STRUTTURA SANITARIA CASA CURA OSPEDALE RESPONSABILI
La responsabilità per attività medico chirurgica deve essere ricondotta al paradigma di cui all’articolo 1218. Deriva da quanto precede, pertanto, che il paziente creditore (e, per esso i suoi congiunti, in caso di malpractice medica che abbia comportato il decesso del primo) ha il mero onere di provare il contratto (o il contatto sociale) intercorso con la struttura e/o con il sanitario, nonché quello soltanto di allegare il relativo inadempimento o inesatto adempimento, e cioè la difformità della prestazione ricevuta rispetto al modello normalmente realizzato da una condotta improntata alla dovuta diligenza, non essendo invece tenuto a provare la colpa del medico e/o della struttura sanitaria, nonché la relativa gravità. Nei giudizi risarcitori, in particolare, si delinea un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, a valle. Il primo, quello relativo all’evento dannoso, deve essere provato dal creditore/danneggiato, il secondo, relativo alla possibilità di adempiere, deve essere provato dal debitore/danneggiante. Mentre il creditore deve provare il nesso di causalità fra l’insorgenza (o l’aggravamento) della patologia e la condotta del sanitario (fatto costitutivo del diritto), il debitore deve provare che una causa imprevedibile e inevitabile ha reso impossibile la prestazione (fatto estintivo del diritto).
In ipotesi di danno cagionato da operatore sanitario in struttura ospedaliera a chi va domandato il risarcimento del danno? STRUTTURA SANITARIA CASA CURA OSPEDALE RESPONSABILI
In ipotesi di danno cagionato da operatore sanitario in struttura ospedaliera a chi va domandato il risarcimento del danno? STRUTTURA SANITARIA CASA CURA OSPEDALE RESPONSABILI
Il soggetto può scegliere diverse vie:
- può agire nei confronti di entrambi, sia della struttura sanitaria che del medico;
- può agire a titolo di responsabilità contrattuale solo nei confronti del medico;
- può citare in giudizio esclusivamente la struttura sanitaria.
Se la vittima cita in giudizio solo la struttura sanitario questa può agire in rivalsa verso il medico?
Due sono i modelli teorici cui far riferimento:
- l’art. 1228 c.c.che prevede la responsabilità del debitore per fatto degli ausiliari. Si tratta di responsabilità diretta e per fatto proprio, poiché la struttura risponde dei fatti commessi dal dipendente come se fossero proprio dell’ente.
- l’art. 2049 c.c.che presuppone un rapporto di preposizione tra committente e dipendente. Il terzo danneggiato non ha alcun rapporto con il committente. Il fondamento logico- giuridico risiede nel rafforzamento delle garanzie patrimoniali accollando il rischio di impresa a colui che si serve dell’attività altrui.
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Il committente risponde per fatto proprio?
Assolutamente no, perché il terzo danneggiato non ha alcun rapporto pregresso con lui essendo obbligato il committente esclusivamente per un fatto altrui.
Come funziona l’azione di rivalsa?
Nel caso di cui all’art. 2049 c.c. il committente ha azione di rivalsa per l’intero nei confronti del soggetto che ha materialmente cagionato il danno. Non si applica l’art. 2055 c.c. sulla solidarietà in quanto la responsabilità è per fatto altrui. Tutta la colpa ricade sul dipendente, autore materiale del fatto, dunque, gravato interamente del risarcimento.
Nell’ipotesi di cui all’art. 1228 c.c. trattandosi di responsabilità per fatto proprio la colpa, dunque, il risarcimento, viene ripartito proporzionalmente tenuto anche conto delle conseguenze che sono derivate dalla propria azione o omissione.
Quale modello si applica in ipotesi di responsabilità medica?
In ambito medico il riferimento è all’art. 1228 c.c. Il fatto del medico non è illecito aquiliano, ma attuazione dell’obbligazione assunta dalla struttura nei confronti del paziente.
In relazione all’azione di rivalsa concorrono sia l’art. 2055 c.c. che il 1298 c.c. che prevedono una presunzione di pari colpa ove non venga dimostrato un diverso apporto causale e psicologico. Il medico è interamente responsabile se ha agito con dolo oppure in caso di grave devianza, imprevedibile e improbabile.
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STRUTTURA SANITARIA OSPEDALE O CASA DI CURA QUANDO RESPONSABILE ?
Della negligente prestazione sanitaria risponde ex contractu pure l’Azienda ospedaliera. Infatti l’accettazione del paziente in una struttura, pubblica o privata, deputata a fornire assistenza sanitario-ospedaliera comporta la conclusione inter partes di un contratto di prestazione d’opera atipico (di “spedalità”), in base al quale l’ente sanitario è tenuto ad una prestazione complessa che, oltre alle obbligazioni lato sensu “alberghiere”, ingloba l’effettuazione delle cure mediche e di quelle chirurgiche, la messa a disposizione del personale medico (e paramedico) e l’apprestamento delle strutture tecniche necessarie.
Ne discende che, in presenza del contratto di spedalità, la responsabilità dell’ente ospedaliero o della casa di cura privata nei confronti del paziente ha natura negoziale, e può conseguire, ai sensi dell’art.1218 c.c., all’inadempimento delle obbligazioni direttamente a suo carico nonché, ai sensi dell’art.1228 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta dal sanitario, quale suo ausiliario, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione del medico e l’organizzazione aziendale dell’ente, che si avvale dell’attività del professionista.
Tribunale Taranto sez. II, 21/01/2020, n.136
Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva dell’ordinanza in commento:
“La distribuzione dell’onere della prova invocata dai ricorrenti contrasta con l’orientamento di questa Corte che pone l’onere di dimostrare il nesso di causa, nelle prestazioni professionali, a carico del creditore.
In particolare, di recente, con la pronuncia n. 28991 dell’11/11/2019, è stato confermato e precisato che “negare che incomba sul paziente creditore l’onere di provare l’esistenza del nesso di causalità tra l’inadempimento ed il pregiudizio alla salute, come si assume nel motivo, significa espungere dalla fattispecie costitutiva del diritto l’elemento della causalità materiale”.
Il creditore, al contrario, è tenuto a provare, anche mediante presunzioni, il nesso eziologico fra la condotta del debitore, nella sua materialità, e il danno lamentato. “Successivamente a tanto sorgono poi gli oneri probatori del debitore, il quale deve provare o l’adempimento o che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. […]
Quando però viene in considerazione una prestazione professionale, ove “l’interesse corrispondente alla prestazione è solo strumentale all’interesse primario del creditore, causalità ed imputazione per inadempimento tornano a distinguersi anche sul piano funzionale (e non solo su quello strutturale) perché il danno evento consta non della lesione dell’interesse alla cui soddisfazione è preposta l’obbligazione, ma della lesione dell’interesse presupposto a quello contrattualmente regolato (…) la causalità materiale non è praticamente assorbita dall’inadempimento.
Quest’ultimo coincide con la lesione dell’interesse strumentale, ma non significa necessariamente lesione dell’interesse presupposto, e dunque allegare l’inadempimento non significa allegare anche il danno evento il quale, per riguardare un interesse ulteriore rispetto a quello perseguito dalla prestazione, non è necessariamente collegabile al mancato rispetto delle leges artis ma potrebbe essere riconducibile ad una causa diversa dall’inadempimento (…). Si riespande così, anche sul piano funzionale, la distinzione tra causalità ed imputazione soggettiva (…).
Persiste, nonostante l’inadempienza, la questione pratica del nesso eziologico fra il danno evento (lesione dell’interesse primario) e la condotta materiale suscettibile di qualificazione in termini di inadempimento.
Il creditore ha l’onere di allegare la connessione puramente naturalistica fra la lesione della salute, in termini di aggravamento della situazione patologica o insorgenza di nuove patologie, e la condotta del medico e, posto che il danno evento non è immanente all’inadempimento, ha anche l’onere di provare quella connessione, e lo deve fare sul piano meramente naturalistico sia perché la qualifica di inadempienza deve essere da lui solo allegata, ma non provata (appartenendo gli oneri probatori sul punto al debitore), sia perché si tratta del solo profilo della causalità materiale, il quale è indifferente alla qualifica in termini di valore rappresentata dall’inadempimento dell’obbligazione ed attiene esclusivamente al fatto materiale che soggiace a quella qualifica (…)”. Perciò nessun rimprovero può essere mosso alla sentenza impugnata quanto all’applicazione dell’art. 2697 c.c.”.
degli ausiliari
Il rapporto che si instaura tra paziente e casa di cura (o ente ospedaliero) ha la sua fonte in un atipico contratto a prestazioni corrispettive con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell’obbligazione al pagamento del corrispettivo (che ben può essere adempiuta dal paziente, dall’assicuratore, dal servizio sanitario nazionale o da altro ente), insorgono a carico della casa di cura (o dell’ente), accanto a quelli di tipo “latu sensu” alberghieri, obblighi di messa a disposizioni del personale medico ausiliario, del personale paramedico e dell’apprestamento di tutte le attrezzature necessarie, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze.
Ne consegue che la responsabilità della casa di cura (o dell’ente) nei confronti del paziente ha natura contrattuale e può conseguire, ai sensi dell’art. 1218 c.c., all’inadempimento della prestazione medico-professionale svolta direttamente dal sanitario, quale suo ausiliario necessario pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato, comunque sussistendo un collegamento tra la prestazione da costui effettuata e la sua organizzazione aziendale, non rilevando in contrario al riguardo la circostanza che il sanitario risulti essere anche “di fiducia” dello stesso paziente, o comunque dal medesimo scelto.