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DIVISIONE EREDITARIA EREDI BOLOGNA

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Come si divide la comunione

  • Le tipologie di divisione: la divisione testamentaria, contrattuale e giudiziale
  • Le divisioni : problematiche connesse
  • Gli immobili “non comodamente divisibili”: criteri per il diritto all’assegnazione

Le modalità di divisione: il principio cardine di cui art. 727 c.c. e sua derogabilitàSalvo quanto è disposto dagli articoli 720 e 722, le porzioni devono essere formate, previa stima dei beni, comprendendo una quantità di mobili, immobili e crediti di eguale natura e qualità, in proporzione dell’entità di ciascuna quota [1114 c.c.]

Si deve tuttavia evitare, per quanto è possibile, il frazionamento delle biblioteche, gallerie e collezioni che hanno una importanza storica, scientifica o artistica [816 c.c.].

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  • Le obbligazioni derivanti dalla divisione
  • Il nuovo art 791 bis c.p.c. introdotto con il D.L. “Del Fare”:

Il giudizio di divisione ereditaria e le accortezze processuali da adottare

  • Le domande di divisione ereditaria: redazione dell’atto introduttivo

  • La fase probatoria e gli oneri di parte attrice

  • La pronuncia del Giudice sulla domanda di divisione

  • La vendita di mobili e di immobili

  • Progetto di divisione e relative contestazioni: problematiche

  • Ordinanza di esecutività: presupposti e impugnabilità Il principio stabilito dall’art. 727 c.c. in virtù del quale, nello scioglimento della comunione, il giudice deve formare lotti comprensivi di eguali quantità di beni mobili, immobili e crediti, non ha natura assoluta e vincolante, ma costituisce un mero criterio di massima; ne consegue che resta in facoltà del giudice della divisione predisporre i detti lotti anche in maniera diversa, ove ritenga che l’interesse dei condividenti sia meglio soddisfatto attraverso l’attribuzione di un intero immobile, piuttosto che con il suo frazionamento, e che il relativo giudizio è incensurabile in cassazione se adeguatamente motivato.
  • In tema di divisione giudiziale, le spese occorrenti per sopperire alla vetustà degli elementi strutturali di alcuni dei beni da dividere vanno calcolate nella stima della porzione che li comprende, ai fini della tutela del diritto dei condividenti all’uguaglianza qualitativa delle distinte quote, e non poste a carico della massa, non trattandosi di spese necessarie allo svolgimento del giudizio nel comune interesse.
  • Il contenuto del diritto dei condividendi ad una porzione di beni immobili comuni, qualitativamente omogenea all’intero, consiste nella proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere, contrapposti agli altri generi patrimoniali (mobili e crediti) e non in un frazionamento quotistico delle singole entità immobiliari (fabbricati, terreni, ecc.) comprese nella massa da dividere. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la decisione con cui il giudice di merito aveva ritenuto che taluni dei beni immobili oggetto di comunione potessero essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, sebbene aventi caratteristiche diverse, invece ad altra quota, reputando irrilevante che soltanto alcuni fossero produttivi di reddito, in quanto idonei alla locazione, stimando comunque omogenee tra loro le quote quanto al valore dei singoli cespiti, come attestato dall’esiguità dei conguagli, in relazione al valore dell’intero asse).
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  • In tema di divisione ereditaria o di cose in comunione, non è necessario formare delle porzioni assolutamente omogenee, poiché il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni compresi nelle categorie degli immobili, dei mobili e dei crediti in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla medesima categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni rientranti nelle suddette tre categorie, dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti. Pertanto, qualora nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, spetta al giudice del merito accertare se il diritto della parte sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure per mezzo dell’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio.
  • In tema di divisione, il principio della omogeneità delle porzioni, dettato dall’art. 727 cod. civ. ed applicabile anche alle comunioni ordinarie ex art. 1116 cod. civ., postula che la comunione abbia ad oggetto una pluralità di beni di diversa qualità, essendo diretto ad attuare il diritto dei condividenti a conseguire una frazione di valore proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sull’unica massa da dividere, sicché esso non è applicabile alla comunione avente ad oggetto un unico immobile.
  • I crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si ripartiscono tra i coeredi in modo automatico in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, essendo la regola della ripartizione automatica dell’art. 752 c.c. prevista solo per i debiti, mentre la diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente art. 727, il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano pate della comunione, nonché dal successivo art. 757, il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l’unico credito succede nel credito al momento dell’apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall’art. 760, che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione; né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il de cuius ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale. Conseguentemente, ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.
  • La norma di cui all’art. 727, comma primo, c.c. secondo la quale in sede di divisione le quote da assegnare ai condividenti devono comprendere una quantità di beni di uguale natura e qualità in proporzione all’entità di ciascuna quota, non stabilisce principi inderogabili, ma segna solo un indirizzo di massima dal quale il giudice può discostarsi non solo nelle ipotesi espressamente previste, (artt. 710 e 722 c.c.), ma anche quando la rigorosa applicazione della stessa verrebbe a risolversi in un pregiudizio del diritto dei condividenti di conseguire una porzione di valori proporzionalmente corrispondente a quella spettante singolarmente sulla massa, come potrebbe verificarsi specialmente nell’ipotesi di disuguaglianza delle quote.

    Nella divisione ereditaria non si richiede necessariamente in sede di formazione delle porzioni una assoluta omogeneità delle stesse, ben potendo nell’ambito di ciascuna categoria di beni immobili, mobili e crediti da dividere, taluni di essi essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, sempre per l’intero, ad altra quota, salvi i necessari conguagli, giacché il diritto dei condividenti ad una porzione in natura di ciascuna delle categorie di beni in comunione non consiste nella realizzazione di un frazionamento quotistico delle singole entità appartenenti alla stessa categoria, ma nella proporzionale divisione dei beni compresi nelle tre categorie degli immobili, mobili e crediti dovendo evitarsi un eccessivo frazionamento dei cespiti in comunione che comporti pregiudizi al diritto preminente dei coeredi e dei condividenti in genere di ottenere in sede di divisione una porzione di valore proporzionalmente corrispondente a quello della massa ereditaria, o comunque del complesso da dividere. Pertanto, nell’ipotesi in cui nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, il giudice del merito deve accertare se l’anzidetto diritto del condividente sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio.
  • costituisce principio tradizionalmente ribadito quello secondo cui (cfr. Cass. n. 2331/1985) quando i beni in godimento comune provengono da titoli diversi, non si realizza un’unica comunione, ma tante comunioni quante sono i titoli di provenienza dei beni, corrispondendo, quindi, alla pluralità di titoli una pluralità di masse, ciascuna delle quali costituisce un’entità patrimoniale a sè stante. Pertanto, in caso di divisione del complesso, si hanno, in sostanza, tante divisioni, ciascuna relativa ad una massa e nella quale ogni condividente fa valere i propri diritti indipendentemente da quelli che gli competono sulle altre masse. Nell’ambito di ciascuna massa, inoltre, debbono trovare soluzione i problemi particolari relativi alla formazione dei lotti ed alla comoda divisione dei beni immobili che vi sono inclusi (conf Cass. n. 3014/1981; Cass. n. 339/1967). È pur vero però che (Cass. n. 339/1967) anche in tale ipotesi è legittimo, come appunto anche ritenuto dalla Corte di merito, il cumulo in un unico processo delle domande di divisione delle distinte masse, ma sempre che sia rispettato il principio dell’autonomia delle operazioni divisionali. Infine, va ricordato che (cfr. Cass. n. 5798/1992) nel caso di divisioni di beni in godimento comune proveniente da titoli diversi e, perciò, appartenenti a distinte comunioni, è possibile procedere ad una sola divisione, piuttosto che a tante divisioni per quante sono le masse, solo se tutte le parti vi consentano con un atto che, risolvendosi nel conferimento delle singole comunioni in una comunione unica, non può risultare da manifestazione tacita di volontà o dal mero comportamento negativo di chi non si oppone alla domanda giudiziale di divisione unica di tutti i beni delle diverse masse, ma deve materializzarsi in un negozio specifico che, se ha per oggetto beni immobili, deve rivestire la forma scritta “ad substantiam”, perché rientrante tra quelli previsti dall’art. 1350 cod. civ.; conseguentemente, in mancanza di un siffatto negozio, il comportamento tenuto dalla parte che non si è opposta alla domanda di divisione unica nel giudizio di primo grado non impedisce a quest’ultima di proporre appello per denunciare la sentenza che ha accolto tale domanda (conf. Cass. n. 314/2009; Cass. n. 3029/2009; Cass. n. 25756/2018). Attesa l’assenza nella fattispecie di un consenso dei condividenti espresso nelle forme richieste, occorreva quindi procedere all’autonoma formazione delle masse ed alla loro divisione secondo autonome operazioni divisionali.
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