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Chi è l’Avvocato divorzista, matrimonialista o familista?Ad occuparsi di diritto di famiglia con particolare attenzione alla fine dei matrimoni sono diverse figure note ai più come avvocati matrimonialisti o avvocati divorzisti, Ma chi è l’Avvocato matrimonialista? L’Avvocato matrimonialista (o divorzista) è un Legale specializzato in diritto di famiglia che si occupa di illustrare a uno dei due coniugi o a entrambi i coniugi i rispettivi diritti e doveri, eventualmente prospettando loro le possibili soluzioni legali nel caso in cui la coppia decida di porre fine all’unione matrimoniale.• avvocato matrimonialista Bologna separazioni e divorzi consulenza sui diritti e doveri dei coniugi
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Dal mio matrimonio speravo di ricavare amore, calore, affetto e comprensione. Invece è stata una relazione basata sulla freddezza e sull’indifferenza. MARILIN MONROE
[Dichiarazione in tribunale durante la causa di divorzio da Joe DiMaggio, 27 ottobre 1954]
Divorziare soltanto perché non ami un uomo è sciocco quasi quanto sposarsi perché lo ami. ZSA ZSA GABOR
SEPARAZIONE E DIVORZI E FIGLI DOMANDE E RISPOSTE
1)DOMANDA
Che differenza c’è tra separazione giudiziale e consensuale?
RISPOSTA
Con la separazione consensuale che è molto piu’ agevole economica e veloce i coniugi trovano un accordo sulla separazione, cioè preparano un ricorso congiunto con lo stesso avvocato che contiene le condizioni di separazione quali la casa coniugale a chi va, i figli come vengono affidati e i beni come vanno divisi, e infine circa l’assegno di mantenimento .
La separazione giudiziale è una causa ordinaria e si fa quando i coniugi non trovano l’accordo puo’ durar eanni e spesso è assai costosa .
2)DOMANDA Dopo quanto tempo dalla separazione si può chiedere il divorzio?
RISPOSTA: Il termine di un anno (o di sei mesi in caso di separazione consensuale) di ininterrotta separazione a far tempo dalla comparizione dei coniugi davanti al presidente del tribunale, previsto dall’ articolo 3 n. 2 lett. b), legge n. 898 del 1970, per la proponibilità della domanda di divorzio, decorre dall’udienza presidenziale
3)DOMANDA Che cosa comporta la dichiarazione di addebito?
RISPOSTA: La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con sentenza n. 13431 del 2008 ha stabilito che “la dichiarazione di addebito della separazione richiede la prova che la irreversibilità della crisi coniugale sia collegabile al comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, sussistendo un nesso di causalità fra di esso e il determinarsi dell’intollerabilità della convivenza”.
Con la dichiarazione di addebito il coniuge non puo’ chiedere l’assegno di mantenimento .
- Nella separazione giudiziale, la dichiarazione di addebito implica la prova che l’irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi, ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il determinarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza; pertanto, in caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la separazione senza
- ai fini dell’addebitabilità della separazione il Giudice di merito deve accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi, e quindi se sussista un rapporto di causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza, o se piuttosto la violazione dei doveri che l’ 143 c.c.pone a carico dei coniugi sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa» (Cass. 2012 n. 8862; Cass. 2012 n. 8873; Cass. Sez. I, 2010, n. 21245; Cass. 2001, n. 12130; Cass. Sez. I, 1999, n 7566).
4)DOMANDA E’ possibile secondo la legge abbandonare la casa familiare, senza aver fatto la separazione legale?
RISPOSTA No Nella fase iniziale della crisi di coppia, ovvero quando il rapporto culmina in una rottura insanabile del menage familiare, desta particolare preoccupazione l’allontanamento della casa coniugale con i figli minori, appunto, prima della separazione da parte del padre o della madre.
Secondo la giurisprudenza, il comportamento “astrattamente” colpevole di uno dei coniugi può dar luogo all’addebito solo se è esso stesso causa della rottura e non piuttosto la conseguenza di una crisi già in atto.
Così, ad esempio, anche il tradimento è stato considerato perdonabile laddove la coppia abbia ormai smesso di avere rapporti e sia ormai divisa oltre che fisicamente anche moralmente. l coniuge che abbandona il tetto coniugale senza una “giusta causa” viola i doveri coniugali ex art. 143 c.c.esponendosi, così, al rischio di vedersi addebitare la separazione, con tutte le conseguenze del caso (si pensi alla perdita del diritto all’assegno di mantenimento).
5)DOMANDA
Una volta iniziata la separazione giudiziale, è possibile trasformarla in consensuale?
RISPOSTA
Assolutamente si in ogni momento, anzi capita molto spesso che in corso di causa i clienti trovino un accordo e trasformino la giudiziale in consensuale
6)DOMANDA successivamente la sentenza di separazione giudiziale o l’omologa della separazione consensuale, posso chiedere la modifica delle condizioni di separazione?
RISPOSTA: L’art. 155 ter c.c. stabilisce che “i genitori hanno il diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli, l’attribuzione dell’esercizio della potestà su di essi e delle eventuali disposizioni relative alla misura e alla modalità dell’assegno di mantenimento”. Quindi è possibile chieder ela modifica se ricorrono i presupposti
7)DOMANDA come si stabilisce l’affidamento dei figli all’uno o all’altro genitore?
RISPOSTA secondo l’interesse del minore, tenendo presente che se molto piccoli quasi sempre vanno affidati alla madre
8)DOMANDA Che cosa prevede la legge per il mantenimento dei figli?
RISPOSTA: Sia il padre che la madre secondo le loro possibilità dovranno continuare a provvedere all’educazione e istruzione dei figli: perciò il genitore a cui non sono stati affidati dovrà contribuire economicamente, dando un assegno determinato da suo reddito
- Il DIVORZIO CONSENSUALE O DIVORZIO CONGIUNTO CON FIGLI resta un nodo da sciogliere, perché quando vi sono figli l’interesse maggiore dato dalla giurisprudenza e dottrina è per il loro interesse.
- DIVORZIO CONSENSUALE ) l’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dalla legge sul divorzio, art. 6 (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi
- E’ stato, infatti, affermato il principio secondo cui (Cass., 10 dicembre 2014, n. 26060; Cass., 29 luglio 2011, n. 16376; Cass., 18 agosto 2006 n. 18187) l’affidamento congiunto dei figli ad entrambi i genitori – previsto dalla legge sul divorzio, art. 6 (1 dicembre 1970, n. 898, come sostituito dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 11), analogicamente applicabile anche alla separazione personale dei coniugi – è istituto che, in quanto fondato sull’esclusivo interesse del minore, non fa venir meno l’obbligo patrimoniale di uno dei genitori di contribuire, con la corresponsione di un assegno, al mantenimento dei figli, in relazione alle loro esigenze di vita, sulla base del contesto familiare e sociale di appartenenza, rimanendo per converso escluso che l’istituto stesso implichi, come conseguenza ‘automatica’, che ciascuno dei genitori debba provvedere paritariamente, in modo diretto ed autonomo, alle predette esigenze.
- Con l’entrata in vigore della Legge 6.5.2015 n. 55, sul cosiddetto divorzio breve, i termini per proporre la domanda di divorzio sono:
- un anno dal giorno in cui i coniugi sono comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale nella causa di separazione giudiziale;
- sei mesi dal giorno in cui i coniugi sono comparsi personalmente davanti al presidente del tribunale nel procedimento di separazione consensuale (anche se il procedimento è iniziato come giudiziale e si è trasformato in consensuale);
- sei mesi dalla data certificata nell’accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da avvocati;
- sei mesi dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso davanti all’ufficiale dello stato civile.
- Mentre per la separazione personale non è descritto analiticamente il contenuto della domanda, l’art. 4 della legge n. 898/1970 indica espressamente gli elementi essenziali ai fini della validità del ricorso stesso; devono essere specificate, in particolare, le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici tra i coniugi.
- A questo proposito emerge con chiarezza il ruolo più incisivo del giudice: il Tribunale, in camera di consiglio, dovrà verificare che le condizioni medesime non siano contrarie all’interesse dei figli. Qualora non riscontri siffatta contrarietà, il tribunale, verificata l’esistenza degli elementi soggettivi e oggettivi esaminati poc’anzi in tema di controlli, pronuncerà il divorzio con sentenza.
- Il Tribunale di pertinenza a cui rivolgersi sarà quello del comune di residenza di almeno uno dei due coniugi. I documenti da allegare al ricorso per il divorzio che andrà poi depositato in Tribunale sono:
- L’atto di matrimonio rilasciato dal comune dove le nozze hanno avuto luogo
- Lo stato di famiglia per entrambi i coniugi
- Il certificato di residenza di entrambi i coniugi
- La copia autentica della separazione consensuale accompagnata dal decreto di omologa
- La nota di iscrizione al ruolo
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AVVOCATI BOLOGNA- AVVOCATO PENALISTA – STUDIO LEGALE BOLOGNA
- È stato altresì precisato che il richiamato principio trova conferma nelle nuove previsioni in tema di affido condiviso di cui alla L. n. 54 del 2006.
- È stato poi precisato che l’assegno disposto in favore del genitore presso il quale la prole è prevalentemente collocata non contrasta con il contenuto dell’art. 155 cod. civ., che fornisce alcune indicazioni sui presupposti e caratteri dell’assegno, introducendo il principio generale, già elaborato dalla giurisprudenza , per cui ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito.
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DIVORZIO CONSENSUALE CONGIUNTO CON FIGLI E ASSEGNO MANTENIMENTO
- L’ulteriore previsione che il giudice possa disporre, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di ‘proporzionalità’, esclude che la Corte territoriale abbia violato detta disposizione, in quanto la previsione di un assegno si rivela quantomeno opportuna, se non necessaria, quando, come nella specie, l’affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario. Del resto il ricordato art. 155 c.c., fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell’assegno, considerando, tra l’altro, ‘i tempi di permanenza presso ciascun genitore’.
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DIVORZIO CONGIUNTO CON FIGLI E TRASFERIMENTO BENI
- Secondo la giurisprudenza le pattuizioni intervenute tra coniugi, che abbiano in corso una separazione consensuale, con cui si obblighino a trasferire determinati beni facenti parte della comunione legale, successivamente od in vista dell’omologazione della loro separazione personale consensuale ed al dichiarato fine della integrativa regolamentazione del relativo regime patrimoniale, non configura una convenzione matrimoniale ex art. 162 c.c., postulante il normale svolgimento della convivenza coniugale ed avente riferimento ad una generalità di beni anche di futura acquisizione, nè un contratto di donazione, avente come causa tipici ed esclusivi scopi di liberalità (e non l’esigenza di assetto dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati), bensì un diverso contratto atipico, con propri presupposti e finalità (Cass. 11 maggio 1984 n. 2887; Cass. 23 dicembre 1988 n. 2887; Cass. 12 settembre 1997 n. 9034).
- Invero in base all’impianto complessivo dell’art. 711 c.p.c., (in combinato disposto con l’art. 158 c.c., comma 1), il procedimento in detta norma descritto da vita ad una fattispecie complessa nella quale il contenuto del regolamento concordato tra i coniugi, se trova la sua fonte nel relativo accordo, acquista però efficacia giuridica soltanto in seguito al provvedimento di omologazione, cui compete l’essenziale funzione di controllare che i patti intervenuti tra i coniugi siano conformi agli interessi superiori della famiglia (Cass. 5 gennaio 1984 n. 14). Nel caso in cui, nell’ambito di un accordo destinato a disciplinare una separazione consensuale, sia inserita anche una convenzione avente una sua autonomia, in quanto non immediatamente riferibile nè collegata al contenuto necessario del regime di separazione, si tratta di compiere una indagine ermeneutica, nel quadro dei principi di cui all’art. 1362 c.c., e segg., diretta a stabilire se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia, infatti, alle pattuizioni convenute dai coniugi prima del decreto di omologazione e non trasfuse nell’accordo omologato, può riconoscersi validità solo quando assicurino una maggiore vantaggiosità all’interesse protetto dalla norma (ad esempio concordando un assegno di mantenimento in misura superiore a quella sottoposta ad omologazione), o quando concernano un aspetto non preso in considerazione dall’accordo omologato e sicuramente compatibile con questo in quanto non modificativo della sua sostanza e dei suoi equilibri, o quando costituiscano clausole meramente specificative dell’accordo stesso, non essendo altrimenti consentito ai coniugi incidere sull’accordo omologato con soluzioni alternative di cui non sia certa a priori la uguale o migliore rispondenza all’interesse tutelato attraverso il controllo giudiziario di cui all’art. 158 c.c., (Cass. 24 febbraio 1993 n. 2270; Cass. 20 ottobre 2005 n. 20290).
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