onere degli eredi produrre, nel giudizio di merito nel quale la questione della loro legittimazione venga, in concreto, a porsi, l’eventuale atto di rinuncia all’eredita’, a fronte del quale incombera’, poi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provarne la mancata inserzione nel registro delle successioni, di cui all’articolo 52 preleggi, ai fini dell’opponibilita’ di tale atto ai terzi (Cass. 2820/2005; 3346/2014).
consegue che costituisce onere degli eredi produrre, nel giudizio di merito nel quale la questione della loro legittimazione venga, in concreto, a porsi, l’eventuale atto di rinuncia all’eredita’, a fronte del quale incombera’, poi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provarne la mancata inserzione nel registro delle successioni, di cui all’articolo 52 preleggi, ai fini dell’opponibilita’ di tale atto ai terzi (Cass. 2820/2005; 3346/2014).
Il giudice di appello non avrebbe tenuto conto della rinuncia all’eredita’, effettuata dai ricorrenti con atto del 5.1.2007, nel rispetto delle formalita’ di cui all’articolo 519 c.c., e trasmessa alla CTR in data 10.7.2009. La retroattivita’ di tale rinuncia, sancita dal disposto dell’articolo 521 c.c., avrebbe comportato, invero, che gli istanti avrebbero dovuto essere considerati come mai chiamati alla successione del defunto (OMISSIS), con la conseguente impossibilita’ di assoggettare il loro patrimonio all’azione esecutiva dell’Erario per i debiti fiscali del loro dante causa.
3.2.1. Non puo’ revocarsi in dubbio, infatti, che la questione di difetto di legittimazione passiva dei chiamati all’eredita’ di (OMISSIS), per avvenuta rinuncia a tale eredita’, in quanto vertente su di uno specifico fatto impeditivo di tale legittimazione, andasse sollevata nel giudizio di rinvio (costituente il giudizio di merito successivo alla pronuncia cassata), mediante produzione dell’atto di rinuncia all’eredita’, essendosi l’evento, che aveva radicato detta legittimazione (morte del contribuente, parte originaria del processo), verificato nelle more del giudizio di cassazione e quindi, dopo l’esaurimento del precedente giudizio di appello, svoltosi ancora nei confronti del de cuius. Ebbene, qualora venga eccepita l’estraneita’ di una delle parti al rapporto giuridico dedotto in giudizio, la contestazione non attiene ad un difetto di legittimazione a contraddire, per la cui sussistenza e’ necessario e sufficiente che il difetto di titolarita’, del rapporto venga semplicemente prospettato, bensi’ alla titolarita’ effettiva ed in concreto del rapporto controverso dal lato passivo. Con la conseguenza che, a differenza del difetto di “legitimatio ad causam”, il difetto di effettiva titolarita’ passiva del rapporto non e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in cassazione, se la questione era deducibile nel giudizio di merito (cfr.. Cass. 6894/1999; 10673/2002).
3.2.2. Ne consegue che costituisce onere degli eredi produrre, nel giudizio di merito nel quale la questione della loro legittimazione venga, in concreto, a porsi, l’eventuale atto di rinuncia all’eredita’, a fronte del quale incombera’, poi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provarne la mancata inserzione nel registro delle successioni, di cui all’articolo 52 preleggi, ai fini dell’opponibilita’ di tale atto ai terzi (Cass. 2820/2005; 3346/2014).
3.2.3. Nel caso di specie, la produzione della rinuncia all’eredita’ e’ avvenuta, per contro, non essendosi gli eredi costituiti nel giudizio di rinvio, mediante la spedizione di un’irrituale memoria, con l’allegato verbale di rinuncia, pervenuta alla CTR solo in data 10.7.2009, ossia dopo l’udienza di trattazione del processo, tenutasi il 7.7.2009 (v. sentenza di appello), in violazione del termine – da ritenersi perentorio pur non essendo dichiarato tale dalla legge, in quanto diretto a tutelare il diritto di difesa della controparte ed a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice (cfr. Cass. 1771/2004; 2787/2006; 23580/2009; 655/2014; 3661/2015) – previsto dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 32, comma 1. Ne discende che la CTR – contrariamente all’assunto dei ricorrenti -non avrebbe potuto, di certo, tenere conto di tale tardiva ed irrituale produzione.
3.3. La censura non puo’, pertanto, che essere disattesa.
- Con il quarto motivo di ricorso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), denunciano la violazione dell’articolo 2697 c.c., nonche’ l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
4.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel pronuncia l’impugnata sentenza nei confronti degli istanti, qualificati dall’Ufficio come eredi di (OMISSIS), senza, peraltro, effettuare un concreto accertamento di tale qualita’, in relazione alla quale l’Amministrazione finanziaria sarebbe gravata del relativo onere probatorio. Ed invero, ad avviso dei ricorrenti, la mera delazione, che segue all’apertura della successione, non sarebbe di per se’ sufficiente all’acquisto della qualita’ di erede, che conseguirebbe solo all’accettazione espressa o tacita dell’eredita’. Nel caso di specie, l’Ufficio non avrebbe, per contro, fornito dimostrazione alcuna di tale qualita’ in capo ai presunti eredi di (OMISSIS), donde la loro estraneita’ al presente giudizio.
4.2. L’impugnata sentenza si paleserebbe, inoltre, affetta dal denunciato vizio motivazionale, atteso che – in presenza dell’evocazione in giudizio dei pretesi eredi della parte originaria – non avrebbe in alcun modo indicato le ragioni per le quali abbia ritenuto sussistente tale qualita’ e la loro conseguente legittimazione passiva nel processo.
4.3. Il motivo e’ fondato.
4.3.1. Non puo’ revocarsi in dubbio, infatti, che sulla parte istante incomba l’onere di provare la legittimazione passiva processuale dei soggetti ai quali la domanda o l’impugnazione sia stata notificata, e, dunque, la loro avvenuta assunzione della qualita’ di erede per accettazione espressa o tacita, non essendo sufficiente la mera chiamata all’eredita’, atteso che la “legitimatio ad causam” non si trasmette dal “de cuius” al chiamato per effetto della sola apertura della successione (Cass. 17295/2014). In particolare, in tema di obbligazioni tributarie, grava sull’Amministrazione finanziaria creditrice del de cuius l’onere di provare l’accettazione dell’eredita’ da parte del chiamato, per potere esigere l’adempimento dell’obbligazione del suo dante causa. Tale onere non puo’ essere assolto con la produzione della sola denuncia di successione, mentre e’ idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali e’ dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il “de cuius” che legittima alla successione ai sensi degli articoli 565 c.c. e ss. (Cass. 13738/2005), o di qualsiasi altro documento dal quale possa, con pari certezza, desumersi la sussistenza di detta qualita’.
4.3.2. Nel caso concreto, dall’esame dell’impugnata sentenza non e’ dato in alcun modo desumere in base a quali elementi – che l’Amministrazione avrebbe dovuto produrre in giudizio, essendo gravata del relativo onere, ex articolo 2697 c.c. – la CTR abbia ritenuto di individuare negli odierni ricorrenti gli eredi del defunto (OMISSIS). La decisione in questione si limita, invero, in due soli punti – nell’esposizione del fatto, laddove riferisce dell’avvenuta riassunzione del processo, ex articolo 392 c.p.c., nei confronti dei pretesi eredi della parte originaria, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e nel dispositivo, nel quale questi ultimi vengono condannati, nella predetta veste, alle spese del giudizio – ad attribuire ai ricorrenti la qualita’ di “eredi” di (OMISSIS). Nessuna indicazione e’, per contro, desumibile dalla sentenza di appello circa le fonti dalle quali l’organo giudicante abbia desunto il convincimento in ordine all’effettiva sussistenza, in capo, ai suddetti soggetti, della qualita’ in questione, legittimante la loro partecipazione al presente giudizio.
Suprema Corte di Cassazione
sezione tributaria
sentenza 24 febbraio 2016, n. 3611
onere degli eredi produrre, nel giudizio di merito nel quale la questione della loro legittimazione venga, in concreto, a porsi, l’eventuale atto di rinuncia all’eredita’, a fronte del quale incombera’, poi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provarne la mancata inserzione nel registro delle successioni, di cui all’articolo 52 preleggi, ai fini dell’opponibilita’ di tale atto ai terzi (Cass. 2820/2005; 3346/2014).REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIELLI Stefano – Presidente
Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 2364/2010 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta delega a margine;
– ricorrenti –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI SONDRIO in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– resistente con atto di costituzione –
avverso la sentenza n. 107/2009 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA, depositata il 05/08/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/04/2015 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;
udito per il resistente l’Avvocato (OMISSIS) che preso atto della rinuncia all’eredita’ chiede la compensazione delle spese di lite;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. VELARDI Maurizio che ha concluso per l’accoglimento del 3 e 4 motivo di ricorso, assorbiti altri.
RITENUTO IN FATTO
- A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Sondrio del 17.12.1996, veniva notificato a (OMISSIS) un avviso di rettifica, con il quale l’Ufficio recuperava a tassazione la maggiore IVA dovuta per l’anno di imposta 1991.
- L’atto veniva impugnato dal contribuente dinanzi alla CTP di Sondrio, che accoglieva il ricorso.
- L’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva, altresi’, disatteso dalla CTR della Lombardia con sentenza n. 80/2000, impugnata dall’Amministrazione finanziaria con ricorso per cassazione, accolto da questa Corte con sentenza n. 6346/2008, depositata il 10.3.2008, con la quale la decisione di appello suindicata veniva cassata con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia.
- Il giudizio era, quindi, riassunto dall’Ufficio nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), eredi di (OMISSIS), deceduto in data (OMISSIS). La CTR – con sentenza n. 107/1/2009, depositata il 5.8.2009 – accoglieva l’appello dell’Amministrazione finanziaria, ritenendo fondata e comprovata la pretesa azionata nei confronti del contribuente.
- Per la cassazione della sentenza n. 107/1/2009 hanno proposto, quindi, ricorso (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto attivita’ difensiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
- Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano la violazione degli articoli 100 e 300 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
1.1. L’atto di riassunzione dell’originario processo, notificato nei loro confronti dall’Amministrazione finanziaria, sarebbe, invero, affetto da nullita’, per non essere stato il giudizio preventivamente interrotto per il decesso del loro dante causa, (OMISSIS), in violazione delle norme suindicate. Con la conseguenza che – a parere dei ricorrenti – non risulterebbe validamente costituito alcun rapporto processuale nei loro confronti.
1.2. Il motivo e’ infondato.
1.2.1. Il dante causa degli odierni ricorrenti, infatti, – come si evince dagli atti del presente giudizio e dall’impugnata sentenza – e’ deceduto in data 3.12.2006, ossia dopo l’emissione della decisione di appello, depositata il 5.5.2000 ed impugnata con ricorso per cassazione dall’Ufficio.
1.2.2. Orbene, nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli articoli 299 c.p.c. e ss., onde, una volta instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso, la morte dell’intimato non produce l’interruzione del processo neppure nel caso in cui sia intervenuta prima della notifica del ricorso presso il difensore costituito nel giudizio di merito (Cass. 1257/2006; S.U. 14385/2007; 22624/2011; 8685/2012; 3323/2014). Tale irrilevanza dell’evento interruttivo sussiste, pertanto, a fortiori nel caso concreto, nel quale non risulta dagli atti di causa neppure che dalla relata di notifica del ricorso per cassazione fosse emerso il decesso dell’intimato; sicche’ deve ritenersi che il giudizio di legittimita’ fosse stato addirittura gia’ incardinato al momento della morte del contribuente.
1.2.3. Il processo e’ stato, quindi, correttamente riassunto dall’Ufficio finanziario nei confronti degli eredi della parte originaria, ai sensi dell’articolo 392 c.p.c., ossia a seguito della cassazione della decisione di appello con rinvio, e non in forza del combinato disposto degli articoli 110 e 300 c.p.c..
1.3. Il motivo in esame va, di conseguenza, disatteso.
- Con il secondo motivo di ricorso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano la violazione dell’articolo 303 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. L’atto di riassunzione del processo sarebbe, comunque, nullo – ad avviso dei ricorrenti – poiche’ non conterrebbe l’esposizione, sia pure sintetica, delle ragioni addotte dall’Amministrazione finanziaria a sostegno dell’appello proposto avverso la decisione di prime cure. Tale carenza avrebbe, pertanto, impedito agli eredi della parte originaria, in precedenza estranei alla controversia, di avere piena contezza dei termini della vicenda processuale, impedendo una valida instaurazione del contraddittorio nei loro confronti.
2.2. Il motivo e’ inammissibile.
2.2.1. Il ricorrente che denunci la violazione o falsa applicazione di norme di diritto non puo’, invero, limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare – ai fini del rispetto del principio di autosufficienza – gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operativita’ di detta violazione (cfr. Cass. 6972/2005; 4840/2006; 9076/2006).
2.2.2. Nel caso concreto, i ricorrenti denunciano la violazione dell’articolo 303 c.p.c., poiche’ l’atto di riassunzione non conterrebbe l’esposizione dei fatti rilevanti della causa, delle domande proposte in primo grado dal dante causa dei ricorrenti, del contenuto delle pronunce emesse. E tuttavia, di tale atto non sono strati trascritti neppure i passi salienti, necessari per consentire alla Corte di delibare il fondamento della censura proposta, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso.
2.3. Il mezzo in esame non puo’, pertanto, trovare accoglimento.
- Con il terzo motivo di ricorso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) denunciano la violazione degli articoli 519 e 521 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
3.1. Il giudice di appello non avrebbe tenuto conto della rinuncia all’eredita’, effettuata dai ricorrenti con atto del 5.1.2007, nel rispetto delle formalita’ di cui all’articolo 519 c.c., e trasmessa alla CTR in data 10.7.2009. La retroattivita’ di tale rinuncia, sancita dal disposto dell’articolo 521 c.c., avrebbe comportato, invero, che gli istanti avrebbero dovuto essere considerati come mai chiamati alla successione del defunto (OMISSIS), con la conseguente impossibilita’ di assoggettare il loro patrimonio all’azione esecutiva dell’Erario per i debiti fiscali del loro dante causa.
3.2. Il motivo e’ infondato.
3.2.1. Non puo’ revocarsi in dubbio, infatti, che la questione di difetto di legittimazione passiva dei chiamati all’eredita’ di (OMISSIS), per avvenuta rinuncia a tale eredita’, in quanto vertente su di uno specifico fatto impeditivo di tale legittimazione, andasse sollevata nel giudizio di rinvio (costituente il giudizio di merito successivo alla pronuncia cassata), mediante produzione dell’atto di rinuncia all’eredita’, essendosi l’evento, che aveva radicato detta legittimazione (morte del contribuente, parte originaria del processo), verificato nelle more del giudizio di cassazione e quindi, dopo l’esaurimento del precedente giudizio di appello, svoltosi ancora nei confronti del de cuius. Ebbene, qualora venga eccepita l’estraneita’ di una delle parti al rapporto giuridico dedotto in giudizio, la contestazione non attiene ad un difetto di legittimazione a contraddire, per la cui sussistenza e’ necessario e sufficiente che il difetto di titolarita’, del rapporto venga semplicemente prospettato, bensi’ alla titolarita’ effettiva ed in concreto del rapporto controverso dal lato passivo. Con la conseguenza che, a differenza del difetto di “legitimatio ad causam”, il difetto di effettiva titolarita’ passiva del rapporto non e’ rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, anche in cassazione, se la questione era deducibile nel giudizio di merito (cfr.. Cass. 6894/1999; 10673/2002).
3.2.2. Ne consegue che costituisce onere degli eredi produrre, nel giudizio di merito nel quale la questione della loro legittimazione venga, in concreto, a porsi, l’eventuale atto di rinuncia all’eredita’, a fronte del quale incombera’, poi, sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provarne la mancata inserzione nel registro delle successioni, di cui all’articolo 52 preleggi, ai fini dell’opponibilita’ di tale atto ai terzi (Cass. 2820/2005; 3346/2014).
3.2.3. Nel caso di specie, la produzione della rinuncia all’eredita’ e’ avvenuta, per contro, non essendosi gli eredi costituiti nel giudizio di rinvio, mediante la spedizione di un’irrituale memoria, con l’allegato verbale di rinuncia, pervenuta alla CTR solo in data 10.7.2009, ossia dopo l’udienza di trattazione del processo, tenutasi il 7.7.2009 (v. sentenza di appello), in violazione del termine – da ritenersi perentorio pur non essendo dichiarato tale dalla legge, in quanto diretto a tutelare il diritto di difesa della controparte ed a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice (cfr. Cass. 1771/2004; 2787/2006; 23580/2009; 655/2014; 3661/2015) – previsto dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 32, comma 1. Ne discende che la CTR – contrariamente all’assunto dei ricorrenti -non avrebbe potuto, di certo, tenere conto di tale tardiva ed irrituale produzione.
3.3. La censura non puo’, pertanto, che essere disattesa.
- Con il quarto motivo di ricorso, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), denunciano la violazione dell’articolo 2697 c.c., nonche’ l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
4.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel pronuncia l’impugnata sentenza nei confronti degli istanti, qualificati dall’Ufficio come eredi di (OMISSIS), senza, peraltro, effettuare un concreto accertamento di tale qualita’, in relazione alla quale l’Amministrazione finanziaria sarebbe gravata del relativo onere probatorio. Ed invero, ad avviso dei ricorrenti, la mera delazione, che segue all’apertura della successione, non sarebbe di per se’ sufficiente all’acquisto della qualita’ di erede, che conseguirebbe solo all’accettazione espressa o tacita dell’eredita’. Nel caso di specie, l’Ufficio non avrebbe, per contro, fornito dimostrazione alcuna di tale qualita’ in capo ai presunti eredi di (OMISSIS), donde la loro estraneita’ al presente giudizio.
4.2. L’impugnata sentenza si paleserebbe, inoltre, affetta dal denunciato vizio motivazionale, atteso che – in presenza dell’evocazione in giudizio dei pretesi eredi della parte originaria – non avrebbe in alcun modo indicato le ragioni per le quali abbia ritenuto sussistente tale qualita’ e la loro conseguente legittimazione passiva nel processo.
4.3. Il motivo e’ fondato.
4.3.1. Non puo’ revocarsi in dubbio, infatti, che sulla parte istante incomba l’onere di provare la legittimazione passiva processuale dei soggetti ai quali la domanda o l’impugnazione sia stata notificata, e, dunque, la loro avvenuta assunzione della qualita’ di erede per accettazione espressa o tacita, non essendo sufficiente la mera chiamata all’eredita’, atteso che la “legitimatio ad causam” non si trasmette dal “de cuius” al chiamato per effetto della sola apertura della successione (Cass. 17295/2014). In particolare, in tema di obbligazioni tributarie, grava sull’Amministrazione finanziaria creditrice del de cuius l’onere di provare l’accettazione dell’eredita’ da parte del chiamato, per potere esigere l’adempimento dell’obbligazione del suo dante causa. Tale onere non puo’ essere assolto con la produzione della sola denuncia di successione, mentre e’ idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali e’ dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il “de cuius” che legittima alla successione ai sensi degli articoli 565 c.c. e ss. (Cass. 13738/2005), o di qualsiasi altro documento dal quale possa, con pari certezza, desumersi la sussistenza di detta qualita’.
4.3.2. Nel caso concreto, dall’esame dell’impugnata sentenza non e’ dato in alcun modo desumere in base a quali elementi – che l’Amministrazione avrebbe dovuto produrre in giudizio, essendo gravata del relativo onere, ex articolo 2697 c.c. – la CTR abbia ritenuto di individuare negli odierni ricorrenti gli eredi del defunto (OMISSIS). La decisione in questione si limita, invero, in due soli punti – nell’esposizione del fatto, laddove riferisce dell’avvenuta riassunzione del processo, ex articolo 392 c.p.c., nei confronti dei pretesi eredi della parte originaria, (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), e nel dispositivo, nel quale questi ultimi vengono condannati, nella predetta veste, alle spese del giudizio – ad attribuire ai ricorrenti la qualita’ di “eredi” di (OMISSIS). Nessuna indicazione e’, per contro, desumibile dalla sentenza di appello circa le fonti dalle quali l’organo giudicante abbia desunto il convincimento in ordine all’effettiva sussistenza, in capo, ai suddetti soggetti, della qualita’ in questione, legittimante la loro partecipazione al presente giudizio.
4.4. La censura va, pertanto, accolta.
- L’accoglimento del quarto motivo di ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza, con rinvio ad altra sezione della CTR della Lombardia, che dovra’ procedere a nuovo esame del merito della controversia, motivando adeguatamente in ordine alla questione suindicata. Il giudice di rinvio si atterra’, inoltre, al seguente principio di diritto: “in tema di obbligazioni tributarie, grava sull’Amministrazione finanziaria creditrice del de cuius l’onere di provare l’accettazione dell’eredita’ da parte dei chiamati, per potere esigere l’adempimento dell’obbligazione del loro dante causa; tale onere non puo’ essere assolto con la produzione della sola denuncia di successione, mentre e’ idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali e’ dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il de cuius che legittima alla successione ai sensi degli articoli 565 c.c. e ss., o di qualsiasi altro documento dal quale possa, con pari certezza, desumersi la sussistenza di detta qualita’”.
- Il medesimo giudice provvedera’, infine, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il terzo e dichiara inammissibile il secondo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.