifestazione di volontà orientata in tal senso ed i cui effetti retroagiscono al momento dell’apertura della successione (art.459 c.c.), coincidente con la morte del testatore nel luogo del suo ultimo domicilio (art. 456 c.c.).
Richiedere una consulenza da un Avvocato Successione RAVENNA BOLOGNA VICENZA ROVIGO TREVISO mette al sicuro molte persone che spesso non sanno esattamente come muoversi. Il testamento olografo è quel tipo di testamento disciplinato all’articolo 602 del codice civile. Deve essere necessariamente ed integralmente scritto, sottoscritto e datato dal testatore. La violazione di tali requisiti formali determina l’impugnabilità del testamento e più precisamente la nullità o l’annullabilità delle volontà testamentarie.
Per ottenere quello che ti spetta occorre seguire leggi e norme precise per non creare eventuali disagi agli eredi una volta che sopraggiunge la morte del soggetto che ha lasciato un patrimonio.
. Invece, sintetizzando che un testamento ha un valore legale solo ed esclusivamente spesso viene assistito da parte di un Avvocato Successione RAVENNA BOLOGNA VICENZA ROVIGO TREVISO in piena coscienza dell’interessato, con pieni diritti e anche nelle piene facoltà mentali, ecco che esso diventi inattaccabile.
L’assistenza prestata, sia in sede stragiudiziale che in sede giudiziale, anche attraverso la collaborazione di Notai e Commercialisti di fiducia, riguarda gli adempimenti previsti per l’apertura della successione e l’accettazione o la rinuncia all’eredità, le divisioni ereditarie, l’individuazione delle quote ereditarie, l’individuazione della quota disponibile e di eventuali lesioni di legittima, la predisposizione di progetti divisionali, l’impugnazione di testamenti per invalidità o per lesione di quota di legittima, la consulenza e l’ assistenza nella redazione di testamenti e legati nonché di atti di donazione.
- la vocazione dell’erede, che costituisce il fondamento del fenomeno successorio e consiste nella designazione del successibile per testamento o per legge,
- la delazione dell’erede, cioè il fenomeno dell’offerta del patrimonio ereditario al successibile, normalmente coincidente con la vocazione di cui rappresenta l’aspetto dinamico, quindi
- l’accettazione, che è lo strumento tecnico con cui si acquista l’eredità.
, ai fini della legittimazione dell’attore in relazione alle varie domande proposte, è se tale dritto alla quota di legittima sia stato leso e in quale misura, soccorrendo al riguardo l’azione di riduzione, esercitando la quale soltanto il legittimario (parzialmente o totalmente pretermesso nelle disposizioni testamentari) è in grado di ottenere la reintegrazione della quota riservata (artt. 553 ss c.c.) e, se pretermesso, il riconoscimento della qualità stessa di erede, che diversamente non può vantare. A tale ultimo riguardo è lo stesso attore (concordi anche i convenuti) a richiamare la giurisprudenza costante secondo la quale il legittimario interamente pretermesso dal testatore non ha la posizione di chiamato all’eredità, ma acquisisce la qualità di erede soltanto in caso di esperimento vittorioso dell’azione di riduzione.
► Assistenza per rinuncia all’eredità
► Assistenza per accettazione dell’eredità con beneficio di inventario
► Ricorso per autorizzazione ad incassare la liquidazione (TFR) in caso di cessazione di rapporto di lavoro a causa del decesso del genitore a favore del minore
► Ricorso per autorizzazione ad incassare polizza assicurativa a favore del minore
► Ricorso per autorizzazione a prelevare dalla banca somme intestate al minore
► Ricorso per autorizzazione ad accettare una donazione fatta al minore
► Procedure/attività legate alla materia delle successioni
Ciò posto, e ritenuto quindi che A.T. è legittimato ad agire in riduzione (avendo la giurisprudenza escluso la necessità dell’accettazione con beneficio di inventario prescritta dall’art. 564 c.c. allorquando si tratti di erede totalmente pretermesso) occorre in primo luogo individuare quale o quali azioni lo stesso abbia inteso proporre.
Vero è infatti che egli alle pagg. 9 e 10 dell’atto di citazione l’attore riporta argomentazioni circa la natura e le caratteristiche dell’azione di riduzione, riconoscendo egli stesso che non sarà legittimato a chiedere la divisione fino a quando non sarà stata accolta l’azione di riduzione ed essere così per l’effetto divenuto partecipe della comunione dei beni ereditari” aggiungendo che,” stante la diversità e consequenzialità” dell’azione di riduzione e di quella di divisione, esse “sono cumulativamente esercitabili nello stesso procedimento come in effetti si esercita nella presente fattispecie in sede di conclusioni sotto rassegnate”: tuttavia non è dato rinvenire alcuna richiesta nelle conclusioni contenute nell’atto introduttivo e neppure nelle ulteriori precisate in corso di causa, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni (che d’altra parte non potrebbero essere modificate) circa la riduzione richiesta.
Vero è che per l’esercizio dell’azione di riduzione (come di ogni altra domanda) non sono richieste formule sacramentali, ma neppure può dirsi che l’evocazione della “riduzione” costituisca di per sé una modalità per garantirsi il riconoscimento non solo della qualità di legittimario, ma dell’effettiva violazione della propria quota di legittima, avendo l’attore l’onere di allegare almeno l’astratta entità della propria quota di legittima e la sua violazione.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE di RAVENNA
SEZIONE CIVILE
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. Antonella Allegra – Presidente Relatore
dott. Alessandra Medi – Giudice
dott. Pierpaolo Galante – Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 482/2017 promossa da:
A.T. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. OLIVIERI MATTEO elettivamente domiciliato nel suo studio in VIALE DELLA LIRICA N. 7 RAVENNA
PARTE ATTRICE
contro
D.V. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. DALMONTE MASSIMO, elettivamente domiciliata nel suo studio in VIA P. COSTA N. 39 48100 RAVENNA
L.T. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. MARANGONI ILVA elettivamente domiciliato nel suo studio in CORSO MATTEOTTI 3 48022 LUGO
CONVENUTI
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 7-8 febbraio 2017 A.T. evocava in giudizio la madre D.V. e il fratello L.T., chiedendo a questo Tribunale di “1) Accertare e dichiarare che il sig. T.A. è erede legittimario ex art. 536 c.c. del de cuius sig. T.G.;2) Accertare e dichiarare ai sensi dell’art. 735 comma 1 c.c. la nullità della divisione testamentaria operata dal de cuius sig. T.G. per preterizione di erede legittimario e per l’effetto, dichiarare aperta la successione legittima con conseguente scioglimento della comunione ereditaria così formatasi;3) Dichiarare quali siano i beni ereditari e quale sia la quota astratta di partecipazione alla proprietà di spettanza dell’attore sig. T.A. con conseguente redazione di apposito progetto divisionale; 4) Condannare la sig.ra V.D. alla collazione di tutti i beni mobili e immobili a favore dell’eredità; 5) Condannare la sig.ra V.D. alla restituzione di tutte le somme indebitamente prelevate e arbitrariamente utilizzate nel corso della propria carica di amministratore di sostegno per un importo complessivo di Euro 102.000,00 e, per l’effetto, disporre il versamento della somma di Euro 34.000,00 corrispondente alla quota di spettanza dell’erede legittimario sig. T.A.; 5) Condannare la sig.ra V.D. alla corresponsione a favore del sig. T. della quota di 1/3 di tutti i canoni di locazione dell’immobile sito a Lugo (RA) in via Acquacalda n. 54, percepiti dalla medesima a far data dall’apertura della successione e così per il prosieguo, fino alla scadenza del contratto di locazione, nonché di tutti gli ulteriori frutti dei beni ereditari con decorrenza dall’apertura della successione e nella misura corrispondente alla quota di credito spettante all’erede sig. T.A.;6) Accertare e dichiarare la nullità ex art. 782 c.c delle donazioni di non modico valore effettuate dal de cuius sig. T.G. a favore del figlio sig. T.L. per un ammontare complessivo di 202.500,00 in quanto prive della forme prescritta e, per l’effetto, condannare il sig. T.L. alla restituzione delle predette somme stante l’assenza di ulteriori beni facenti parte del compendio ereditario non ricompresi all’interno del testamento olografo redatto dal de cuius. In subordine, qualora il sig. T.L. non restituisca le somme sopra quantificate, disporre che le stesse vengano imputate alla sua quota di eredità e che lo stesso non abbia altro a che pretendere;
7) Disporre la trascrizione nei pubblici registri immobiliari della quota di comproprietà sui beni ereditari spettanti al sig. T.A. e correlativamente delle quote di proprietà spettanti agli altri coeredi.
L’attore chiedeva inoltre, in via preliminare, il sequestro conservativo di tutti i beni, mobili e immobili, facenti parte del compendio ereditario al fine di evitare che la V. provvedesse a sottrarre dal proprio patrimonio la garanzia generica, vanificando le aspettative dell’erede pretermesso T.A..
Tanto chiedeva l’attore deducendo che con testamento olografo del 18 settembre 2014 (che testualmente riportava) il padre G.T., deceduto il 12 marzo 2016, aveva disposto delle proprie sostanze lasciando alla moglie tutti i mobili e immobili costituenti l’asse ereditario e affermando di aver sufficientemente liquidato i figli L. e A., comprando loro casa spendendo somme equivalenti e costituendo in loro favore uguali benefici e argomentando circa la necessità di preventiva azione di riduzione ai fini dell’accertamento della qualità di erede , precisando che il legittimario “qualora sia stato interamente pretermesso dal testatore, non ha la posizione di chiamato all’eredità ma acquisisce la qualità di erede soltanto in caso di esperimento vittorioso dell’azione di riduzione.”
Ciò posto affermava la nullità ex art. 735 co I c.c. della divisione testamentaria che asseriva operata dal de cuius T.G. nel nominare la moglie V.D. erede universale di tutti i propri beni.
Inoltre deduceva che il padre aveva emesso nel corso degli ultimi dieci anni numerosi assegni bancari di ingentissimo importo singolo e complessivo a favore del figlio L. per un importo complessivo di 202.500 Euro e rilevava che tali elargizioni disattendevano il disposto normativo di cui all’art. 782 c.c. secondo il quale le donazioni di non modico valore dovevano essere effettuate per atto pubblico sotto comminatoria di nullità.
Ancora osservava che in data 3 settembre 2015, pochi mesi prima del decesso, la moglie D.T. aveva depositato ricorso per la nomina di amministratore di sostegno di G.T. e, a seguito dell’accoglimento del ricorso, era stata nominata amministratrice di sostegno del marito, con gli obblighi che ne derivavano, puntualmente disattesi, poiché la stessa aveva emesso a sua volta in costanza del proprio incarico numerosi assegni bancari a carico del conto corrente dell’amministrato, a favore della società A.E. s.r.l. corrente il Lugo (di cui il figlio L. era amministratore delegato) e a proprio favore , per complessivi Euro 110.500 (condotte per le quali l’attore aveva già denunciato la madre).
Inoltre, secondo l’attore, l’amministratrice di sostegno non aveva indicato nel rendiconto (oltretutto tardivamente depositato) tutti i ratei di pensione percepiti dal marito, risultanti invece dai conti correnti dello stesso, che allegava.
Da ultimo osservava che nel medesimo periodo la madre aveva proceduto tranquillamente ad accedere alla cassetta di sicurezza intestata al marito G.T., come da documentazione bancaria relativa agli accessi che pure depositava.
Deduceva pertanto che le somme indebitamene prelevate e utilizzate risultavano far parte del compendio ereditario e in quanto tali dovevano essere dalla V. restituite.
Si costituivano separatamente entrambi i convenuti contestando la domanda dell’attore.
T.L. in particolare rilevava che l’attore aveva ricevuto a sua volta dal de cuius, in vita, donazioni: un immobile sito a F., in via Z., 11-15 di cui al rogito in del 5 maggio 2005 il cui prezzo era stato interamente corrisposto dal padre G.; un immobile sito in L., via F. B., acquistato il 12 febbraio 1999 sempre dal padre, il quale, tenendo per sé la nuda proprietà, aveva conferito al figlio l’usufrutto, e i cui frutti erano sempre stati goduti da A.; l’importo di 6.500 Euro tratto dalla vendita di un vano posto auto sito in L., via F. B. 54 (di cui il padre G. era nudo proprietario e A. era usufruttuario), avvenuta il 7 maggio 2015, pari alla metà del prezzo totale; i proventi di diversi contratti di locazioni che elencava e l’importo di 40.000.
Chiedeva quindi che fosse ricostruito l’asse ereditario tenendo conto di tali disposizioni e, in via riconvenzionale, la riduzione delle disposizioni donative in favore di A..
Quanto alla domanda di nullità ex art. 735, 1 co c.c. della divisione testamentaria proposta dall’attore il convenuto ne rilevava l’inammissibilità o comunque l’insussistenza, non trattandosi di una divisione operata dal testatore atta ad escludere alcuno dei legittimari con conseguente nullità, bensì di un testamento valido nel quale il testatore aveva dato atto di aver già beneficato i figli con disposizioni liberali in conto o in sostituzione di legittima, con il conseguente venir meno del presupposto della “totale pretermissione”.
Analogamente V.D., premesso che l’attore non era allo stato erede e che per tanto non era legittimato ad agire per la declaratoria di nullità di pretese donazioni per difetto di forma, per la restituzione di somme all’asso ereditario e per la collazione e divisione, deduceva che il legittimario pretermesso poteva e doveva parteciapre alla divisione soltanto dopo aver esperito vittoriosamente l’azione di riduzione, assumendo così la qualità di erede e che pertanto allo stato T.A. era legittimato soltanto a richiedere l’accertamento dell’effettiva sussistenza di una lesione della legittima e , in caso affermativo, la determinazione della sua entità.
A sua volta deduceva che nella determinazione dell’asse ereditario occorreva considerare tutto quanto ricevuto dall’ attore, il quale aveva ricevuto in vita dal de cuius donazioni dirette e indirette di beni e diritti immobiliari, beni mobili e denaro per complessivi Euro 362.462,00, somme che abbondantemente soddisfacevano il valore della legittima spettantegli e anzi la travalicavano..
Chiedeva quindi in via riconvenzionale che l’attore fosse condannato a restituire all’erede il controvalore in termini monetari della parte eccedente la quota di legittima.
Alla prima udienza del 27 giugno 2020 il giudice istruttore respingeva l’istanza di sequestro conservativo e concedeva i termini per le istanze istruttorie.
Alla successiva udienza del 23 novembre 2017 T.L. dichiarava di rinunciare a rivendicare la propria qualità di erede legittimario e alla domanda riconvenzionale proposta.
Veniva quindi fissata udienza di comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che nonostante le proposte e le positive prospettive, nonché il rinvio concesso, non aveva esito positivo.
La causa veniva quindi istruita con l’interrogatorio formale dell’attore, l’escussione di alcuni testi e l’espletamento di una CTU, volta a descrivere la composizione e il valore dell’asse ereditario e all’esito è stata trattenuta in decisione.
Non v’è dubbio che l’attore A.T., come del resto il fratello L.T., in quanto figli del de cuius abbiano qualità di legittimari, ai sensi dell’art. 536 c.c., essendo loro riservata una quota di eredità (o comunque altri diritti della successione), segnatamente – nel caso di specie, in cui i due figli concorrono con il coniuge – ai sensi dell’art. 342 c.c., in misura di ¼.
Infatti non si tratta nella fattispecie di recepire la qualificazione giuridica di “erede per legge”, bensì il dato obiettivo della qualità di figlio, dato obiettivo e pacifico dal quale il Tribunale desume la qualità di erede legittimo.
Tale circostanza appare inconfutabile: quel che occorre accertare, ai fini della legittimazione dell’attore in relazione alle varie domande proposte, è se tale dritto alla quota di legittima sia stato leso e in quale misura, soccorrendo al riguardo l’azione di riduzione, esercitando la quale soltanto il legittimario (parzialmente o totalmente pretermesso nelle disposizioni testamentari) è in grado di ottenere la reintegrazione della quota riservata (artt. 553 ss c.c.) e, se pretermesso, il riconoscimento della qualità stessa di erede, che diversamente non può vantare. A tale ultimo riguardo è lo stesso attore (concordi anche i convenuti) a richiamare la giurisprudenza costante secondo la quale il legittimario interamente pretermesso dal testatore non ha la posizione di chiamato all’eredità, ma acquisisce la qualità di erede soltanto in caso di esperimento vittorioso dell’azione di riduzione.
Ciò posto, e ritenuto quindi che A.T. è legittimato ad agire in riduzione (avendo la giurisprudenza escluso la necessità dell’accettazione con beneficio di inventario prescritta dall’art. 564 c.c. allorquando si tratti di erede totalmente pretermesso) occorre in primo luogo individuare quale o quali azioni lo stesso abbia inteso proporre.
Vero è infatti che egli alle pagg. 9 e 10 dell’atto di citazione l’attore riporta argomentazioni circa la natura e le caratteristiche dell’azione di riduzione, riconoscendo egli stesso che non sarà legittimato a chiedere la divisione fino a quando non sarà stata accolta l’azione di riduzione ed essere così per l’effetto divenuto partecipe della comunione dei beni ereditari” aggiungendo che,” stante la diversità e consequenzialità” dell’azione di riduzione e di quella di divisione, esse “sono cumulativamente esercitabili nello stesso procedimento come in effetti si esercita nella presente fattispecie in sede di conclusioni sotto rassegnate”: tuttavia non è dato rinvenire alcuna richiesta nelle conclusioni contenute nell’atto introduttivo e neppure nelle ulteriori precisate in corso di causa, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni (che d’altra parte non potrebbero essere modificate) circa la riduzione richiesta.
Vero è che per l’esercizio dell’azione di riduzione (come di ogni altra domanda) non sono richieste formule sacramentali, ma neppure può dirsi che l’evocazione della “riduzione” costituisca di per sé una modalità per garantirsi il riconoscimento non solo della qualità di legittimario, ma dell’effettiva violazione della propria quota di legittima, avendo l’attore l’onere di allegare almeno l’astratta entità della propria quota di legittima e la sua violazione.
Sta di fatto, peraltro, che le controparti non hanno avuto alcun dubbio nel ritenere che l’attore abbia inteso esercitare l’azione di riduzione, argomentando e replicando al riguardo, e anzi ritenendo l’azione di riduzione quale unica azione ammissibile nel caso di specie e la causa è stata istruita sul punto (circa cioè il rispetto da parte del de cuius dei limiti della disponibile e del rispetto delle quote del legittimario), interpretando le conclusioni, e in particolare la domanda volta alla declaratoria di T.A. quale “erede legittimario ex art. 536 c.c. del de cuius T.G.” come implicitamente contenente la richiesta di accoglimento della domanda di riduzione, tenuto conto delle indicazioni del patrimonio relitto e di quanto asseritamente donato dal padre G. al figlio L. (omettendo peraltro di elencare quelle da lui stesso ricevute) e delle somme indebitamente fuoriuscite per opera della moglie V.D..
Sempre a chiarimento del modus procedendi, nella complessa interpretazione del cumulo di domande proposte, deve precisarsi che le restanti domande di divisione e di restituzione potranno essere esaminate soltanto in caso di effettiva lesione della quota di riserva spettante al legittimario, con la precisazione, fin d’ora, che non si comprende per quale ragione si dovrebbe qualificare la scheda testamentaria alla stregua di una “divisione detestamentaria” ai sensi dell’art. 735, comma 1 c.c.: una semplice lettura del testo del testamento di G.T. chiarisce senza ombra di dubbio che egli ha ritenuto di nominare erede universale di ogni suo bene relitto la moglie, nella consapevolezza di avere già provveduto in vita a beneficiare adeguatamente entrambi i figli, e non intendendo ulteriormente remunerane la pessima condotta.
Se dunque non vi è divisione (e ciò basta ad escludere l’applicabilità della norma di cui all’art. 735 c.c., che appunto riguarda soltanto la divisione) neppure vi è in sé lesione assoluta della legittima, posto che – stanti le pacifiche donazioni effettuate in vita dal de cuius, dallo stesso espressamente menzionate – si tratta semmai di verificare, proprio all’esito del positivo esercizio dell’azione di riduzione, l’eventuale misura della violazione.
Nonostante l’ampia interpretazione adottata, la domanda dell’attore è risultata infondata.
Com’è noto, ai fini dell’individuazione della quota di spettanza del legittimario, occorre in primo luogo determinare la quota di cui il defunto poteva disporre (nel caso di specie, ¼, pari alla quota di riserva), procedendo alla riunione fittizia, operazione di computo mediante la quale si verifica l’ammontare del patrimonio ereditario, calcolando come presenti all’apertura della successione anche i beni che ne erano già usciti a titolo di liberalità e detraendo i debiti (art. 556 c.c.)
In conformità a tale disposto e al fine di individuare, appunto, soltanto in via astratta la massa, (e senza che per questo si debba ritenere dovuta la restituzione alla massa ereditaria delle somme conteggiate, non essendo legittimato a farne richiesta se non chi ha qualifica di erede), è stato affidato al dott. G.B. e all’ing G.V. un incarico con il seguente contenuto : “esaminati gli atti e i documenti di causa (fra i quali in particolare la denuncia di successione ), effettuato ogni opportuno accertamento ex art. 194 c.p.c. presso i pubblici uffici, e anche presso le banche (presso le quali esamineranno sia gli estratti conto dei conti correnti e depositi, nonché gli assegni, e ogni altro documento utile, dovendosi ritenere perciò le banche destinatarie di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. per effetto del presente procedimento), provvedano a descrivere l’asse ereditario di G.T. comprensivo di immobili, mobili e liquidità e a stimarne il valore all’epoca dell’apertura della successione, considerando inoltre le voci sotto descritte per consentire al Tribunale di effettuare il calcolo del relictum e dell’eventuale donatum, ai fini della valutazione della quota di riserva spettante all’attore;
In particolare dovranno essere considerati:
- a) gli immobili descritti nell’atto di citazione (piena proprietà di 1/2 del complesso immobiliare di Lugo, di via Giotto, 2: sia abitazione che garage; la piena proprietà del complesso immobiliare sito in L., via A. 54; la nuda proprietà dell’immobile sito in L., via F. B., 1 (e qualora esistente tutti gli altri immobili), la piena proprietà di 2/6 dell’immobile sito in Roma, via della Lupa,11);
- b) i depositi bancari, le azioni, i saldi di conto corrente bancario, i gioielli, i quadri, i mobili di antiquariato, le monete, le autovetture, il contenuto della cassetta di sicurezza;
- c) le somme fuoriuscite dai conti del de cuius in favore di T.L. elencate a pag. 5 e 5 dell’atto di citazione (per un importo indicato di 202.500 Euro, o quello diverso risultante) avendo cura di verificare se tali voci in favore di L. siano state successivamente ripristinate per effetto di bonifici o versamenti o assegni da parte di quest’ultimo o della società A.E. s.r.l. come specificati a pag 16 della memoria ex art. 183, 6 co , n 2 di parte convenuta T.L., anche se parzialmente e comunque in quale misura;
- d) gli importi degli assegni emessi da V.D. in qualità di AdS elencati a pag 7 dell’atto di citazione, avendo cura di specificare l’identità del destinatario (quantificandole l’importo complessivo, che parte attrice ha indicato in complessivi Euro 110.500,00);
- e) il valore dell’immobile sito in F. , via Z.,11-15 di proprietà di T.A. (e alternativamente l’importo di Euro 137.000, che T.A. ha ammesso essere stato corrisposto dal padre alla venditrice;
e bis) il valore dell’usufrutto sull’immobile sito il L. via F. B., 1 (in alternativa alla data della donazione e dell’apertura della successione)
- f) l’importo di 6.500 Euro (ricavato dalla vendita del garage di via F. B. e corrisposto dal de cuius al figlio A.;
- g) il valore dell’automobile Ford Fiesta acquistata da A. il 27 luglio 2003 (ovvero l’importo di 13.150,00 Euro);
- h) l’importo di 40.000 Euro indicato a pag.10 della memoria ex 183, 6 co. c.p.c. di T.L. e alle pagg 12 e 13 della comparsa di risposta della V. o il diverso importo, previa verifica dell’effettiva fruizione da parte di A. di incentivi o comunque somme spettanti al padre nonché l’importo di 11.054 indicato a pag 4 della memoria ex art. 183, 6 co n. 2 di V.D. ( verificando al riguardo quanto replicato a pag 2 della memoria n 3 di T.A.) ed escludendo gli ulteriori modesti importi;
Una volta individuato in tal modo il valore del reclictum e del donatum (senza ulteriormente considerare l’importo complessivo dei ratei di pensione percepiti dal defunto che l’attore lamenta non essere stati compiutamente riportati nel rendiconto dell’amministratore di sostegno, dall’ottobre 2015 al marzo 2016, ma che risultano negli estratti conto prodotti comunque accreditati nel conto corrente di T.G.) accerteranno quale fosse la quota disponibile (pari a ¼ dell’asse, ai sensi dell’art. 542 c.c.) e dunque la quota di riserva spettante al figlio A. (ugualmente pari a ¼) verificando se la stessa sia stata o meno integralmente sodisfatta dal de cuius in vita con la corresponsione di quanto individuato sub e-f-g-h-.
I CTU accerteranno l’esistenza o meno di iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli sugli immobili oggetto dell’asse ereditario, nonché l’esistenza di eventuali difformità edilizie o urbanistiche e predisporrà uno o più progetti alternativi di divisione tenendo conto della quota di ¼ come sopra individuata in favore di A.T. e per il resto D.V., considerando in primo luogo i soli beni relitti e – in ulteriore alternativa, se necessario – aggiungendo all’asse ereditario quanto fuoriuscito in vita in favore delle odierne parti.
Tenteranno la conciliazione della lite e in caso di insuccesso daranno conto e risponderanno alle osservazioni dei CTP ai quali avrà inviato bozza di relazione, concedendo loro un termine di 15 giorni per proporle
All’esito della CTU espletata dai consulenti nel contraddittorio delle parti, il cui operato, per serietà d’impostazione scientifica e logicità di argomentazione, merita di essere pienamente condiviso e richiamato in questa sede, è emerso infatti che quanto ricevuto in vita da A.T. è risultato superiore ad ¼ della la massa ottenuta aggiungendo al relictum il donatum e perfino prudenzialmente le somme uscite dal patrimonio del defunto senza giustificazione (quelle cioè risultano versate dalla moglie del de cuius, V.D., all’epoca in cui la stessa era amministratore di sostegno del marito senza specifica autorizzazione del giudice tutelare) è risultata nel complesso.
Si rimanda integralmente alle relazioni peritali quanto al valore degli immobili relitti.
Per quanto riguarda gli immobili oggetto di donazione nei confronti di A.T. si ritiene corretto (in conformità a quanto ritenuto per gli altri beni) tener conto del valore dell’usufrutto dell’immobile di Lugo al momento dell’apertura della successione (e così il minor valore individuato in misura di Euro 108.500, rispetto a quello di Euro 117.500 all’epoca della donazione).
Occorre inoltre ritenere donato dal padre al figlio A. l’immobile sito in F., via Z., il cui denaro è stato corrisposto dal padre: l’attore ha ammesso, nell’interrogatorio formale reso all’udienza del 6 dicembre 2018, che il padre pagà alla venditrice Milleluci l’importo di 137.000 Euro, pur sostenendo che per il residuo importo di 40.000 sarebbe stato egli stesso a provvedere tramite un mutuo contratto contestualmente, ma separatamente al rogito d’acquisto dell’immobile. Al riguardo si osserva che tale contratto di mutuo, che il T. ha affermato di avere con sé all’udienza, non è stato tempestivamente prodotto nelle memorie ex art. 183, 6 co c.c., mentre il teste A.M., amico fraterno del defunto G.T., con il quale questi si confidava e si fidava al punto da avergli consegnato copia del suo testamento in busta chiusa, della cui attendibilità non vi è motivo di dubitare, ha dichiarato di ricordare che “G. mi disse che aveva comprato quell’appartamento …non conosco questi dettagli ma sono certo che in quell’occasione G. aveva comprato casa per A. e quindi penso che l’abbia pagata lui, mi disse proprio così: l’ho comprata”.
E’ appena il caso di ricordare che costituisce orientamento ormai costante della Suprema Corte (v ad esempio Cass 2 febbraio 2016, n 1986) che l’acquisto di un immobile con denaro di altra persona integra gli estremi di una donazione indiretta, se il denaro, corrispettivo della vendita, viene corrisposto dal donante (anche nella fattispecie il padre) al donatario (nella identica ipotesi, pure il figlio) allo specifico scopo dell’acquisto del bene, oppure mediante il versamento diretto dell’importo da un terzo, con la conseguenza che si tratta di valida donazione pur se fatta con atto pubblico non qualificato, necessario per la donazione.
Per la validità delle donazioni indirette non è richiesta infatti la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente l’osservanza delle forme prescritte per il negozio tipico utilizzato per realizzare lo scopo di liberalità, dato che l’art. 809 c.c., nello stabilire le norme sulle donazioni applicabili agli altri atti di liberalità realizzati con negozi diversi da quelli previsti dall’art. 769 c.c. non richiama l’art. 782 c.c., che prescrive l’atto pubblico per la donazione.
Si ha donazione indiretta di un bene (nella specie, un immobile) anche quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo della relativa compravendita dovuto dal donatario, laddove sia dimostrato lo specifico collegamento tra dazione e successivo impiego delle somme, dovendo, in tal caso, individuarsi l’oggetto della liberalità, analogamente a quanto affermato in tema di vendita mista a donazione, nella percentuale di proprietà del bene acquistato pari alla quota di prezzo corrisposta con la provvista fornita dal donante. Cassazione civile sez. II, 17/04/2019, n.10759.
Non v’è dubbio poi che debbano considerarsi alla stregua di donazioni le ulteriori corresponsioni fatte dal padre ad A. (l’automobile Ford Fiesta, per Euro 13.500; la somma di 6.500 Euro ricavata dalla vendita del garage; le somme fuoriuscite dal conto del padre G.T. in favore del figlio A., come individuate dal CTU, pari a Euro 47.361,87 (pag 45 della relazione peritale dott B.) mentre le osservazioni del consulente di parte attrice non hanno trovato riscontro alcuno dalle scritture bancarie e non sono supportate da documentazione: v pag 67 della relazione, risposta alle osservazioni)
Per quanto attiene alle somme indicate nell’atto di citazione come frutto di donazioni a L., non vi sono contestazioni e correttamente sono state conteggiate dal CTU
Anche le somme che l’attore ha lamentato come indebitamente versate al fratello L. o alla società A.E. s.r.l. dalla madre specie nel periodo in cui la stessa era amministratore di sostegno del de cuius sono state tenute in considerazione dal consulente dott B., il quale le ha conteggiate in misura di Euro 102.054,02 quanto a L.T. di persona ed ero 59.537,32 quanto alla società A.E. (pag 47 della relazione), mentre gli importi dei ratei di pensione che l’amministratrice di sostegno V.D. non avrebbe correttamente indicato nel rendiconto sono comunque ricomprese negli estratti conto di pertinenza del defunto in atti, e tenute in considerazione per ciò stesso dal CTU che ne ha considerato i saldi e evidenziato i prelievi contestati.
Ciò non esclude ovviamente l’accertamento delle eventuali responsabilità della V. in altra sede.
Vanno senz’altro escluse dalla massa formata ai fini della riunione fittizia le somme versate a I.A.D., nulla avendo chiesto parte attrice nell’atto di citazione con riguardo a tali soggetti destinatari e non essendo stata dedotta considerate le fideiussioalcuna ragione per la quale i pagamenti fatti dal de cuius G.T. alla Italiana Assicurazioni ovvero al Duomo Gruppo Assicurazioni, soggetti del tutto autonomi rispetto a quest’ultimo avrebbero dovuto essere invalidi.
Da ultimo non devono essere considerate le fideiussoni prestate dal de cuius in favore del figlio L. (e prudenzialmente inserite dal CTU quale possibile alternativa), non risultando che tali fideiussione e pegno siano state escusse, con conseguente insorgenza del credito in regresso in capo T.G. o ai suoi eredi e non potendo costituire l’esistenza delle garanzie di per sé alla stregua di un debito: per tali ragioni, infatti, tali voci non erano state inserite nel quesito, né l’attore stesso le ha indicate in atto di citazione.
Alla luce di quanto sopra (e senza neppure tener conto del fatto che il CTU ha considerato quale parte dell’asse ereditario (sempre ai fini della riunione fittizia) un valore forfettario dei beni mobili pari al 10% del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario, applicando una presunzione fiscale e forse equitativa, ma non fondata su concrete risultanze, non essendo stati rinvenuti beni mobili, ed essendo comunque per legge il mobilio della casa coniugale di uso esclusivo della moglie) la valutazione preferibile fra quelle alternative proposte dal CTU dott Bongiovanni, perché rispondente ai criteri sopra illustrati, appare senz’altro quella al n 9 di pag 94-95, che tiene conto appunto del valore del valore dell’intero immobile di Faenza, ai fini della donazione paterna ad A., del valore dell’usufrutto dell’immobile di L. via F. B. 1 all’epoca dell’apertura della successione, e non tiene conto delle garanzie. Il valore dell’asse ereditario ivi indicato (pari a Euro 1.362.836,57) va peraltro decurtato dell’ammontare dei presunti “crediti verso Italiana Assicurazioni e G.D. Assicurazioni” pari a Euro 73.087,38, con una differenza di Euro 1.289.749,19, che costituisce appunto il valore dell’asse ereditario, ottenuto applicando correttamente i criteri della riunione fittizia.
Ne consegue che la quota di ¼ di spettanza dell’attore è pari a Euro 322.437,29, che T.A. ha già abbondantemente ricevuto grazie alle donazioni ricevute dal padre durante la sua vita (pari a Euro 338.011,87).
A ciò consegue il rigetto dell’implicita domanda di riduzione proposta dall’attore, al quale non va attribuita la qualità di erede, essendo egli già stato pienamente soddisfatto dei propri diritti e non avendo titolo per altre pretese, né legittimazione a proporre domande di restituzione e divisione.
Naturalmente va rigettata anche la domanda riconvenzionale della V., la quale non ha titolo per chiedere la restituzione di quanto l’attore ha ricevuto in più rispetto alla quota di riserva spettantegli: ella infatti ha ricevuto molto di più della quota di legittima di sua spettanza e – per quanto consta – tutti i beni relitti elencati nel testamento.
Le spese seguono la prevalente soccombenza dell’attore e sono liquidate come da dispositivo, anche tenuto conto del rifiuto delle offerte transattive ricevute dalle controparti.
Le spese di CTU, come liquidate in corso di causa, vanno definitivamente poste a carico dell’attore.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domande, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:
rigetta le domande dell’attore;
avendo egli già ricevuto in vita beni in misura di Euro 338.011,87, superiore alla sua quota di legittima, del valore di Euro 322.437,29, essendo il valore dell’asse ereditario (secondo il computo ai fini della riunione fittizia) pari a Euro 1.289.749,19;
respinge la domanda riconvenzionale di V.D.;
condanna l’attore a rifondere le spese di lite che liquida in complessivi Euro 15.000, oltre a spese forfettarie, IVA e c.p.a. come per legge per ciascuno di essi, e con distrazione al procuratore dichiaratosi antistatario (limitatamente a quanto non ancora riscosso) per quanto attiene a V.D. e oltre a spese vive in misura di 569, 15 quanto a T.L.;
pone definitivamente a carico dell’attore le spese di CTU come liquidate in corso di causa.
Conclusione
Così deciso in Ravenna, il 21 luglio 2020.
Depositata in Cancelleria il 11 agosto 2020.