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MODENA SUCCESSIONI TRIBUNALE CONFERMA LESIONE LEGITTIMA

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MODENA SUCCESSIONI TRIBUNALE CONFERMA LESIONE LEGITTIMA

avvocati Bologna
avvocati Bologna

Azione di riduzione delle donazioni per lesione di legittima (art. 555 cc.)”

Art. 555. 

(Riduzione delle donazioni).

Le donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione fino alla quota medesima.

DIVISIONE EREDITA' TRA PARENTI E FRATELLI
DIVISIONE EREDITA’ TRA PARENTI E FRATELLI

Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui e’ stato disposto per testamento.

 

LA DOMANDA ATTOREA DI RIDUZIONE DONAZIONI

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato in data 11 novembre 2010 X conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Modena Y , esponendo che: a) il 24.1.2009 era deceduto in Vignola il padre B , beneficiario dell’amministrazione di sostegno a decorrere dal 4.4.2007; b) il 7.4.2009 era stato pubblicato, a ministero del notaio Mauro Smeraldi di Vignola, un testamento olografo del 16.12.2004, nel quale il de cuius nominava erede universale la coniuge Y; c) all’attore veniva riconosciuta e corrisposta dai chiamati all’eredità la somma corrispondente alla quota di un terzo del patrimonio ereditario, riservata ex lege al medesimo quale figlio unico del defunto; d) il padre aveva tuttavia effettuato in vita donazioni di significative somme di denaro in favore della convenuta, per un ammontare complessivo di Euro 402.500,00.

Chiedeva, pertanto, che venisse accertato che tali atti dispositivi patrimoniali erano lesivi della quota di legittima spettante ex lege all’attore, pari ad un terzo, con conseguente condanna della convenuta, ai sensi dell’art. 557 c.c., alla corresponsione della somma complessiva di Euro 134.166,66 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di costituzione in mora (9.10.2009) al saldo effettivo.

RAGIONAMENTO GIURIDICO

Giova premettere che l’azione di riduzione ex artt. 553 e ss. c.c. costituisce l’espressione di un diritto potestativo spettante al legittimario.

Nel caso in esame, l’attore chiede la riduzione delle sole donazioni effettuate dal de cuius a favore di Y , ritenute lesive della quota di legittima al medesimo riservata dalla legge. In proposito, va osservato che, ai sensi dell’art. 555 c.c., “le donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione fino alla quota medesima. Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento”.

Le donazioni lesive della legittima, al pari di quelle testamentarie, non sono – come tali – nulle o annullabili, ma inefficaci nei confronti del legittimario e nei limiti della lesione della quota allo stesso riservata.

Tutte le liberalità tra vivi sono soggette a riunione fittizia, a chiunque fatte ed indipendentemente dall’eventuale dispensa dall’imputazione. Il donante non può impedire che le donazioni da lui compiute siano contabilmente riunite alla massa dei beni relitti.

L’art. 809 c.c. estende alle liberalità indirette l’applicazione delle norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari, con l’eccezione delle liberalità d’uso e delle liberalità non soggette a collazione a norma dell’art. 742 c.c.

  1. Nella fattispecie oggetto di causa, è pacifico che X è erede legittimario di B ai sensi dell’art. 536c.c., in quanto figlio del definito.

È altresì incontestata la quota della sua partecipazione successoria pari ad un terzo ex art. 542 c.c., in quanto figlio unico in concorso con la coniuge Y.

 

 

CONCLUSIONI

 

accerta la lesione della quota di legittima riservata a X ;

condanna Y alla restituzione a favore di X della somma di Euro 148.500,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna Y , alla rifusione, a favore di X , dell’ottanta per cento delle spese di lite, che liquida per l’intero in Euro 650,00 per spese ed Euro 13.430,00 per compensi, oltre spese generali, Iva e Cpa, compensando il restante venti per cento.

Conclusione

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MODENA

Sezione Seconda Civile

Il Collegio composto dai Magistrati:

dott. Angelo Gin Tibaldi – Presidente

dott. Ester Russo – Giudice

dott. Carmela Italiano – Giudice relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile iscritto al n. r.g. 7670/2010

promosso da

X , rappresentato e difeso dall’avv. Elisabetta Margani (attore)

contro

Y , rappresentata e difesa dall’avv. Sandra Beltrami (convenuta).

Oggetto:

“Azione di riduzione delle donazioni per lesione di legittima (art. 555 cc.)”

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione notificato in data 11 novembre 2010 X conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Modena Y , esponendo che: a) il 24.1.2009 era deceduto in Vignola il padre B , beneficiario dell’amministrazione di sostegno a decorrere dal 4.4.2007; b) il 7.4.2009 era stato pubblicato, a ministero del notaio Mauro Smeraldi di Vignola, un testamento olografo del 16.12.2004, nel quale il de cuius nominava erede universale la coniuge Y; c) all’attore veniva riconosciuta e corrisposta dai chiamati all’eredità la somma corrispondente alla quota di un terzo del patrimonio ereditario, riservata ex lege al medesimo quale figlio unico del defunto; d) il padre aveva tuttavia effettuato in vita donazioni di significative somme di denaro in favore della convenuta, per un ammontare complessivo di Euro 402.500,00.

Chiedeva, pertanto, che venisse accertato che tali atti dispositivi patrimoniali erano lesivi della quota di legittima spettante ex lege all’attore, pari ad un terzo, con conseguente condanna della convenuta, ai sensi dell’art. 557 c.c., alla corresponsione della somma complessiva di Euro 134.166,66 oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalla data di costituzione in mora (9.10.2009) al saldo effettivo.

Si costituiva Y , eccependo di aver convissuto more uxorio con B dal 1976, che in data 3.3.2007 aveva contratto matrimonio civile con il medesimo, che durante l’intera durata del loro rapporto sentimentale la medesima aveva consegnato al defunto i proventi della sua attività di lavoro e i beni di natura personale o ricevuti in eredità, che l’appartamento ubicato in M., via E.T. 39, pur intestato esclusivamente a B e alienato nel 2004, era stato acquistato anche con denaro proprio della convenuta, che le elargizioni di denaro non erano state corrisposte a titolo di donazione, ma in esecuzione dell’obbligo di restituzione degli importi mutuati dalla stessa e, per l’eccedenza, a titolo di liberalità fatte in considerazione dei servizi resi o in conformità agli usi, che di conseguenza tale denaro non era soggetto a riduzione o a collazione ai sensi degli artt. 742 e 770 c.c. Chiedeva, dunque, il rigetto della domanda attorea.

Concessi i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., la causa era istruita mediante prova per interrogatorio formale e per testi e mediante esame dei documenti prodotti dalle parti ed acquisiti d’ufficio su ordine giudiziale ex art. 210 c.p.c. presso gli istituti bancari interessati.

Veniva acquisito anche il fascicolo n. 93/2007 ADS relativo alla procedura di amministrazione di sostegno nell’interesse di B .

In corso di causa, parte attrice proponeva ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c., rigettato per insussistenza del periculum in mora.

All’udienza del 23.3.2016 le parti precisavano le conclusioni come trascritte in epigrafe, all’esito dello scambio delle memorie difensive finali, dell’interrogatorio libero delle parti e del fallimento del tentativo di conciliazione.

  1. Giova premettere che l’azione di riduzione ex artt. 553e ss. c.c. costituisce l’espressione di un diritto potestativo spettante al legittimario.

Nel caso in esame, l’attore chiede la riduzione delle sole donazioni effettuate dal de cuius a favore di Y , ritenute lesive della quota di legittima al medesimo riservata dalla legge. In proposito, va osservato che, ai sensi dell’art. 555 c.c., “le donazioni, il cui valore eccede la quota della quale il defunto poteva disporre, sono soggette a riduzione fino alla quota medesima. Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento”.

Le donazioni lesive della legittima, al pari di quelle testamentarie, non sono – come tali – nulle o annullabili, ma inefficaci nei confronti del legittimario e nei limiti della lesione della quota allo stesso riservata.

Tutte le liberalità tra vivi sono soggette a riunione fittizia, a chiunque fatte ed indipendentemente dall’eventuale dispensa dall’imputazione. Il donante non può impedire che le donazioni da lui compiute siano contabilmente riunite alla massa dei beni relitti.

L’art. 809 c.c. estende alle liberalità indirette l’applicazione delle norme sulla riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari, con l’eccezione delle liberalità d’uso e delle liberalità non soggette a collazione a norma dell’art. 742 c.c.

  1. Nella fattispecie oggetto di causa, è pacifico che X è erede legittimario di B ai sensi dell’art. 536c.c., in quanto figlio del definito.

È altresì incontestata la quota della sua partecipazione successoria pari ad un terzo ex art. 542 c.c., in quanto figlio unico in concorso con la coniuge Y.

Dall’esame dei documenti è poi risultato accertato che:

– in data 17 giugno 2004 B aveva alienato l’immobile di via T. 39 in M. al corrispettivo di Euro 351.190,00 (doc.) ed il ricavato della vendita era stato interamente versato sul conto corrente n. (…) acceso presso U.B. Agenzia M. via E.E.;

– la somma di Euro 250.161,38 era stata investita dal defunto in titoli inseriti nel deposito n. 72321225 già esistente presso U.B. S.p.a., mentre l’importo di Euro 100.500,00 era stato versato a Y mediante bonifico bancario effettuato il 18.6.2004 (doc. 5 e fasc. ADS 93/2007);

– in data 11.2.2005 il de cuius aveva disinvestito parte dei titoli giacenti presso U.B. S.p.a. per un controvalore di Euro 79.458,44 ed aveva emesso due assegni rispettivamente di Euro 30.000,00 in data 11.2.2005 e di Euro 50.000,00 in data 11.2.2005 a favore di A. S.r.l., società venditrice dell’immobile sito in V., via N.M., acquistato il 23.6.2006 da Y (docc. 9-10);

– in data 2.5.2005 ed in data 26.1.2006 il defunto aveva disinvestito altri titoli con emissione in data 4.5.2005 di due assegni circolari di Euro 30.000,00 e di Euro 25,000,00 per un valore globale di Euro 55.000,00 in favore di A. S.r.l. (docc. 11 e 12) e in data 27.1.2006 di due assegni circolari di Euro 25.000,00 e di Euro 30.000,00 per un valore globale di Euro 55.000,00, pure in favore di A. S.r.l. (docc. 13 e 14);

– in data 22.6.2006 il defunto aveva emesso altri due assegni circolari di Euro 25.000,00 ciascuno per un totale di Euro 50.000,00 in favore di A. S.r.l. e con addebito sul conto corrente n. (…) acceso presso U.B. Agenzia M. via E.E. (documentazione acquisita su ordine del giudice presso U.B. S.p.a.);

– mediante tali operazioni, l’intero corrispettivo della compravendita dell’appartamento intestato a Y sito in V., via N.M., pari ad Euro 240.000,00 (doc. 6 fasc. attrice), era stato corrisposto ad A. dal defunto, utilizzando denaro proprio prelevato dal conto corrente n. (…) acceso presso U.B. S.p.a.;

– in data 22.6.2006 il defunto aveva effettuato un’ulteriore operazione di vendita di titoli per Euro 29.259,73, alla quale seguiva l’emissione da parte di U.B. S.p.a. di tre assegni circolari (due di importo pari ad Euro 12.000,00 e uno di importo pari a Euro 4.000,00) per un ammontare di Euro 29.000,00 all’ordine di Y (documentazione acquisita su ordine del giudice presso U.B. S.p.a.);

– in data 11.12.2006 Banca C.R.V. Sede di Vignola aveva emesso undici assegni circolari per il valore complessivo di Euro 76.000,00 all’ordine di Y , con addebito sul conto corrente n. (…) acceso presso il medesimo istituto bancario, intestato esclusivamente a B (doc. 5 e doc. 15 fasc. attore; fasc. ADS n. 93/2007; documentazione bancaria acquisita su ordine del giudice ex art. 210 c.p.c. presso BPER di Vignola);

– in data 4.1.2007 il de cuius aveva tratto un assegno bancario di Euro 7.000,00 all’ordine di Y dal predetto conto corrente (doc. 5, doc. 15 fasc. attore; fasc. MDS 93/07; documenti bancari acquisiti presso B.P. su ordine ex art. 210 c.p.c. del giudice).

Risultano, dunque, documentalmente provate le seguenti elargizioni di denaro da parte di B a favore della convenuta:

– Euro 100.500,00 mediante bonifico bancario del 18.6.2004;

– Euro 240.000,00 per l’acquisto da parte di Y in data 23.6.2006 dell’immobile ubicato in V., via N.M.;

– Euro 29.000,00 mediante assegni circolari del 22.6.2006;

– Euro 76.000,00 mediante assegni circolari emessi in data 11.12.2006;

– Euro 7.000,00 mediante assegno bancario del 4.1.2007.

  1. Occorre, dunque, verificare se tali attribuzioni patrimoniali a favore della convenuta debbano essere qualificate come donazioni, dovendosi certamente escludere condotte distrattive della convenuta o comportamenti fraudolenti dei due conviventi in danno di X.

Sotto il primo profilo, va osservato che le elargizioni di denaro, anche ove disposte su ordine della stessa convenuta, erano avvenute in virtù di delega e/o con il consenso espresso o presunto del convivente, essendo lo stesso ancora in vita e perfettamente in grado di intendere e volere al momento dell’effettuazione di tali operazioni.

Sotto il secondo profilo, l’avv. Giuseppe Ferrari Amorotti, nominato amministratore di sostegno di B con decreto del 4.4.2007, ha evidenziato nella relazione depositata il 21.4.2008 nella procedura ADS n. 9312007, che “le modalità con le quali B ha disposto dei propri averi a favore della moglie Y sono tali da ritenere che i coniugi abbiano agito in assoluta buona fede e senza intenti fraudolenti nei confronti di X , dal momento che tutti i movimenti di denaro sono avvenuti tramite assegni bancari intestati direttamente alla moglie e/o operazioni ad essa facilmente riconducibili”.

Tali circostanze sono state riconosciute anche dall’attore, che ha qualificato tali attribuzioni patrimoniali come donazioni dirette o indirette e, come tali, soggette all’azione di riduzione per lesione di legittima.

L’accertamento dell’esatta qualificazione di tali atti dispositivi richiede un’indagine sulla natura delle singole attribuzioni patrimoniali e sull’esistenza dello spirito di liberalità.

3.a. Sotto il primo profilo, va osservato che:

– in relazione agli importi di Euro 100.500,00 versati il 18.6.2004, di Euro 29.000,00 corrisposti il 22.6.2006, di Euro 76.000,00 consegnati in data 11.12.2006, si tratta di mera dazione di significative somme di denaro (mediante bonifico bancario o assegni circolari) da parte di B a favore di Y , senza l’indicazione della causale di tali elargizioni, della specifica destinazione e finalità e senza la pattuizione di un termine o delle modalità di restituzione;

– quanto all’attribuzione di Euro 240.000,00, è evidente e documentale che il defunto aveva inteso elargire del denaro al fine di consentire alla convenuta l’acquisto dell’immobile ubicato in V., via N.M., pagando il corrispettivo della compravendita con denaro proprio e direttamente nelle mani della società venditrice A. S.r.l.

Ad avviso della convenuta, la causa giustificativa di tali attribuzioni patrimoniali doveva

rinvenirsi nell’adempimento da parte di B di restituzione del danaro mutuato in precedenza dalla medesima al defunto e, per l’eccedenza, nell’adempimento dei doveri sociali e morali derivanti dalla convivenza more uxorio.

A sostegno di tale tesi, Y ha prodotto una scrittura privata sottoscritta in data 16 maggio 1986 da B e, per presa visione e garanzia, da X, nella quale il defunto dichiarava di aver ricevuto, a titolo di prestito, la somma di L. 30.000.000 per l’acquisto dell’appartamento (da identificarsi, per pacifica ammissione di entrambe le parti, nell’abitazione di via Toti 39 a Modena) e X ne garantiva la restituzione.

La convenuta non ha tuttavia specificamente indicato quale somma, tra quelle oggetto di contestazione, le sarebbe stata versata dal defunto a titolo di restituzione del predetto prestito.

Tale elemento, nonché il notevole lasso temporale intercorso tra le attribuzioni patrimoniali del 2004-2007 e il prestito erogato il 16 maggio 1986, la mancata proposizione di un’azione di restituzione nei confronti di B e del figlio nel termine di prescrizione, l’omessa menzione di ogni riferimento a tale debito del defunto nel testamento olografo dal medesimo redatto e sottoscritto, il silenzio serbato dalla convenuta anche in sede di riconoscimento e corresponsione all’attore della quote di legittima lesa dalle predette disposizioni testamentarie costituiscono indizi gravi, precisi e concordanti idonei a provare che l’importo mutuato di L. 30.000.000 era stato effettivamente restituito dal defunto alla convenuta prima delle dazioni di denaro in contestazione e dell’intestazione a favore di Y dell’immobile per cui è causa.

Non vi è poi alcuna prova documentale degli ulteriori prestiti di somme di denaro che la convenuta ha allegato, peraltro genericamente, di aver effettuato a favore di B durante la convivenza more uxorio.

In particolare, non vi è alcun riscontro documentale che Y avesse consegnato il proprio stipendio al convivente, poi coniuge, che la medesima avesse beneficiato di due eredità, tra cui nel 1997 quella dell’amica Centini Tosca di Modena e di Quadri Marino di Modena, che la stessa avesse comunque versato il denaro proveniente da tali beni ereditari nel conto corrente del defunto.

In sede di istruttoria orale, sul punto, il teste Y.R. ha dichiarato che la madre Y gli aveva riferito di aver consegnato al convivente tutti i proventi della propria attività lavorativa svolta alle dipendenze di Domus Assistenza negli anni settanta e per una decina di anni, nonché i beni ereditari ricevuti da due o tre amiche e che le somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile di V., via N.M. appartenevano alla stessa.

L.S., socio di A. S.r.l., ha confermato di aver appreso da B che il denaro utilizzato per l’acquisto dell’appartamento di Vignola era frutto dei risparmi di entrambi e che il medesimo aveva dichiarato la propria volontà di assicurare alla convivente, poi moglie, un’esistenza dignitosa e un’abitazione adeguata per il tempo successivo alla morte.

La rilevanza delle dichiarazioni di Y.R. è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione della parte convenuta e non sul fatto oggetto dell’accertamento, fondamento storico della pretesa (Cass. Sez. 1, n. 569 del 15101/2015).

La testimonianza di L.S. non vale a provare che l’immobile di Vignola era stato intestato alla convenuta in adempimento di un obbligo restitutorio gravante su B, ma al contrario vale a confermare la sussistenza di un intento di liberalità del de cuius nei confronti della convivente, poi divenuta coniuge.

La convenuta ha dunque assolto all’onere di provare l’esistenza del contratto di mutuo solo per la somma di L. 30.000.000, ma gli elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti sopra indicati inducono il Collegio a ritenere adempiuto l’obbligo restitutorio.

In relazione alle ulteriori elargizioni asseritamente effettuate a favore del de cuius, Y non ha invece assolto all’onere di provare gli elementi, costitutivi del contratto di mutuo, ossia l’avvenuta consegna delle somme di danaro a B ed il titolo da cui derivava l’obbligo della restituzione (Cass. 22 aprile 2010, n. 9541Cass. 9 agosto 1996, n. 7343Cass. Sez. 3, n. 6295 del 13/03/2013Cass. Sez. 3, n. 17050 del 28/07/2014).

Non vi è, pertanto, prova che le attribuzioni patrimoniali in contestazione trovassero la loro causa giustificatrice nei contratti di mutuo dedotti dalla convenuta.

Occorre, di conseguenza, verificare se tali spostamenti patrimoniali potessero giustificarsi quale adempimento dei doveri morali e sociali derivanti dalla convivenza more uxorio.

L’obbligazione naturale è un dovere morale e/o sociale giuridicamente non vincolante, in quanto non è sanzionata in diritto, ma il suo spontaneo adempimento non ammette ripetizione della prestazione eseguita ai sensi dell’art. 2034 c.c., di tal che essa deve considerarsi giuridicamente rilevante quale tipica giusta causa dell’attribuzione patrimoniale e del trasferimento (Trib. Modena, 14 gennaio 2003).

La soluti retentio costituisce il sintomo che la legge considera l’obbligazione naturale come causa sufficiente e lecita dell’attribuzione patrimoniale operata.

In quest’ottica, l’obbligazione naturale non può qualificarsi quale atto di liberalità, essendo fondata sulla sussistenza di doveri morali socialmente apprezzabili quale causa giustificativa dell’attribuzione patrimoniale.

Difatti, benché l’esecuzione della prestazione nell’obbligazione naturale sia atto c.d. giuridicamente libero e spontaneo, al pari della donazione, la prima è pur sempre atto, non giuridicamente, ma moralmente e socialmente dovuto, realizzato aninus solvendi, laddove gli atti di liberalità sono pienamente liberi in ragione della assoluta incompatibilità dello spirito di liberalità con qualsiasi forma di doverosità, morale, sociale o giuridica.

Più difficoltosa è la distinzione dell’obbligazione naturale dalle donazioni remuneratorie e dalle liberalità d’uso, in quanto queste ultime si differenziano dalla donazione “pura e semplice” ex art. 769 c.c. per la presenza di uno scopo ulteriore – la riconoscenza verso il donatario oppure la volontà di compensare un servizio reso dal donatario in conformità agli usi – che si inserisce nel contesto dei comportamenti socialmente doverosi, al pari dell’obbligazione naturale.

In giurisprudenza, il criterio distintivo tra le diverse fattispecie viene, pertanto, individuato nella diversa intensità del dovere che presiede l’attribuzione patrimoniale, la quale, in alcune ipotesi lascia integro lo spirito di liberalità, in altre lo sopprime.

Si evidenzia, in particolare, che nella donazione remuneratoria scopo dell’atto è fondamentalmente la liberalità, non riscontrandosi l’esigenza di soddisfare un dovere morale o sociale e difettando altresì il requisito distintivo dell’obbligazione naturale costituito dalla proporzionalità ed adeguatezza della prestazione alle circostanze del caso.

Analogamente, nelle liberalità d’uso, l’agire secondo il costume vigente non costituisce ancora adempimento di un obbligo.

Ed invero, è ormai consolidato l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, per integrare la fattispecie dell’obbligazione naturale, oltre alla sussistenza del dovere sociale e morale, occorre che la prestazione presenti un carattere di adeguatezza alle circostanze e di proporzionalita all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali e patrimoniali delle parti (Cass. Sez. 2, n. 3713 del 13/03/2003Cass. Sez. 3, n. 11330 del 15/05/2009Cass. Sez. 1, n. 1277 del 22/01/2014). Nel caso di specie, solo la dazione della somma di denaro di Euro 7.000,00 mediante assegno bancario tratto dal defunto in data 4.1.2007 all’ordine di Y dal conto corrente (…) acceso presso Cassa di Risparmio di Vignola può ritenersi effettuata in adempimento di un’obbligazione naturale, in quanto – oltre ad essere espressione della solidarietà tra due persone unite da un rapporto di convivenza – risulta connotata dai requisiti dell’adeguatezza e della proporzionalità.

Va infatti ricordato che il rapporto sentimentale tra B e Y durava ininterrottamente dal 1976, che il defunto nella procedura di nomina di un amministratore di sostegno nel suo interesse all’udienza del 4.4.2007 aveva esternato lucidamente il proprio affetto nei confronti della convenuta, che è incontroverso che quest’ultima gli aveva prestato assistenza e cura anche durante il periodo di malattia e che in epoca prossima all’elargizione di tale somma i due conviventi avevano contratto matrimonio civile (cfr. anche fasc. ADS 93/2007).

La dazione di Euro 7.000,00 risulta poi proporzionata all’entità del patrimonio del defunto, costituito non solo dal reddito da pensione, di ammontare pari ad Euro 1.860,00 mensili, ma anche da conti correnti con saldo attivo e da conti di amministrazione e deposito di titoli.

Non analogamente può dirsi per le ulteriori attribuzioni patrimoniali in contestazione.

Si tratta infatti di dazioni di ingenti somme di denaro (Euro 100.500,00 mediante bonifico bancario del 18.6.2004; Euro 29,000,00 mediante assegni circolari del 22.6.20%; giuro 76.000,00 mediante assegni circolari emessi in data 11.12.2006) e dell’intestazione a Y dell’immobile ubicato in Vignola, via Montori Nando 218, acquistato per il corrispettivo di Euro 240.000,00.

In considerazione dell’entità del patrimonio di B come dianzi descritto e delle condizioni sociali delle parti, entrambi pensionati, deve escludersi un rapporto di proporzionalità tra tali atti dispositivi e l’adempimento dei doveri morali e sociali assunti dal convivente, poi divenuto coniuge, dato che le dazioni di denaro e l’intestazione dell’immobile a favore della convenuta non si erano esaurite nel procurare alla convenuta i mezzi necessari per assicurarle un’esistenza libera e dignitosa e un’abitazione confortevole, ma avevano avuto come effetto l’arricchimento esclusivo di Y , con conseguente drastica riduzione delle risorse economiche e del patrimonio immobiliare del defunto.

All’esito di tali operazioni, infatti, B era rimasto privo di proprietà immobiliari, il conto corrente n. (…) riportava un saldo di Euro 36,94, il conto depositi n. 64153 era privo di investimenti, il conto corrente n. (…) presso U.B. riportava un saldo attivo di Euro 10.876,36 ed il deposito titoli n. 7232/225 presso la medesima agenzia investimenti per un contro valore pari ad Euro 19.400,00.

Deve dunque ritenersi accertato che, attraverso tali atti dispositivi, il defunto aveva inteso arricchire la convivente more uxorio, poi divenuta coniuge, subendone un impoverimento, sia pure avvalendosi di atti diversi dal contratto di donazione nella forma dell’atto pubblico.

3.b. In presenza della prova dello spirito di liberalità, possono, invero, ricondursi alla fattispecie delle donazioni indirette sia le donazioni di denaro effettuate senza il rispetto della forma solenne prescritta dall’art. 782 c.c. sia l’acquisto dell’immobile con somme proprie del donante.

Con riferimento alle donazioni di denaro, occorre infatti ricordare che gli artt. 782 e 783 c.c. impongono la forma dell’atto pubblico quale elemento essenziale ai fini della validità del contratto e anche laddove vengano utilizzati assegni bancari, circolari o postali, salvo che si tratti di liberalità di modico valore, alle quali non sono certo riconducibili quelle oggetto del presente giudizio.

Posto che la dazione di denaro, assegni e bonifici effettuata a scopo di liberalità integra una donazione diretta che richiede il rispetto della forma solenne prescritta dall’art. 782 c.c. a pena di nullità, un orientamento che questo Collegio condivide ritiene che la donazione di denaro (non di modico valore) nulla per difetto di forma comporti un obbligo restitutorio a carico del beneficiario che dà luogo ad un’ulteriore fattispecie liberale atipica ed indiretta, laddove il donante non rivendichi questa somma per l’intera durata della sua vita, rimettendo il debito restitutorio, come evidentemente e pacificamente verificatosi nella fattispecie in esame.

In ordine alla seconda fattispecie, è costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui l’elargizione di una somma di denaro quale mezzo per l’unico e specifico fine dell’acquisto di un immobile da parte del destinatario, che il disponente intenda in tal modo beneficiare, si configura come una liberalità che, in quanto avente ad oggetto l’immobile e non già la somma di denaro, è qualificabile come donazione indiretta, senza che risulti necessario, a tal fine, che l’attività del donante si articoli in attività tipiche, essendo invece sufficiente la dimostrazione del collegamento tra il negozio-mezzo e l’arricchimento del soggetto onorato per spirito di liberalità (cfr. Cass., Sez. 1, 5 giugno 2013, n. 14197; 14 dicembre 2000, n. 15778; 8 maggio 1998, n, 4680), certamente sussistente laddove il denaro venga corrisposto dal donante al donatario allo specifico scopo dell’acquisto del bene mediante il versamento diretto dell’importo convenuto all’alienante, come verificatosi nel caso in esame, ove vi è prova documentale del pagamento del prezzo della compravendita da parte di B a favore della venditrice A. S.r.l. (cfr. Cass., Sez. 1, 5 giugno 2013, n. 14197Cass., Sez. 2, 16 marzo 2004, n. 5333; 29 marzo 2001, n. 4623; Cass. Sez. 1, n. 21494 del 2014).

3.c. Ciò chiarito, occorre verificare se sussista l’ulteriore requisito soggettivo dell’animus donandi, posto che è pacifico in dottrina e in giurisprudenza che non si possa ricorrere ad una presunzione dell’esistenza di tale elemento in presenza di una donazione indiretta e che la dimostrazione dell’intento liberale à indispensabile per evitare di ampliare eccessivamente l’ambito di applicazione dell’art. 809 c.c., con l’effetto di assoggettare ad una potenziale azione di riduzione ulteriori operazioni economiche prive di qualunque intento liberale.

In particolare, in dottrina ed in giurisprudenza si ritengono ammissibili, a tal fine, un negozio di accertamento posto in essere successivamente al perfezionamento della liberalità indiretta, con cui donante e donatario manifestano e rendono evidente la liberalità che non era stata in precedenza evidenziata, una dichiarazione unilaterale del donatario con cui lo stesso riconosca l’esistenza della donazione indiretta a suo favore ed, infine, il riconoscimento della precedente liberalità posto in essere dal donante, anche ove sia contenuto nel testamento, qualificato come confessione stragiudiziale ex art. 2730 c.c. e liberamente apprezzato dal giudice ai sensi dell’art. 2735 c.c.

Nel caso di specie, lo spirito di liberalità può desumersi sia dal lungo rapporto di convivenza more uxorio tra le parti, poi sfociato nel matrimonio, sia dalla volontà manifestata da B nel testamento olografo del 16.12.2004 di nominare erede universale Y , sostanzialmente attuata già in vita mediante le liberalità oggetto di causa.

Ulteriori elementi indiziari possono poi ravvisarsi nelle dichiarazioni rese da B. al teste L.S., socio di A. S.r.l. e al giudice tutelare nel procedimento di nomina dell’amministratore di sostegno nel suo interesse.

Al primo il defunto, al momento dell’acquisto dell’immobile di Vignola, ha riferito di voler beneficiare la convenuta per assicurarle un’esistenza dignitosa. Al secondo il medesimo ha esternato il profondo legame affettivo nei confronti di Y.

La natura delle attribuzioni patrimoniali in contestazione, l’assenza di una diversa causa giustificatrice, lo spirito di liberalità desumibile dal rapporto di convivenza more uxorio e, successivamente, di matrimonio tra le parti, dal tenore del testamento olografo del defunto e dalle dichiarazioni testimoniali rese dal teste L.S. inducono a qualificare le predette elargizioni, di ammontare complessivo pari ad Euro 445.500,00, come donazioni indirette ex art. 809 c.c.

Solo la dazione della somma di Euro 7.000,00 mediante assegno bancario del 4.1.2007 merita una diversa qualificazione quale adempimento di un’obbligazione naturale tra conviventi more uxorio.

  1. Orbene, le liberalità indirette sono soggette, ai sensi dell’art. 809c.c., alle stesse norme che regolano la riduzione delle donazioni per integrare la quota dovuta ai legittimari previste dagli artt. 555e ss. c.c., le quali peraltro trovano applicazione, ai sensi degli artt. 809 e 770 c.c., anche con riferimento alle donazioni rimuneratorie, ossia fatte per riconoscenza o in considerazione di meriti del donatario o per speciale rimunerazione.

Poste che le liberalità indirette soggette a riduzione ex art. 555 c.c. ammontano ad un valore complessivo di Euro 445.500,00, la quota di riserva a favore dell’attore è pari ad Euro 148.500,00.

Procedendo alla riduzione delle donazioni nel modo indicato dagli artt. 559 e 560 c.c., la convenuta deve, conseguentemente, essere condannata a restituire a X l’importo di Euro 148.500,00, oltre interessi legali dalla data della domanda giudiziale al saldo effettivo.

  1. In ragione dell’integrale accoglimento della domanda attorea e della soccombenza di parte attrice nel procedimento cautelare, sussistono giusti motivi per compensare il venti per cento delle spese processuali, ponendo il restante ottanta per cento, liquidato come in dispositivo, a carico della convenuta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Modena, definitivamente decidendo il procedimento in epigrafe indicato, ogni diversa istanza eccezione deduzione disattesa,

accerta la lesione della quota di legittima riservata a X ;

condanna Y alla restituzione a favore di X della somma di Euro 148.500,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna Y , alla rifusione, a favore di X , dell’ottanta per cento delle spese di lite, che liquida per l’intero in Euro 650,00 per spese ed Euro 13.430,00 per compensi, oltre spese generali, Iva e Cpa, compensando il restante venti per cento.

Conclusione

Così deciso in Modena nella Camera di Consiglio del 6 aprile 2016.

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2016.

 

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