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EREDE ART 460 CODICE CIVILE POTERI PRIMA DI ACCETTAZIONE

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EREDE ART 460 CODICE CIVILE POTERI PRIMA DI ACCETTAZIONE

bologna 3

ART 460 CODICE CIVILE POTERI PRIMA DI ACCETTAZIONE AVVOCATO ESPERTO SOLUZIONI CAUSE EREDITARIE COMPLESSE ACCORDI TRA EREDI BOLOGNA VICENZA RAVENNA IMOLA LUGO FAENZA RIMINI FORLI CESENA TREVISO PADOVA VERONA

L’articolo 460 del Codice Civile italiano riguarda i poteri dell’erede prima dell’accettazione dell’eredità. Ecco il testo dell’articolo:


Art. 460 – Poteri del chiamato prima dell’accettazione

Il chiamato all’eredità può esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari e compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o che comportano notevoli spese di conservazione. Gli atti diversi da quelli previsti sono considerati accettazione tacita dell’eredità.


Spiegazione dell’articolo

  1. Azioni possessorie: Il chiamato all’eredità ha il diritto di esercitare azioni per proteggere il possesso dei beni ereditari.
  2. Atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea: Prima di accettare l’eredità, il chiamato può compiere atti necessari per conservare e gestire temporaneamente i beni ereditari.
  3. Autorizzazione a vendere beni: Se ci sono beni che non possono essere conservati o che richiedono spese significative per la loro conservazione, il chiamato può chiedere l’autorizzazione al giudice per venderli.
  4. Accettazione tacita: Se il chiamato compie atti diversi da quelli indicati (conservativi, di vigilanza, amministrazione temporanea), tali atti possono essere considerati come un’accettazione tacita dell’eredità.

Implicazioni pratiche

L’articolo 460 del Codice Civile italiano garantisce che il chiamato all’eredità possa proteggere e gestire i beni ereditari in modo limitato e temporaneo senza essere considerato automaticamente come erede accettante. Tuttavia, è importante che il chiamato non ecceda questi poteri, poiché altrimenti potrebbe essere considerato come aver accettato tacitamente l’eredità, con tutte le responsabilità che ciò comporta.

Il testamento assume il titolo primario e assorbente poichè espressione massima della volontà del de cuius, tuttavia, il riferimento nella norma del “chiamato all’eredità” indica sia il delato che colui il quale è chiamato all’accettazione e non vi abbia ancora provveduto.

ART 612 BIS STRALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874
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Tra le facoltà riconosciute al chiamato, vi è anche il disporre atti conservativi: dal momento che questi ha l’interesse di tutelare la propria posizione e non quella altrui, non gli spetterà alcun compenso se non quello dovuto a titolo di rimborso per le spese di amministrazione.

Il chiamato all’eredità(1) può(2) esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari, senza bisogno di materiale apprensione(3).

Egli inoltre può(2) compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione temporanea, e può farsi autorizzare dall’autorità giudiziaria a vendere i beni che non si possono conservare o la cui conservazione importa grave dispendio.

Non può il chiamato compiere gli atti indicati nei commi precedenti, quando si è provveduto alla nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’articolo 528.

ART 461 COD CIV

Se il chiamato rinunzia all’eredità [519 e ss. c.c.], le spese sostenute per gli atti indicati dall’articolo precedente sono a carico dell’eredità [511, 712 c.c.].

Per aversi accettazione tacita di eredità non basta che un atto sia compiuto dal chiamato all’eredità con l’implicita volontà di accettarla, ma è altresì necessario che si tratti di atto che egli non avrebbe diritto di porre in essere, se non nella qualità di erede. Pertanto, poiché il pagamento di un debito del “de cuius”, che il chiamato all’eredita effettui con danaro proprio, non è un atto dispositivo e, comunque, suscettibile di menomare la consistenza dell’asse ereditario – tale, cioè, che solo l’erede abbia diritto a compiere – ne consegue che rispetto ad esso difetta il secondo dei suddetti requisiti, richiesti in via cumulativa e non disgiuntiva per l’accettazione tacita. (Nella specie, la S.C. ha escluso che il pagamento, ad opera di uno dei chiamati all’eredità, di una sanzione pecuniaria elevata nei confronti del “de cuius”, per contravvenzione al codice della strada, potesse intendersi alla stregua di un atto di accettazione tacita, trattandosi di atto meramente conservativo e comunque compatibile, in tesi, con un’ipotesi di adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.). (Cassa con rinvio, TRIBUNALE ROMA, 25/05/2016).

L’atto di accettazione dell’eredità, in applicazione del principio “semel heres semper heres”, è irrevocabile e comporta in maniera definitiva l’acquisto della qualità di erede, la quale permane, non solo qualora l’accettante intenda revocare l’atto di accettazione in precedenza posto in essere, ma anche nell’ipotesi in cui questi compia un successivo atto di rinuncia all’eredità. La regola della retroattività della rinuncia deve, infatti, essere riferita alla sola ipotesi in cui nelle more tra l’apertura della successione e la data della rinuncia il chiamato non abbia ancora posto in essere atti idonei ad accettare l’eredità, e non anche al diverso caso in cui nelle more sia intervenuta l’accettazione dell’eredità.

Poiché l’accettazione tacita dell’eredità può desumersi dall’esplicazione di un’attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, “id est” con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l’eredità, essa può legittimamente reputarsi implicita nell’esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che – essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari – non rientrino negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall’art. 460 c.c., ma travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto quale esistente al momento dell’apertura della successione, e che, quindi, il chiamato non avrebbe diritto di proporle se non presupponendo di voler far propri i diritti successori.

Nel caso di azione proposta da un soggetto che si qualifichi erede del “de cuius” in virtù di un determinato rapporto parentale o di coniugio, la produzione del certificato dello stato di famiglia è idonea a dimostrare l’allegata relazione familiare e, dunque, la qualità di soggetto che deve ritenersi chiamato all’eredità, ma non anche la qualità di erede, posto che essa deriva dall’accettazione espressa o tacita, non evincibile dal certificato; tuttavia, tale produzione, unitamente alla allegazione della qualità di erede, costituisce una presunzione “iuris tantum” dell’intervenuta accettazione tacita dell’eredità, atteso che l’esercizio dell’azione giudiziale da parte di un soggetto che si deve considerare chiamato all’eredità, e che si proclami erede, va considerato come atto espressivo di siffatta accettazione e, quindi, idoneo a considerare dimostrata la qualità di erede.

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