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quando chiedere i danni per malasanità bologna  ancona pesaro macerata AVVOCATO ESPERTO GRAVI DANNI  MALASANITA’

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quando chiedere i danni per malasanità bologna  ancona pesaro macerata

AVVOCATO ESPERTO GRAVI DANNI  MALASANITA’ 051 6447838

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TRATTO SOLO DANNI MOLTO GRAVI E MORTALI

Puoi chiedere il risarcimento danni per malasanità quando un errore medico, un’omissione o una negligenza causano un danno alla salute. In generale, i casi in cui è possibile fare richiesta di risarcimento rientrano nelle seguenti categorie:

  1. Errori diagnostici
  • Ritardo nella diagnosi che ha compromesso la possibilità di cura (es. tumore non diagnosticato in tempo).
  • Diagnosi errata che ha portato a trattamenti inappropriati.
  • Mancato riconoscimento di una patologia evidente.
  1. Errori terapeutici e chirurgici
  • Intervento chirurgico errato (ad esempio operare un organo sbagliato).
  • Complicazioni gravi causate da imperizia del chirurgo.
  • Strumenti chirurgici dimenticati nel corpo del paziente.
  • Errori nell’anestesia con conseguenze per il paziente.
  1. Errori nella somministrazione di farmaci
  • Prescrizione di farmaci sbagliati o in dosaggi errati.
  • Somministrazione di farmaci ai quali il paziente è allergico, senza aver eseguito controlli adeguati.
  • Errori nelle infusioni o nei trattamenti farmacologici.
  1. Infezioni ospedaliere
  • Infezioni contratte in ospedale per mancanza di igiene adeguata (es. sepsi, polmoniti nosocomiali).
  • Mancato rispetto delle procedure di sterilizzazione.
  1. Mancata assistenza o omissioni
  • Ritardo nei soccorsi o trascuratezza nelle cure d’urgenza.
  • Dimissione precoce senza aver stabilizzato il paziente.
  • Omessa vigilanza su pazienti a rischio (es. suicidio in ospedale).
  1. Danni da parto
  • Lesioni al neonato o alla madre per errori nella gestione del parto.
  • Sofferenza fetale non riconosciuta in tempo.
  • Taglio cesareo non eseguito quando necessario.

Come chiedere il risarcimento?

  1. Raccogliere la documentazione medica: cartelle cliniche, referti, prescrizioni, esami diagnostici.
  2. Richiedere una perizia medica: un medico legale può stabilire se c’è stato errore sanitario e valutare il danno.
  3. Inviare una diffida alla struttura sanitaria o al medico responsabile, chiedendo un risarcimento.
  4. Iniziare una trattativa con l’assicurazione della struttura sanitaria, se disponibile.
  5. Avviare un’azione legale se la richiesta non viene accolta o il risarcimento offerto è inadeguato.

Termini di prescrizione

  • 10 anni per la responsabilità contrattuale (contro ospedali e strutture sanitarie).
  • 5 anni per la responsabilità extracontrattuale (contro medici privati o liberi professionisti).
  • 6 mesi se si intende agire penalmente (per reati di lesioni colpose da malasanità).

Consiglio: È sempre utile rivolgersi a un avvocato specializzato in responsabilità medica per valutare il caso e avviare la richiesta nel modo corretto.

 

 

Responsabilità medica: quando le Linee guida non bastano La Cassazione penale chiarisce il rapporto tra linee guida, buone prassi e personalizzazione delle cure (sentenza n. 40316/2024)

La sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024 della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti significativi sul rapporto tra linee guida, buone prassi e personalizzazione delle cure in ambito di responsabilità medica. Il caso riguardava una paziente con precedenti di due cesarei, ricoverata per dolori pelvici, che non è stata monitorata adeguatamente tramite cardiotocografia. Questa omissione ha portato alla mancata diagnosi tempestiva di una rottura uterina, causando la morte del feto.

 

La sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024 della Corte di Cassazione commenta per esteso

La Sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024 della Corte di Cassazione affronta un caso di responsabilità medica, focalizzandosi sull’importanza di personalizzare le cure oltre le indicazioni delle linee guida.

Contesto del caso:

Una paziente, con precedenti di due cesarei, è stata ricoverata per dolori pelvici. Nonostante le sue condizioni specifiche, non è stato effettuato un monitoraggio cardiotocografico continuo. Questa omissione ha portato alla mancata diagnosi tempestiva di una rottura uterina, causando la morte del feto.

Decisione della Corte:

La Corte ha stabilito che, sebbene le linee guida non prevedessero esplicitamente il monitoraggio continuo in situazioni simili, il medico ha il dovere di valutare l’adeguatezza delle linee guida al caso concreto. In presenza di condizioni cliniche particolari, è necessario adottare le buone prassi mediche, anche se ciò comporta un discostamento dalle linee guida. La mancata adozione di un monitoraggio continuo è stata considerata una grave imperizia, non giustificabile dalla semplice adesione alle linee guida.

Principi espressi:

La sentenza sottolinea che le linee guida non hanno valore vincolante e non esonerano automaticamente il medico dalla responsabilità penale. Il professionista sanitario deve sempre personalizzare le cure in base alle specificità del paziente, integrando le linee guida con il proprio giudizio clinico e le buone prassi. Il rispetto delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

Conclusioni:

La Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza della “buona pratica personalizzata”, sottolineando che il rispetto delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto. I professionisti sanitari devono quindi valutare attentamente ogni situazione clinica e adottare le misure più appropriate per garantire la sicurezza e il benessere del paziente.

Questa pronuncia rafforza il principio secondo cui le linee guida rappresentano un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, ma non eliminano la discrezionalità giudiziale. Il giudice ha la facoltà di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle linee guida.

 

La Corte ha sottolineato che, sebbene le linee guida del 2012 non prevedessero esplicitamente il monitoraggio cardiotocografico continuo in situazioni simili, il medico ha il dovere di valutare l’adeguatezza delle linee guida al caso specifico. In presenza di condizioni cliniche particolari, come nel caso in esame, è necessario adottare le buone prassi mediche, anche se ciò comporta un discostamento dalle linee guida.

La sentenza evidenzia che le linee guida non hanno valore vincolante e non esonerano automaticamente il medico dalla responsabilità penale. Il professionista sanitario deve sempre personalizzare le cure in base alle specificità del paziente, integrando le linee guida con il proprio giudizio clinico e le buone prassi. In questo caso, la mancata adozione di un monitoraggio continuo è stata considerata una grave imperizia, non giustificabile dalla semplice adesione alle linee guida.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha ribadito l’importanza della “buona pratica personalizzata”, sottolineando che il rispetto delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto. I professionisti sanitari devono quindi valutare attentamente ogni situazione clinica e adottare le misure più appropriate per garantire la sicurezza e il benessere del paziente.

Procedimento giudiziario:

In primo grado, il Tribunale di Catania ha condannato due medici per cooperazione colposa nell’omicidio del neonato. La Corte d’Appello ha successivamente assolto uno dei due, confermando la condanna per la ginecologa responsabile dell’assistenza alla paziente. La difesa ha sostenuto che la dottoressa aveva seguito le linee guida vigenti, che non prevedevano il monitoraggio continuo in tali circostanze. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che, date le specifiche condizioni della paziente, fosse necessario un monitoraggio costante, indipendentemente dalle linee guida.

 

Principi espressi dalla Corte:

  1. Adattamento delle linee guida: Le linee guida non hanno carattere vincolante e devono essere integrate con una valutazione attenta delle specificità del caso clinico. Il medico ha il dovere di discostarsi dalle linee guida quando le condizioni del paziente e le buone prassi mediche lo richiedono.
  2. Responsabilità per colpa grave: La Corte ha evidenziato che l’omissione di un monitoraggio adeguato, in presenza di fattori di rischio noti, costituisce una grave imperizia. Il rispetto formale delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

Implicazioni per la pratica medica:

Questa sentenza sottolinea l’importanza per i professionisti sanitari di:

  • Personalizzare le cure in base alle specificità del paziente, integrando le linee guida con il proprio giudizio clinico e le buone prassi.
  • Riconoscere che le linee guida rappresentano un utile parametro, ma non eliminano la discrezionalità professionale necessaria per garantire la migliore assistenza possibile.
  • Comprendere che il rispetto delle linee guida non esonera dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha ribadito che le linee guida devono essere applicate con flessibilità e adattate alle circostanze specifiche di ogni paziente, enfatizzando l’importanza della “buona pratica personalizzata” nella responsabilità medica

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La Sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024 della Corte di Cassazione affronta un caso di responsabilità medica, focalizzandosi sull’importanza di adattare le linee guida alle specificità del paziente e sull’obbligo del medico di discostarsene quando le condizioni cliniche lo richiedono.

Contesto del caso:

Una paziente, con precedenti di due cesarei, è stata ricoverata per dolori pelvici. Nonostante la sua storia clinica e i sintomi presentati, non è stato effettuato un monitoraggio cardiotocografico continuo. Questa omissione ha portato alla mancata diagnosi tempestiva di una rottura uterina, causando la morte del feto.

Procedimento giudiziario:

In primo grado, il Tribunale di Catania ha condannato due medici per cooperazione colposa nell’omicidio del neonato. La Corte d’Appello ha successivamente assolto uno dei due, confermando la condanna per la ginecologa responsabile dell’assistenza alla paziente. La difesa ha sostenuto che la dottoressa aveva seguito le linee guida vigenti, che non prevedevano il monitoraggio continuo in tali circostanze. Tuttavia, la Corte ha ritenuto che, date le specifiche condizioni della paziente, fosse necessario un monitoraggio costante, indipendentemente dalle linee guida.

Principi espressi dalla Corte:

  1. Adattamento delle linee guida: Le linee guida non hanno carattere vincolante e devono essere integrate con una valutazione attenta delle specificità del caso clinico. Il medico ha il dovere di discostarsi dalle linee guida quando le condizioni del paziente e le buone prassi mediche lo richiedono.
  2. Responsabilità per colpa grave: La Corte ha evidenziato che l’omissione di un monitoraggio adeguato, in presenza di fattori di rischio noti, costituisce una grave imperizia. Il rispetto formale delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

Implicazioni per la pratica medica:

Questa sentenza sottolinea l’importanza per i professionisti sanitari di:

  • Personalizzare le cure in base alle specificità del paziente, integrando le linee guida con il proprio giudizio clinico e le buone prassi.
  • Riconoscere che le linee guida rappresentano un utile parametro, ma non eliminano la discrezionalità professionale necessaria per garantire la migliore assistenza possibile.
  • Comprendere che il rispetto delle linee guida non esonera dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha ribadito che le linee guida devono essere applicate con flessibilità e adattate alle circostanze specifiche di ogni paziente, enfatizzando l’importanza della “buona pratica personalizzata” nella responsabilità medica.

 

La Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che il semplice rispetto delle linee guida non esonera automaticamente il medico dalla responsabilità penale. In particolare, nella sentenza n. 40316 del 4 novembre 2024, la Corte ha sottolineato che le linee guida non hanno valore vincolante e devono essere integrate con una valutazione attenta delle specificità del caso clinico. Il medico ha il dovere di discostarsi dalle linee guida quando le condizioni del paziente e le buone prassi mediche lo richiedono.

In un’altra pronuncia, la sentenza n. 34516 dell’11 dicembre 2023, la Cassazione ha escluso una rilevanza normativa delle linee guida in materia sanitaria, affermando che esse non assurgono al rango di fonti di regole cautelari codificate e non possono prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la miglior soluzione per il paziente.

Queste decisioni evidenziano l’importanza per i professionisti sanitari di personalizzare le cure in base alle specificità del paziente, integrando le linee guida con il proprio giudizio clinico e le buone prassi. Il rispetto delle linee guida non esonera il medico dalla responsabilità se queste risultano inadeguate al caso concreto.

In conclusione, la giurisprudenza attuale sottolinea che le linee guida rappresentano un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa medica, ma non eliminano la discrezionalità giudiziale. Il giudice ha la facoltà di valutare se le circostanze del caso concreto esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle linee guida.

 

La Corte di Cassazione ha emesso diverse sentenze significative riguardanti il nesso causale nella responsabilità medica. Di seguito, alcune pronunce rilevanti:

  1. Sentenza n. 34516 dell’11 dicembre 2023: La Corte ha affrontato il tema della malpractice sanitaria, soffermandosi sui rapporti tra struttura sanitaria e medico curante, nonché sulla responsabilità in caso di interventi complessi. Ha ribadito che la struttura sanitaria risponde delle condotte dei professionisti di cui si avvale, anche se non dipendenti, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile.
  2. Sentenza n. 27142 del 21 ottobre 2024: In questa pronuncia, la Cassazione ha chiarito l’onere della prova in tema di responsabilità medica, specificando che spetta al paziente dimostrare, anche tramite presunzioni, il nesso di causalità tra l’aggravamento della condizione patologica e la condotta del sanitario. Una volta assolto tale onere, è compito della struttura sanitaria provare che l’inadempimento è derivato da una causa imprevedibile e inevitabile.
  3. Sentenza n. 13677 del 19 maggio 2021: La Corte ha stabilito che, nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che l’evento dannoso è conseguenza della condotta del sanitario secondo il criterio del “più probabile che non”.

Per approfondire ulteriormente, è possibile consultare il documento “Il nesso causale nella responsabilità medica”, disponibile su IRIS, che analizza le criticità nell’accertamento del nesso causale in ambito sanitario.

Queste sentenze offrono un quadro dettagliato sull’interpretazione giurisprudenziale del nesso causale nella responsabilità medica, evidenziando l’importanza dell’onere della prova e delle

commenta per esteso Sentenza n. 27142 del 21 ottobre 2024:

La Sentenza n. 27142 del 21 ottobre 2024 della Corte di Cassazione affronta temi cruciali in materia di responsabilità medica, concentrandosi sull’onere della prova del nesso causale e sul riconoscimento del danno da perdita del rapporto parentale.

Fatti di causa:

Un paziente, affetto da una grave patologia al colon, è stato sottoposto a quattro interventi chirurgici presso una struttura sanitaria. I familiari hanno sostenuto che vi siano stati errori diagnostici e terapeutici durante i trattamenti, che avrebbero aggravato le condizioni del paziente, culminando nel decesso avvenuto dieci mesi dopo l’ultimo intervento a causa di un infarto miocardico. La moglie e i due figli hanno quindi citato in giudizio la struttura sanitaria, chiedendo il risarcimento del danno da perdita parentale.

Decisioni di merito:

In primo grado, il Tribunale ha rigettato la domanda, ritenendo non dimostrato il nesso causale tra la condotta dei medici e il decesso. In appello, la Corte ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria, condannandola al risarcimento del danno parentale, ma limitatamente alla moglie convivente, escludendo i figli per mancanza di prova sulla compromissione delle loro condizioni dinamico-relazionali.

Motivi del ricorso:

I figli hanno proposto ricorso in Cassazione, contestando la mancata considerazione della loro relazione con il padre e delle conseguenze emotive subite. Parallelamente, la struttura sanitaria ha presentato un ricorso incidentale, sostenendo l’erronea valutazione del nesso causale tra la condotta sanitaria e l’evento morte.

Pronuncia della Cassazione:

La Corte di Cassazione ha affrontato due aspetti fondamentali:

  1. Onere della prova e nesso causale: Ha ribadito che, in tema di responsabilità medica contrattuale, spetta al paziente dimostrare, anche tramite presunzioni, il nesso di causalità tra l’aggravamento della condizione patologica o l’insorgenza di nuove patologie e la condotta del sanitario. Una volta assolto tale onere, è compito della struttura sanitaria provare che l’inadempimento è derivato da una causa imprevedibile e inevitabile. In caso di incertezza sul nesso causale, le conseguenze sfavorevoli ricadono sulla parte che doveva fornire la prova.
  2. Danno da perdita del rapporto parentale: La Corte ha riconosciuto una presunzione iuris tantum di esistenza del pregiudizio per i membri della famiglia nucleare (coniuge e figli), estendendola anche ai membri della famiglia originaria (genitori e fratelli), indipendentemente dalla convivenza o dalla distanza geografica. Tale presunzione impone al danneggiante l’onere di dimostrare l’assenza di legami affettivi significativi tra la vittima e i superstiti. Tuttavia, per quanto riguarda l’aspetto dinamico-relazionale del danno, è necessario che il danneggiato fornisca prova dell’effettività, della consistenza e dell’intensità della relazione affettiva.

Conclusioni:

La Sentenza n. 27142/2024 sottolinea l’importanza di un approccio equilibrato nell’accertamento della responsabilità medica, evidenziando:

  • La necessità per il paziente di provare il nesso causale tra la condotta sanitaria e il danno subito, anche attraverso presunzioni.
  • L’onere per la struttura sanitaria di dimostrare che l’inadempimento è dovuto a cause imprevedibili e inevitabili.
  • Il riconoscimento di una presunzione di danno morale per i familiari stretti in caso di perdita di un congiunto, bilanciata dalla necessità di fornire prova specifica per quanto riguarda le ripercussioni sulle dinamiche relazionali.

Questa pronuncia contribuisce a delineare con maggiore chiarezza i confini dell’onere probatorio in ambito di responsabilità medica e offre indicazioni preziose per la valutazione del danno da perdita del rapporto parentale.

cassazione Sentenza n. 34516 dell’11 dicembre 2023 commenta per esteso

ChatGPT ha detto:

La Sentenza n. 34516 dell’11 dicembre 2023 della Corte di Cassazione affronta temi fondamentali in materia di responsabilità medica, concentrandosi su tre aspetti principali:

  1. Rilevanza delle linee guida nella pratica medica: La Corte ha stabilito che le linee guida non possiedono valore normativo né funzione “parascriminante”. Pur rappresentando un parametro utile nell’accertamento dei profili di colpa medica, esse non eliminano la discrezionalità del giudice, il quale deve valutare se le circostanze del caso concreto richiedano una condotta diversa da quella prescritta.
  2. Rapporto tra struttura sanitaria e medico curante: La sentenza chiarisce che la struttura sanitaria risponde delle condotte dei professionisti di cui si avvale, anche se non dipendenti, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile. Questo implica che, salvo diverso accordo con il paziente, le strutture sanitarie sono sempre responsabili dell’operato degli esercenti le professioni sanitarie di cui si sono avvalsi, indipendentemente dalla natura del rapporto contrattuale tra il committente e il terzo.
  3. Azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti del medico: La Corte ha precisato che, per consentire alla struttura sanitaria di esercitare un’azione di rivalsa integrale nei confronti del medico, è necessario dimostrare non solo la colpa esclusiva del medico, ma anche che la condotta di quest’ultimo sia stata imprevedibile e inescusabile, tale da porsi al di fuori del programma condiviso di tutela della salute. In assenza di tale dimostrazione, la rivalsa è limitata al 50%.

In sintesi, la sentenza sottolinea l’importanza di un approccio personalizzato nella pratica medica, evidenziando che le linee guida devono essere integrate con il giudizio clinico del medico e adattate alle specificità del paziente. Inoltre, ribadisce la responsabilità solidale delle strutture sanitarie per le condotte dei professionisti di cui si avvalgono e definisce i criteri per l’azione di rivalsa nei confronti dei medici.

 

 

 

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