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AVVOCATO PENALE BOLOGNA, AVVOCATO PENALISTA BOLOGNA REATO DI DIFFAMAZIONE A MEZZO INTERNET

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700_7792_1Quando poi l’offesa avvenga mediante i cosiddetti social network – ovvero, come nel caso di specie, su una bacheca facebook -, secondo la Corte di legittimità non vi è ragione per approdare a conclusioni diverse e non solo perché in questo caso v’è l’applicazione di risorse informatiche. Infatti, secondo la Cassazione l’ipotesi di reato di cui al terzo comma dell’art. 595 c.p.p. quale fattispecie aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa. D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, giacché anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del mezzo di pubblicità, la giurisprudenza nel tempo ha fatto rientrare, ad esempio, 1) un pubblico comizio (Cass., sez. V, 28 maggio 1998, n. 9384), 2) l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le modalità del farward e cioè verso una pluralità di destinatari, trattandosi anch’esso di mezzo idoneo a provocare una ampia e indiscriminata diffusione della notizia tra un numero indeterminato di persone.

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AVVOCATO PENALE BOLOGNA, AVVOCATO SERGIO ARMAROLI REATO DI DIFFAMAZIONE COSA E’ ?

 

  1. Diffamazione.

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito [c.p. 598] con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032 (1) (2).

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065 (3) (4).

Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico [c.c. 2699] (5), la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516 (6).

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza o ad una autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate

 

Art. 595 c.p. “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente [ingiuria], comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione”

 

Soggetti attivo: reato comune, “chiunque”.

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Presupposto condotta: si tratta di un presupposto negativo: “fuori dei casi previsti dall’articolo precedente”, che non consiste nell’assenza dell’offeso in senso stretto, bensì nella impossibilità della percezione fisica dell’offesa da parte del soggetto passivo perché assente o perché incapace a percepire l’offesa al momento della condotta.

Se la condotta era idonea ad essere percepita dal soggetto passivo ma ciò non avviene, si ha tentata ingiuria.

 

Condotta: consiste in,

– offendere l’altrui reputazione, con qualsiasi mezzo (anche atti materiali: c.d. diffamazione reale [vedi ingiuria reale]) e in qualsiasi modo;

– comunicando con più persone, cioè attraverso la divulgazione (diretta tra presenti o a distanza) a più persone (almeno due, da cui vanno esclusi i concorrenti col soggetto attivo e il soggetto passivo), contemporaneamente o non contemporaneamente, di un addebito diffamatorio (che può essere identico o diverso per ogni persona cui è riferito, in quanto l’art. 595 c.p. parla genericamente di “offesa all’altrui reputazione”).

 

Elemento soggettivo: dolo generico,

– coscienza e volontà di offendere l’altrui reputazione;

– consapevolezza dell’offensività della condotta;

– coscienza e volontà della percezione e della comprensione dell’offesa da parte almeno di due persone.

La diffamazione è imputabile sia a dolo intenzionale che a dolo eventuale, in quanto l’accettazione del rischio in caso di dubbio sull’offensività della condotta non scusa il soggetto attivo.

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SANZIONI

 

Diffamazione semplice, punita a querela dell’offeso con reclusione fino a 1 anno o con multa fino a 1032 €;

diffamazione aggravata (a), punita a querela dell’offeso con reclusione fino a 2 anni o con multa fino a 2065 €;

– aggravata (b), punita a querela dell’offeso con aumento di pena fino a ⅓;

– aggravata (c), punita a querela dell’offeso con reclusione da 6 mesi a 3 anni o con multa non inferiore a 516 €;

– aggravata (d), punita a querela dell’offeso con reclusione da 1 a 6 anni e con la multa non inferiore a 258 €._

 

Ai fini dell’integrazione del reato di diffamazione è sufficiente che il soggetto la cui reputazione è lesa sia individuabile da parte di un numero limitato di persone, indipendentemente dalla indicazione nominativa”.

 

Osservano i giudici di ‘Palazzaccio’: “Il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico, essendo sufficiente ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell’altrui reputazione e la volontà che la frase venga a conoscenza di più persone, anche soltanto due”.

 

 

Il reato di diffamazione può essere commesso a mezzo di internet (cfr. Sez. 5, 17 novembre 2000, n. 4741; 4 aprile 2008 n. 16262; 16 luglio 2010 n. 35511 e, da ultimo, 28 ottobre 2011 n. 44126), sussistendo, in tal caso, l’ipotesi aggravata di cui al terzo comma della norma incriminatrice (cfr. altresì sui punto, Cass., Sez. 5, n. 44980 del 16/10/2012, Rv. 254044), dovendosi presumere la ricorrenza del requisito della comunicazione con più persone, essendo per sua natura destinato ad essere normalmente visitato in tempi assai ravvicinati da un numero indeterminato di soggetti (Sez. 5, n. 16262 del 04/04/2008). In particolare, anche la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca ‘facebook’ integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595, comma terzo, cod. pen., poiché la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall’utilizzo per questo di una bacheca facebook, ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca facebook non avrebbe senso), sia perché l’utilizzo di facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione (Sez. 1, n. 24431 del 28/04/2015). Pertanto, la condotta di postare un commento sulla bacheca facebook realizza la pubblicizzazione e la diffusione di esso, per la idoneità del mezzo utilizzato a determinare la circolazione del commento tra un gruppo di persone, comunque, apprezzabile per composizione numerica, di guisa che, se offensivo tale commento, la relativa condotta rientra nella tipizzazione codicistica descritta dall’art. 595 c.p.p., comma (Sez. 1, n. 24431 del 28/04/2015).

 

il reato tipizzato al terzo comma dell’art. 595 c.p.p. quale ipotesi aggravata del delitto di diffamazione trova il suo fondamento nella potenzialità, nella idoneità e nella capacità del mezzo utilizzato per la consumazione del reato a coinvolgere e raggiungere una pluralità di persone, ancorchè non individuate nello specifico ed apprezzabili soltanto in via potenziale, con ciò cagionando un maggiore e più diffuso danno alla persona offesa. D’altra parte lo strumento principe della fattispecie criminosa in esame è quello della stampa, al quale il codificatore ha giustapposto “qualsiasi altro mezzo di pubblicità”, giacchè anche in questo caso, per definizione, si determina una diffusione dell’offesa ed in tale tipologia, quella appunto del mezzo di pubblicità, ha fatto rientrare la lezione ermeneutica della corte, ad esempio, un pubblico comizio (Sez. 5, n. 9384 del 28/05/1998, Forzano, Rv. 211471) ovvero (Sez. 5, 6/4/11, n. 29221, rv. 250459) l’utilizzo, al fine di inviare un messaggio, della posta elettronica secondo le modalità del “farward” e cioè verso una pluralità di destinatari. Detti arresti risultano infatti argomentati con il rilievo che, sia un comizio che la posta elettronica, vanno considerati mezzi di pubblicità, giacchè idonei a provocare una ampia e indiscriminata diffusione della notizia

tra un numero indeterminato di persone.