Appalto – Appaltatore – Richiesta di risoluzione in corso d’opera – Inadempimento del committente
Ordinanza|21 giugno 2023| n. 17710. In tema di risoluzione del contratto di appalto
come evidenzia Cass. 9/02/2023, n. 3962, “(per la) giurisprudenza di questa Corte, “in tema di risoluzione del contratto di appalto, trova applicazione la regola generale, dettata dall’articolo 1458 c.c., circa l’efficacia retroattiva della relativa statuizione, sicche’, pronunciata la risoluzione, i crediti e i debiti derivanti da quel contratto si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti, per ciascuno dei quali si verifica, a prescindere dall’imputabilita’ dell’inadempimento, rilevante ad altri fini, una totale restitutio in integrum” (da ultimo v. Cass. 22065/2022 e Cass. 4225/2022; cfr. anche Cass. 6181/2011, per cui la risoluzione del contratto di appalto per colpa dell’appaltatore non osta a che questi “abbia diritto al riconoscimento di compenso per le opere gia’ effettuate e delle quali, comunque, il committente stesso si sia giovato”)” (in senso conforme, Cass. 21/06/2013, n. 15705; Cass. 20/02/2015, n. 3455; Cass. 30/06/2015, n. 13405; Cass. 30/10/2018, n. 27640);
3.4. con specifico riferimento al criterio di liquidazione delle opere realizzate prima della risoluzione del rapporto negoziale, e’ orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 22065/2022, in connessione con Cass. nn. 15705/2013, 3455/2015) che, nell’operativita’ del congegno restitutorio dell’articolo 1458, c.c., il controvalore delle prestazioni gia’ eseguite da riconoscere all’appaltatore sia rappresentato dal “prezzo” delle opere realizzate, quale equivalente pecuniario della dovuta restitutio in integrum;
3.5. nella vicenda, la Corte d’appello, sulla scia della giurisprudenza di legittimita’, al fine di reintegrare la situazione patrimoniale dell’appaltatore al momento della risoluzione del contratto, non potendosi restituire l’opus parzialmente eseguito, ha ritenuto il committente obbligato a rifondere alla controparte il corrispettivo pattuito, al netto dei costi per l’eliminazione dei vizi, quali accertati dalla c.t.u.;
- con il quarto motivo, denunciando violazione e falsa applicazione degli articoli 1284, 1282, 1223, 1224, c.c., nonche’ degli articoli 1449, 1453, 1458, c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata che non ha riconosciuto la svalutazione monetaria sui danni stimati dalla c.t.u. nella misura di Euro 13.000,00;
in tema di contratto di appalto, il committente e’ tenuto ex lege a rimborsare all’appaltatore l’Iva sulle somme da quest’ultimo fatturate a titolo di acconto o di saldo del corrispettivo pattuito (Cass. 24/05/2007, n. 12162; in senso conforme, ex aliis, Cass. 2/09/2013, n. 20117). Nella specie, tuttavia, l’Iva su Euro 13.130,00 non entra in campo per la semplice ragione che quell’importo, come si e’ visto, non e’ il corrispettivo (o l’acconto) fatturato dall’appaltatrice per l’esecuzione dell’opera, in quanto tale assoggettato alla detta imposta indiretta, ma rappresenta l’equivalente monetario del danno per i vizi delle opere. D’altronde, in termini generali, per il principio di neutralita’ dell’imposta sul valore aggiunto, non e’ possibile porre a carico del cessionario/committente a titolo di rivalsa l’Iva che non sia stata assolta a monte dal cedente/prestatore;
- in conclusione, accolto il quarto motivo, rigettati il terzo e il quinto motivo, dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo, la sentenza impugnata e’ cassata, con rinvio al giudice a quo, anche per le spese del giudizio di legittimita’;