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FINANZIARIE DEBITORI BANCHE CESSIONE IN BLOCCO CREDITI

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FINANZIARIE DEBITORI BANCHE CESSIONE IN BLOCCO CREDITI DIRITTI

Cass., civ. sez. III, del 30 agosto 2019, n. 21843 7.1. I motivi primo, secondo e terzo –

SEPARAZIONE CON ADDEBITO : TRIBUNALE DI BOLOGNA
SEPARAZIONE CON ADDEBITO : TRIBUNALE
DI BOLOGNA

 

 

Cessione in Blocco di Crediti

Definizione: La cessione in blocco di crediti è una procedura in cui una banca o una finanziaria trasferisce un insieme di crediti (debiti) a un’altra entità, come una società di recupero crediti o un’altra istituzione finanziaria. Questo avviene in genere per liberare risorse finanziarie o migliorare la gestione dei rischi.

Normativa Rilevante

  1. Codice Civile Italiano (Art. 1260 e seguenti):
    • Art. 1260: Stabilisce che il creditore può trasferire il proprio credito, salvo che il credito abbia carattere strettamente personale o il trasferimento sia vietato dalla legge.
    • Art. 1264: Stabilisce che la cessione deve essere notificata al debitore o deve essere accettata dallo stesso con scrittura avente data certa.
  2. Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993):
    • Prevede disposizioni specifiche per le banche riguardo la cessione dei crediti, compresa la possibilità di cessione in blocco di portafogli di crediti deteriorati.

Diritti dei Debitori

  1. Notifica della Cessione:
    • I debitori devono essere informati della cessione del credito. La notifica deve contenere i dettagli della cessione e del nuovo creditore.
  2. Continuità delle Condizioni del Credito:
    • La cessione del credito non può alterare le condizioni originarie del contratto di debito. Il debitore mantiene tutti i diritti e gli obblighi previsti dal contratto originario.
  3. Opponibilità delle Eccezioni:
    • Il debitore può opporre al nuovo creditore tutte le eccezioni che poteva opporre al creditore originario.
  4. Tutela dei Dati Personali:
    • La cessione deve avvenire nel rispetto della normativa sulla protezione dei dati personali (Regolamento (UE) 2016/679, noto come GDPR).

Processi e Pratiche Operative

  1. Due Diligence:
    • Prima della cessione, è condotta una due diligence sui crediti per valutare la loro qualità e valore.
  2. Contratto di Cessione:
    • La cessione è formalizzata attraverso un contratto che specifica i crediti trasferiti e le condizioni della cessione.
  3. Gestione del Recupero Crediti:
    • Dopo la cessione, il nuovo creditore gestisce il recupero dei crediti, che può includere negoziazioni con i debitori, piani di rientro, o azioni legali.

Esempi Pratici

  1. NPL (Non-Performing Loans):
    • Le banche spesso cedono in blocco i NPL a società specializzate nel recupero crediti per migliorare la qualità del loro bilancio.
  2. Cessioni Interbancarie:
    • Banche più piccole possono cedere i loro crediti a banche maggiori per ottenere liquidità immediata.

Conclusione

La cessione in blocco di crediti è una pratica comune nel settore finanziario, regolata da specifiche normative che tutelano sia i cedenti che i debitori. La trasparenza e il rispetto dei diritti dei debitori sono fondamentali per garantire la correttezza del processo.

avvocato

. Cass. Sez. Un., sent. n. 2156 del 2016, cit.), in assenza di precedenti specifici di questa Corte, deve essere vagliata confrontandosi con la tesi, recepita dalla sentenza impugnata, espressa dalla prevalente giurisprudenza di merito, secondo cui – (anche) in caso di cessione “in blocco” dei crediti, effettuata ai sensi degli artt. da 1 a 4 della legge 30 aprile 1999, n. 130 – sarebbe ravvisabile una successione a titolo particolare, in capo al cessionario, di tutti i rapporti giuridici facenti capo al cedente, donde la possibilità per il debitore ceduto di far valere tutte le eccezioni relative al rapporto sottostante.  7.1.2. Si tratta di un indirizzo (espresso, tra gli altri, da Trib. Milano, sent. 12 gennaio 2016; Trib. Pavia, sent. 12 ottobre 2016; Trib. Napoli Nord, sent. 10 novembre 2016; Trib. Rieti, sent. 18 aprile 2017 e Trib. Catania,

 che sono suscettibili si trattazione congiunta, giacché pongono, sotto diversi angoli visuali, il tema del difetto di legittimazione passiva di I (o meglio, di titolarità dal lato passivo del rapporto controverso, se è vero che la legitimatio ad causam” va sempre valutata alla stregua della prospettazione che se ne faccia nella domanda, dovendo escludersene, pertanto, la ricorrenza quando dalla domanda stessa emerga il suo difetto; cfr. Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2156) – sono fondati. 

, “nel prevedere il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa (secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58), e non la mera aggiunta della responsabilità di quest’ultimo a quella del cedente, deroga all’art. 2560 cod. civ., su cui prevale in virtù del principio di specialità” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 26 agosto 2014, n.18258, Rv. 632303-01), realizzando una disciplina “reputata strumentale rispetto alla tutela degli interessi dei creditori della [parte] cedente, tanto da comportare la nullità della clausola con la quale le parti prevedono la limitazione della responsabilità del cessionario” (così già Cass. Sez. 1, sent. 10 febbraio 2004, n. 264, Rv. 570009-01).  Né in senso contrario – sempre secondo questo indirizzo della giurisprudenza di merito – costituirebbe argomento decisivo quello qui invocato dall’odierna ricorrente, ovvero il mancato richiamo, nell’art. 4 delle I. n. 130 del 1999, del comma 5 dell’art. 58 del “TUB”, giacché, anzi, tale scelta potrebbe intendersi nel senso che la legge sulla “cartolarizzazione” ha inteso stabilire l’efficacia immediata del trasferimento (anche) delle passività al cessionario, intendendo escludere quel regime “transitorio”, in forza del quale i debitori ceduti, a loro volta titolari di crediti, “hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 [dell’art. 58], di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione”, restando, però, stabilito che, decorso tale termine, “il cessionario risponde in via esclusiva”.  D’altra parte, sebbene il codice civile – diversamente da quanto è stabilito in caso di modificazioni dal lato passivo del rapporto obbligatorio (artt. 1271 e 1272) – non detti, per la cessione del credito, una disciplina specifica quanto alle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario, si ritiene che per 1 http://www.fanpage.it/diritto effetto di tale vicenda, cui il debitore ceduto resta estraneo, non possa in alcun modo determinarsi una modifica peggiorativa della sua posizione originaria. Difatti, il suo consenso, come noto, non è necessario ai fini dell’attuazione del trasferimento del credito (tanto che la cessione è ricostruita come negozio “bilaterale”; così già Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 1973, n. 1928, Rv. 365017-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 1, sent. 18 dicembre 2007, n. 26662, Rv. 600956-01), essendo, del resto, per il debitore indifferente la persona del creditore, dal momento che deve ugualmente pagare all’uno o all’altro. D’altra parte, però, per evitare che tale vicenda possa essergli di pregiudizio, si ritiene che il debitore ceduto possa “opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto” (Cass. Sez. 3, sent. 17 gennaio 2001, n. 575, Rv. 543196-01; in senso analogo Cass. Sez. 5, ord. 20 aprile 2018, n. 9842, Rv. 648359-01).  Siffatto principio, del resto, ha trovato applicazione con riguardo a quella forma di cessione “in blocco” di crediti (eventualmente, pure futuri) che è costituita dal contratto di factoring, e ciò sul rilievo che “anche dopo l’entrata in vigore della disciplina contenuta nella legge 21 febbraio 1991, n. 52”, esso resti “una convenzione atipica”, sicché la sua “disciplina, integrativa dell’autonomia negoziale, è contenuta negli artt. 1260 e seguenti del codice civile”.  Di conseguenza, si è ritenuto che “la cessione dei crediti che lo caratterizza non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio e non può pregiudicare la posizione del debitore ceduto, in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà”, sicché “il debitore ceduto può opporre al «factor» cessionario le eccezioni concernenti l’esistenza e la validità del negozio da cui deriva il credito ceduto ed anche le eccezioni riguardanti l’esatto adempimento del negozio, mentre le eccezioni che riguardano fatti estintivi o modificativi del credito ceduto sono opponibili al «factor» cessionario solo se anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non ove successivi, in quanto una volta acquisita la notizia della cessione il debitore ceduto non può modificare la propria posizione nei confronti del cessionario mediante negozi giuridici posti in essere con il creditore originario” (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 2 dicembre 2016, n. 24657, Rv. 641896-01).  Siffatti rilievi, nella misura in cui confermano che la cessione non possa “mai pregiudicare la posizione del debitore ceduto”, sembrerebbero confortare la conclusione che costui, così come può opporre al cessionario le eccezioni relative alla validità o esatto adempimento del negozio da cui deriva il credito ceduto, possa far valere verso il cessionario le pretese creditorie derivanti dalla (in)validità e dall'(in)esatto adempimento di quel titolo negoziale, confortando la tesi già recepita dalla prevalente giurisprudenza di merito in relazione alla questione oggetto del presente giudizio. Vale a dire, che, in presenza di una cessione effettuata ai sensi degli

7.1.1. La questione da essi posta, attinente – come appena precisato – non alla legittimazione passiva, ma alla titolarità dal lato passivo del rapporto controverso (precisazione che, peraltro, è priva di conseguenze, giacché anche il difetto di titolarità dal lato passivo del rapporto controverso è rilevabile d’ufficio dal giudice; cfr. Cass. Sez. Un., sent. n. 2156 del 2016, cit.), in assenza di precedenti specifici di questa Corte, deve essere vagliata confrontandosi con la tesi, recepita dalla sentenza impugnata, espressa dalla prevalente giurisprudenza di merito, secondo cui – (anche) in caso di cessione “in blocco” dei crediti, effettuata ai sensi degli artt. da 1 a 4 della legge 30 aprile 1999, n. 130 – sarebbe ravvisabile una successione a titolo particolare, in capo al cessionario, di tutti i rapporti giuridici facenti capo al cedente, donde la possibilità per il debitore ceduto di far valere tutte le eccezioni relative al rapporto sottostante.  7.1.2. Si tratta di un indirizzo (espresso, tra gli altri, da Trib. Milano, sent. 12 gennaio 2016; Trib. Pavia, sent. 12 ottobre 2016; Trib. Napoli Nord, sent. 10 novembre 2016; Trib. Rieti, sent. 18 aprile 2017 e Trib. Catania, sent. 19 marzo 2018) secondo cui la cessione dei crediti “in blocco” troverebbe la sua disciplina nell’art. 58 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (cd. “TUB”), con la conseguente applicabilità del principio enunciato da questa Corte, secondo cui detta norma, “nel prevedere il trasferimento delle passività al cessionario, in forza della sola cessione e del decorso del termine di tre mesi dalla pubblicità notizia di essa (secondo quanto previsto dal comma 2 dello stesso art. 58), e non la mera aggiunta della responsabilità di quest’ultimo a quella del cedente, deroga all’art. 2560 cod. civ., su cui prevale in virtù del principio di specialità” (da ultimo, Cass. Sez. 3, sent. 26 agosto 2014, n.18258, Rv. 632303-01), realizzando una disciplina “reputata strumentale rispetto alla tutela degli interessi dei creditori della [parte] cedente, tanto da comportare la nullità della clausola con la quale le parti prevedono la limitazione della responsabilità del cessionario” (così già Cass. Sez. 1, sent. 10 febbraio 2004, n. 264, Rv. 570009-01).  Né in senso contrario – sempre secondo questo indirizzo della giurisprudenza di merito – costituirebbe argomento decisivo quello qui invocato dall’odierna ricorrente, ovvero il mancato richiamo, nell’art. 4 delle I. n. 130 del 1999, del comma 5 dell’art. 58 del “TUB”, giacché, anzi, tale scelta potrebbe intendersi nel senso che la legge sulla “cartolarizzazione” ha inteso stabilire l’efficacia immediata del trasferimento (anche) delle passività al cessionario, intendendo escludere quel regime “transitorio”, in forza del quale i debitori ceduti, a loro volta titolari di crediti, “hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 [dell’art. 58], di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione”, restando, però, stabilito che, decorso tale termine, “il cessionario risponde in via esclusiva”.  D’altra parte, sebbene il codice civile – diversamente da quanto è stabilito in caso di modificazioni dal lato passivo del rapporto obbligatorio (artt. 1271 e 1272) – non detti, per la cessione del credito, una disciplina specifica quanto alle eccezioni opponibili dal debitore ceduto al cessionario, si ritiene che per 1 http://www.fanpage.it/diritto effetto di tale vicenda, cui il debitore ceduto resta estraneo, non possa in alcun modo determinarsi una modifica peggiorativa della sua posizione originaria. Difatti, il suo consenso, come noto, non è necessario ai fini dell’attuazione del trasferimento del credito (tanto che la cessione è ricostruita come negozio “bilaterale”; così già Cass. Sez. 3, sent. 6 luglio 1973, n. 1928, Rv. 365017-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 1, sent. 18 dicembre 2007, n. 26662, Rv. 600956-01), essendo, del resto, per il debitore indifferente la persona del creditore, dal momento che deve ugualmente pagare all’uno o all’altro. D’altra parte, però, per evitare che tale vicenda possa essergli di pregiudizio, si ritiene che il debitore ceduto possa “opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione od anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto” (Cass. Sez. 3, sent. 17 gennaio 2001, n. 575, Rv. 543196-01; in senso analogo Cass. Sez. 5, ord. 20 aprile 2018, n. 9842, Rv. 648359-01).  Siffatto principio, del resto, ha trovato applicazione con riguardo a quella forma di cessione “in blocco” di crediti (eventualmente, pure futuri) che è costituita dal contratto di factoring, e ciò sul rilievo che “anche dopo l’entrata in vigore della disciplina contenuta nella legge 21 febbraio 1991, n. 52”, esso resti “una convenzione atipica”, sicché la sua “disciplina, integrativa dell’autonomia negoziale, è contenuta negli artt. 1260 e seguenti del codice civile”.  Di conseguenza, si è ritenuto che “la cessione dei crediti che lo caratterizza non produce modificazioni oggettive del rapporto obbligatorio e non può pregiudicare la posizione del debitore ceduto, in quanto avviene senza o addirittura contro la sua volontà”, sicché “il debitore ceduto può opporre al «factor» cessionario le eccezioni concernenti l’esistenza e la validità del negozio da cui deriva il credito ceduto ed anche le eccezioni riguardanti l’esatto adempimento del negozio, mentre le eccezioni che riguardano fatti estintivi o modificativi del credito ceduto sono opponibili al «factor» cessionario solo se anteriori alla notizia della cessione comunicata al debitore ceduto e non ove successivi, in quanto una volta acquisita la notizia della cessione il debitore ceduto non può modificare la propria posizione nei confronti del cessionario mediante negozi giuridici posti in essere con il creditore originario” (così, da ultimo, in motivazione, Cass. Sez. 1, sent. 2 dicembre 2016, n. 24657, Rv. 641896-01).  Siffatti rilievi, nella misura in cui confermano che la cessione non possa “mai pregiudicare la posizione del debitore ceduto”, sembrerebbero confortare la conclusione che costui, così come può opporre al cessionario le eccezioni relative alla validità o esatto adempimento del negozio da cui deriva il credito ceduto, possa far valere verso il cessionario le pretese creditorie derivanti dalla (in)validità e dall'(in)esatto adempimento di quel titolo negoziale, confortando la tesi già recepita dalla prevalente giurisprudenza di merito in relazione alla questione oggetto del presente giudizio. Vale a dire, che, in presenza di una cessione effettuata ai sensi degli artt. da 1 a 4 della I. n. 130 del 1999, qualora sia domandato dal debitore ceduto “l’accertamento di un credito strumentale alla restituzione delle somme indebitamente percepite in ragione del contratto di mutuo del confronti di un soggetto che si è spogliato del credito in virtù dell’operata cessione”, deve ritenersi “insussistente la legittimazione passiva della società cedente per essere unica legittimata passiva la società cessionaria” (così, da ultimo, Trib. Catania, sent. 19 marzo 2018, cit.).  7.1.3. Questa ricostruzione, benché non risulti priva di un adeguato sostrato argomentativo, non è, tuttavia, corretta, per le ragioni di seguito indicate.  7.1.4. Deve, infatti, rilevarsi che la ricostruzione appena illustrata finisce, in definitiva, per annullare – quasi per “sublimazione” – la distinzione stessa tra cessione del credito e cessione del contratto, 2 http://www.fanpage.it/diritto conferendo a quella prevista dalla legge n. 130 del 1999 i caratteri propri della fattispecie ex art. 1411 cod. civ.  Un esito, questo, che non solo collide con la natura e la finalità dell’operazione di “cartolarizzazione” disciplinata dalla legge citata, ma che non si pone in linea con il dettato normativo da essa recato.  7.1.4.1. In relazione al primo di tali aspetti occorre qui rammentare che la legge n. 130 del 1999 ha dato vita ad una disciplina generale ed organica in materia di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, la cui realizzazione ha previsto attraverso società appositamente costituite (cd. società veicolo o “special pourpose vehicle”). Esse, in particolare, provvedono all’emissione di titoli destinati alla circolazione per finanziare l’acquisto dei crediti del cedente (cd. “originator”) e, successivamente, al recupero dei crediti acquistati e, mediante la provvista conseguita, al rimborso dei titoli emessi.  Per espressa disposizione di legge (art. 3, comma 2) i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio “patrimonio separato”, ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo e rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Tale patrimonio, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 1, lett. b), della legge è a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione. In altri termini, il flusso di liquidità che l’incasso dei crediti è in grado di generare è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell’operazione.  Ciò detto, in un simile quadro, consentire ai debitori ceduti di opporre in compensazione, al cessionario, controcrediti da essi vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall’essere noto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente), e addirittura consentire, come nella specie, la proposizione di domande riconvenzionali, significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel “patrimonio separato a destinazione vincolata” di cui si diceva, “scaricandone”, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta, invece, ed in via esclusiva, il valore del medesimo. I possessori dei titoli emessi dallo “special pourpose vehicle” possono essere, infatti, esposti solo al rischio che deriva dal fatto che i crediti cartolarizzati non siano incassati – perché non soddisfatti dai debitori, ovvero perché inesistenti o, al limite, perché già estinti anche per compensazione – ma non anche a quello (pena, altrimenti, la negazione del meccanismo della separazione come tracciato dall’art. 1, comma 1, lett. b, della legge n. 130 del 1999) che sul patrimonio alimentato dai flussi di cassa, generati dalla riscossione dei crediti cartolarizzati, possano soddisfarsi anche altri creditori. Ovvero, proprio quanto accadrebbe, nella specie, se si ammettessero, come statuito dalla sentenza impugnata, il L e lo S ad esigere il pagamento dell’importo di C 56.975,56, oggetto della condanna in via riconvenzionale, anche dalla C. Già su tali basi, dunque, deve ritenersi che i soli controcrediti oggetto di compensazione, di cui sia titolare il debitore ceduto, non possano essere che quelli – dotati degli attributi della certezza, esigibilità e liquidità – suscettibili di compensazione legale.  7.1.4.2. Tale conclusione, del resto, trova un indiretto conforto nel dettato normativo, ed esattamente nell’art. 4, comma 2, della legge n. 130 del 1999. Esso, infatti, per un verso, stabilisce che dalla “data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale o dalla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono 3 http://www.fanpage.it/diritto ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b)”, nonché, per altro verso, che “in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e í crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data”. Orbene, risulta evidente come il divieto, posto a carico del debitore ceduto, di compensazione dei crediti “sorti posteriormènte” alla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale (o alla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione), risponde a quella stessa logica, di cui dianzi si diceva, di salvaguardia del “patrimonio separato a destinazione vincolata” cui dà vita l’operazione cartolarizzazione.  7.2. L’accoglimento dei primi tre motivi di ricorso principale comporta l’assorbimento dei restanti quattro, nonché dello stesso ricorso incidentale, atteso il carattere dirimente (“recte”: pregiudiziale) del rilevato difetto di titolarità, dal lato passivo, della società C, in persona del suo procuratore, società I Per la medesima ragione, alla cassazione della sentenza impugnata segue la decisione della causa nel merito, con rigetto della proposta opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 497/05, emesso dal Tribunale di Parma, con condanna della L e dello S a corrispondere alla società C., in persona del suo procuratore, società I S.p.a., rispettivamente, la prima, la somma di C 137.763,99, nonché, 16 il secondo, quella di C 98.126,81, con interessi moratori, dalla data di emissione sino al saldo, su entrambi gli importi. 4

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