AVVOCATO ESPERTO SUCCESSIONI BOLOGNA PERUGIA ROMA SEDE BOLOGNA
chi agisca per un accertamento negativo del diritto altrui dev’essere titolare di un interesse attuale e concreto che il giudice deve accertare anche d’ufficio… un tale interesse sussiste, infatti, soltanto quando l’azione di accertamento miri a far conseguire un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva” (Cass. Civ. n. 16162/2015
- Si rileva il difetto di legittimazione passiva dell’Avv. F.M., convenuto in giudizio in virtù della qualità di esecutore testamentario nominato dalla de cuius , estraneo ai rapporti dedotti , che peraltro non risultava, all’epoca dell’introduzione della causa , avere accettato la nomina.
- Ritiene il tribunale che la domanda non è supportata dall’interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., non essendo concreta ed attuale le paventata lesione.
- La Cassazione si è più volte espressa nella materia affermando il principio secondo cui “anche chi agisca per un accertamento negativo del diritto altrui dev’essere titolare di un interesse attuale e concreto che il giudice deve accertare anche d’ufficio… un tale interesse sussiste, infatti, soltanto quando l’azione di accertamento miri a far conseguire un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva” (Cass. Civ. n. 16162/2015
- Non è seriamente contestabile il principio secondo cui anche chi agisca per un accertamento negativo del diritto altrui dev’essere titolare di un interesse attuale e concreto che il giudice deve accertare anche d’ufficio. E poichè, nel caso in esame, è stato accertato che le dichiarazioni della testatrice non valgono di per sé ad attribuire alla L. ed al marito la qualità di debitori dell’eredità, né risulta che gli eredi evocati mai abbiano preteso le somme richiamate dalla madre nel testamento, né che abbiano introdotto il giudizio di divisione in seno al quale ricostruire il patrimonio ereditario, compresi i crediti, si ritiene non sussistere l’interesse ad agire, che manca dei requisiti dell’ attualità e concretezza; né chi chieda l’accertamento negativo di un diritto altrui è per ciò solo legittimato ad agire in giudizio, a prescindere dall’indagine sulla titolarità in capo allo stesso attore di un interesse attuale e concreto che sussiste, infatti, soltanto quando l’azione di accertamento miri a far conseguire un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa (cfr tra le tante Cass. n. 13556/2008, n. 6859/1993 Cassazione civile sez. I – 30/07/2015, n. 16162).
- Ribadito che il testamento non è atto recettizio, che le dichiarazioni della defunta non conferiscono certezza al credito, l’interesse all’accertamento può sorgere dal momento di una specifica e concreta richiesta stragiudiziale o per effetto di atti di esercizio del diritto , in questo caso non riscontrati, di restituzione delle somme menzionate dalla defunta, altrimenti non sussistendo le condizioni di attualità e concretezza dell’interesse ad accertare l’inesistenza di un credito mai effettivamente preteso, dal momento che le dichiarazioni rese dal de cuius nel proprio testamento non hanno l’attitudine a fondare l’altrui pretesa. In particolare i convenuti mai hanno richiesto agli attori le somme che la defunta ha scritto di avere prestato di importo pari ad Euro 436.000.00 e mai restituite
Tribunale Roma, sez. VIII, sentenza 3 febbraio 2023, n. 1873 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA OTTAVA SEZIONE CIVILE Il Tribunale, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa Maria Luparelli, ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al nr. 13846/2018 ruolo affari contenziosi civile e promossa da I.L. e G.S. rappresentati e difesi dall’Avv. Marco Cardinali – attori – contro S.L., rappresentato e difeso dall’ Avv. F.M. – convenuto – e F.M., personalmente rappresentato e difeso – convenuto – e G.L., R.L., R.M., G.T. -convenute contumaci – Svolgimento del processo – Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato I.L. e G.S. convenivano in giudizio S.L., F.M., G.L., R.L., R.M. e G.T. dinanzi all’intestato Tribunale, al fine di sentire accertare e dichiarare, in via principale, l’inesistenza, ovvero, in via subordinata, la prescrizione delle pretese creditorie riportate nella scheda testamentaria redatta in data 25.02.2016 dalla de cuius C.U., resa pubblica il 30.05.2016 per atto del Notaio C.C. Rep. (…) registrato a Roma il 1.06.2016 al n. 13257 serie 1T, e precisamente del credito di Euro 436.000,00 asseritamente vantato dalla testatrice nei confronti di entrambi gli attori, nonché, nei confronti della sola I.L. del credito di Euro 70.000,00, oltre che dell’obbligo di restituzione di alcuni gioielli. Si costituivano in giudizio S.L. e F.M., nella qualità rispettivamente di erede, l’uno, ed esecutore testamentario, l’altro, chiedendo, in via preliminare, di accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva dell’Avv. F.M. e la carenza di legittimazione attiva di G.S., di dichiarare improcedibile l’azione per mancato esperimento della mediazione obbligatoria in materia successoria, e, nel merito, di accertare e dichiarare la nullità dell’azione ex adverso proposta per violazione dell’art. 606 c.c., poiché esperita nei confronti di soggetti estranei alle dichiarazioni di credito, formulata in maniera indeterminata, chiedendo il rigetto della domanda. S.L. chiedeva, inoltre, in via riconvenzionale, che accertata l’indebita appropriazione da parte di I.L. della somma di Euro 130.000,00, venisse pronunciata la condanna della predetta alla restituzione, con interessi ex art. 1284 c.c. e/o legali, oltre al risarcimento dei danni derivati dalla mancata restituzione delle somme e per lite temeraria. I convenuti G.L., R.L. e R.M., e dopo la rinnovazione della citazione, G.T. non si costituivano in giudizio e ne veniva dichiarata la contumacia; concessi i termini ex art. 183, VI comma, c.p.c., rigettate le istanze istruttorie, precisate le conclusioni all’udienza del 20 ottobre 2022, il Giudice tratteneva la causa in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c.. Preliminarmente si rileva l’inammissibilità della domanda attorea, formulata per la prima volta in sede di memoria ex art. 183, VI comma, n. 1 c.p.c., volta all’ annullamento delle dichiarazioni relative ai contestati crediti dalla scheda testamentaria, integrando la domanda un’ipotesi di mutatio libelli, rispetto a quella formulata in citazione, circoscritta all’accertamento negativo dei crediti menzionati dalla testatrice nell’atto di ultima volontà. Hanno rappresentato gli attori che in data 15.05.2016 decedeva C.U., madre di tre figli , I.L., odierna attrice, S.L., odierno convenuto e M.L., premorto in data 20.03.2003, che lasciava a se superstiti i figli G.L., R.L., i minori M.L. e B.L., sottoposti alla potestà genitoriale di G.T., e la seconda moglie, R.M., la quale disponeva delle sue sostanze con testamento olografo pubblicato il 30.05.2016, per atto del Notaio C.C. Rep. (…) registrato a Roma, il 1.06.2016 al n. 13257 serie 1T. Nel testamento C.U. dichiarava di avere prestato alla figlia I.L. ed a suo marito G.S. la somma di Euro 258.000,00 nell’anno 2003, per l’acquisto del Bar Tabacchi in Via Igea n. 7, e la somma di Euro 178.000,00, nell’anno 2008, per l’acquisto delle mura della stessa attività, con la promessa di restituzione; dichiarava, inoltre, che nell’anno 2016 l’attrice le aveva sottratto dalla cassaforte la somma di Euro 70.000,00, oltre a diversi gioielli in essa custoditi. Come premesso gli attori hanno agito per ottenere una pronuncia di accertamento negativo delle pretese creditorie avanzate nei loro confronti dalla de cuius nel proprio testamento olografo, delle quali hanno eccepito la prescrizione. Sussiste la legittimazione ad agire in capo ad entrambi gli attori, destinatari delle dichiarazioni rese nella scheda testamentaria e vertendo il giudizio non sulla validità o autenticità del testamento, ma sull’accertamento dell’insussistenza del credito vantato dalla defunta. Con riguardo alla portata delle dichiarazioni, si rileva che il testamento non è un atto recettizio ai sensi dell’art. 1334 c.c., bensì un atto unilaterale, le cui dichiarazioni sono inidonee a produrre effetti immediati nella sfera dei destinatari e sul piano probatorio equivalgono ad una dichiarazione resa da un terzo; si osserva altresì che l’ inesistenza di un bene legato come la nullità della singola disposizione testamentaria non inficia l’intera scheda testamentaria, con la conseguenza che la contestazione del contenuto delle dichiarazioni rese nella scheda testamentaria non introduce la necessità di un’azione di impugnazione testamentaria. Si rileva il difetto di legittimazione passiva dell’Avv. F.M., convenuto in giudizio in virtù della qualità di esecutore testamentario nominato dalla de cuius , estraneo ai rapporti dedotti , che peraltro non risultava, all’epoca dell’introduzione della causa , avere accettato la nomina. Ritiene il tribunale che la domanda non è supportata dall’interesse ad agire, ai sensi dell’art. 100 c.p.c., non essendo concreta ed attuale le paventata lesione. La Cassazione si è più volte espressa nella materia affermando il principio secondo cui “anche chi agisca per un accertamento negativo del diritto altrui dev’essere titolare di un interesse attuale e concreto che il giudice deve accertare anche d’ufficio… un tale interesse sussiste, infatti, soltanto quando l’azione di accertamento miri a far conseguire un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva” (Cass. Civ. n. 16162/2015). Non è seriamente contestabile il principio secondo cui anche chi agisca per un accertamento negativo del diritto altrui dev’essere titolare di un interesse attuale e concreto che il giudice deve accertare anche d’ufficio. E poichè, nel caso in esame, è stato accertato che le dichiarazioni della testatrice non valgono di per sé ad attribuire alla L. ed al marito la qualità di debitori dell’eredità, né risulta che gli eredi evocati mai abbiano preteso le somme richiamate dalla madre nel testamento, né che abbiano introdotto il giudizio di divisione in seno al quale ricostruire il patrimonio ereditario, compresi i crediti, si ritiene non sussistere l’interesse ad agire, che manca dei requisiti dell’ attualità e concretezza; né chi chieda l’accertamento negativo di un diritto altrui è per ciò solo legittimato ad agire in giudizio, a prescindere dall’indagine sulla titolarità in capo allo stesso attore di un interesse attuale e concreto che sussiste, infatti, soltanto quando l’azione di accertamento miri a far conseguire un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa (cfr tra le tante Cass. n. 13556/2008, n. 6859/1993 Cassazione civile sez. I – 30/07/2015, n. 16162). Ribadito che il testamento non è atto recettizio, che le dichiarazioni della defunta non conferiscono certezza al credito, l’interesse all’accertamento può sorgere dal momento di una specifica e concreta richiesta stragiudiziale o per effetto di atti di esercizio del diritto , in questo caso non riscontrati, di restituzione delle somme menzionate dalla defunta, altrimenti non sussistendo le condizioni di attualità e concretezza dell’interesse ad accertare l’inesistenza di un credito mai effettivamente preteso, dal momento che le dichiarazioni rese dal de cuius nel proprio testamento non hanno l’attitudine a fondare l’altrui pretesa. In particolare i convenuti mai hanno richiesto agli attori le somme che la defunta ha scritto di avere prestato di importo pari ad Euro 436.000.00 e mai restituite; risulta infatti che gli eredi siano stati parti di quattro tentativi di mediazione negli anni 2017 e 2018, ma che mai sia stata avanzata la domanda di restituzione degli importi indicati nel testamento di Euro 436.000,00 e di Euro 70.000,00: il procedimento di mediazione n. 4790/2017 (doc. 15 attori) esperito da I.L., riguardava la domanda di scioglimento della comunione ereditaria e quella di accertamento negativo del credito introdotta nel presente giudizio; il procedimento n. 1478/2017 (doc. 16 attori), invece, esperito da G.L., aveva come oggetto la domanda di riduzione delle disposizioni e la reintegrazione nella propria quota di legittima; il procedimento n. 826/2018 (doc. n. 3 memoria ex art. 183, VI comma, n. 2 convenuti), promosso da S.L. in proprio, aveva ad oggetto la domanda di restituzione delle somme di sua proprietà esclusiva asseritamente sottratte dalla cassaforte della madre, nella quale erano custodite, da I.L., per un ammontare di Euro 130.000,00; il procedimento n. 43/2018, infine, promosso da S.D.S., prima moglie di M.L., aveva ad oggetto la divisione del solo bene ereditario sito in Via d.V.C., n. 22. L’interesse all’accertamento negativo del credito non si ravvisa neppure con riferimento alla domanda di restituzione della somma di Euro 70.000,00, che la defunta, nel testamento, ha affermato esserle stata sottratta, in difetto di una puntuale richiesta da parte dei coeredi; infatti la lettera del 15 giungo 2016 proveniente dal coerede S.L. non contiene una formale diffida alla restituzione della somma di Euro 70.000,00 e dei gioielli – non meglio specificati – ma ricorda alla sorella che la somma di Euro 70.000,00 ed i gioielli costituiscono beni che devono confluire nella massa ereditaria (cfr. doc. 13 attori e doc. 7 convenuto), rimandando evidentemente alle affermazioni contenute nel testamento materno. D’altro canto i convenuti non hanno esercitato la pretesa nell’ambito della presente procedura, non avendo esperito domanda riconvenzionale di restituzione delle somme e dei gioielli. Deve evidenziarsi che eventuali crediti ereditari concorrerebbero a formare la comunione ereditaria ed il loro accertamento dovrebbe essere opportunamente svolto nell’ambito delle operazioni di identificazione dei beni ereditari e di scioglimento della comunione, non potendosi ravvisare una formale e compiuta richiesta di restituzione di beni ereditari rivolta dai coeredi. Ritenuto il difetto delle condizioni dell’azione di accertamento negativo introdotta, la domanda principale deve essere dichiarata inammissibile. Va respinta infine la domanda riconvenzionale esperita dal convenuto S.L. in proprio, volta all’accertamento dell’illegittima appropriazione da parte di I.L. di Euro 130.000,00 con condanna alla restituzione, non avendo l’attore onerato offerto la prova del fatto costitutivo del diritto, avendo omesso di fornire elementi conoscitivi atti a provare le circostanze dedotte in giudizio, vale a dire la presenza della considerevole somma di Euro 130.000,00 di sua proprietà custodita nella cassaforte della madre; la generica formulazione dei capitoli di prova, scevri da puntuali riferimenti fattuali e temporali, impedirebbe, all’esito dell’escussione dei testi, un’attendibile ricostruzione della vicenda. La domanda riconvenzionale principale di restituzione e di risarcimento, infondata, va pertanto rigettata. L’esito del giudizio suggerisce l’opportunità di compensare per metà le spese processuali tra gli attori ed il convenuto in riconvenzionale ; per la restante parte seguono la soccombenza degli attori e si liquidano in dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da I.L. e G.S., disattesa ogni contraria istanza, domanda ed eccezione, così provvede: Dichiara la carenza di interesse ad agire degli attori; Rigetta le domande riconvenzionali promosse dal convenuto. Compensa nella misura del 50% le spese processuali tra gli attori ed i convenuti ; Condanna gli attori alla rifusione della residua parte, che liquida, a favore del convenuto S.L. in Euro 5.430,00, inclusi compensi professionali e spese, oltre accessori come per legge; Condanna gli attori a rifondere al convenuto M.F. le spese processuali, che si liquidano in Euro 9.530,00, compresi compensi professionali e spese, oltre accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2023. Depositata in Cancelleria il 3 febbraio 2023.