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LA DECISIONE DELL CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
La Suprema Corte di Cassazione, a sezioni unite civili, con recente sentenza (n. 12307 del 7 ottobre 2014 / 15 giugno 2015) – successiva alla riserva in decisione della presente causa ma che il Collegio non potrebbe certo ignorare – sciogliendo un annoso contrasto giurisprudenziale in ordine allo strumento processuale (in particolare, querela di falso o disconoscimento) richiesto per contestare l’autenticità di un testamento olografo, ha statuito che la parte la quale contesti l’autenticità dell’olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura (con onere della prova gravante sulla parte stessa).
In breve, per quel che qui più specificamente può interessare, le Sezioni Unite della Cassazione hanno al riguardo rilevato Come la proposizione di accertamento negativo che ponga una quaestio nullitatis in seno al processo consenta:
– da un canto, di rispondere all’esigenza di mantenere il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private;
I FATTI DI CAUSA
in data 30.11.2005 l’E. faceva pubblicare il testamento asseritamente redatto dalla sig.ra G.;
– ricorrevano nella vicenda singolari circostanze e coincidenze che apparivano strane e rendevano sospetta l’attribuzione testamentaria asseritamente riferibile alla de cuius, come per esempio l’aver lasciato l’intero patrimonio ad un estraneo;
– la stranezza della vicenda aveva indotto la Procura della Repubblica ad aprire delle indagini, prima in ordine alle cause del decesso della G. (disponendo anche l’autopsia sulla salma) e poi sull’autenticità del testamento, indagini che però non approdavano a nulla, in particolare il perito grafologico, dott. G. Ranoldi, incaricato dal G.I.P. del Tribunale di Vicenza di effettuare una perizia calligrafica, avendo escluso che la scrittura testamentaria potesse dirsi falsa;
– la perizia Ranoldi era però da ritenere erronea come dimostrato dal consulente attoreo dott. A.D.L., il quale aveva sottoposto a puntuali rilievi critici l’elaborato del perito del Giudice penale, pervenendo all’opposta conclusione dell’apocrifia della scheda testamentaria che apparentemente istituiva il convenuto erede universale della G.;
– le attrici pertanto, quali eredi legittimi che avevano fatto espressa accettazione dell’eredità, dichiaravano di disconoscere la firma e la scrittura di G.A.M. nel testamento pubblicato, chiedendo che venisse disposta una C.T.U. calligrafica;
– la G., ad ogni modo, non era persona in grado di intendere e di volere nel momento (2 febbraio 2004, a poche ore dalla morte) in cui avrebbe redatto le disposizioni di ultima volontà, essendo affetta da disturbo psichiatrico (che si manifestava ad esempio con alcuni sintomi persecutori), avendo avuto contatti anche con i locali servizi sociali per una maggiore assistenza, tanto da essere stata in passato (all’incirca nel 1993) ricoverata presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vicenza, essendo solita, una volta rimasta vedova, dire alle persone con cui veniva in contatto che avrebbe loro lasciato i propri beni, e in definitiva essendo adusa a comportamenti anomali ed anormali, quali vivere chiusa in casa con le tapparelle sempre abbassate, nutrendosi frugalmente (in pratica solo di latte), quasi versasse in condizioni di indigenza, a dispetto del suo status di persona più che benestante.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI VICENZA
- I) accerta e dichiara che il testamento datato 02.02.2004 e pubblicato il 30.11.2005 con atto del notaio M. n. rep. (…) è apocrifo non essendo stato redatto dalla sig.ra G.A.M., e per l’effetto lo dichiara nullo e privo di efficacia;
- II) accerta e dichiara che le attrici sigg.re G.L. e S.M. sono legittime eredi della de cuius G.A.M., ciascuna per la quota di 2/8, e conseguentemente assegna alle attrici medesime le rispettive quote indivise di spettanza su tutti i beni facenti parte dell’asse ereditario della de cuius;
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI VICENZA
IL TRIBUNALE DI VICENZA, Prima Sezione Civile, in composizione collegiale, riunito in Camera di Consiglio e composto dai Magistrati:
dott. Francesco LAMAGNA – Presidente
dott. Antonio PICARDI – Giudice rel.
dott. Biancamaria BIONDO – Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta a ruolo al n. 2469/2006 R.G. e promossa con atto di citazione notificato in data 04/04/2006, n. 6755 Cron. Ufficiale Giudiziario addetto all’Ufficio Notifiche presso il Tribunale di Vicenza
da
G.L., nata in P. il (…), ivi residente in Via F. n. 3/a, C.F. (…)
S.M., nata in P. il (…), residente in V. in D. n. 2939, C.F. (…)
Entrambe rappresentate e difese dagli Avv.ti Giovanni MANFREDINI e Andrea LETTER, del Foro di Vicenza, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi, in Vicenza – Stradella dei Munari n. 6, come da mandati a margine dell’atto di citazione
attrici
contro
E.G., nato in B. (V.) l'(…), residente in V. in C. M. n. 23, C.F. (…), rappresentato e difeso dall’Avv. Carlo SPILLARE, del Foro di Vicenza, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo, in Vicenza – Viale della Pace n. 174, come da mandato in calce alla copia dell’atto di citazione notificato
convenuto
e con la chiamata in causa di
B.L., nato in P. il (…), residente in A. T. (P.) in Via D. n. 155, C.F. (…)
B.D., nata in P. il (…), residente in T. (P.) in Via R. n. 36/A, C.F. (…)
G.S., nata in P. il (…), domiciliata in S. G. delle P. (P.) in Via G. n. 19, C.F. (…)
terzi chiamati – contumaci
In punto: impugnazione di testamento.
Svolgimento del processo
Con atto di citazione, ritualmente notificato in data 04/04/2006, le sigg.re L.G. e M.S., nella loro qualità di eredi ex lege della sig.ra G.A.M., chiedevano l’accertamento dell’inesistenza, nullità, inefficacia, ovvero l’annullamento, del testamento olografo che avrebbe istituito il convenuto G.E. erede universale della loro congiunta, per apocrifia ovvero perché formato dalla de cuius in condizioni di incapacità mentale, svolgendo conseguente domanda a che, accertata la loro qualità di eredi legittime, venisse a ciascuna assegnata la rispettiva quota indivisa (di 2/8) di tutti i beni mobili e immobili in proprietà della de cuius.
Le attrici, in sintesi, esponevano e deducevano che:
– la sig.ra A.M.G., deceduta in Vicenza il 6 febbraio 2004, al momento della morte aveva 72 anni ed era rimasta vedova da pochi mesi a seguito della morte del marito, O.A., avvenuta il 5 settembre 2003;
– dalla morte del marito la G. viveva da sola nella casa di via P. in V., in uno stato di comprensibile difficoltà, sia per il dolore ed il lutto, sia per le sue precarie condizioni di salute e mentali;
– la G. era stata trovata morta in casa il 6 febbraio 2004 da tale G.E. (l’odierno convenuto), il quale, preoccupato perché da alcuni giorni non aveva più avuto notizie della donna, aveva chiamato i Carabinieri (i quali per accedere all’appartamento avevano dovuto forzare la porta dell’abitazione);
– l’E. era in possesso di una busta, sulla quale era scritto “da dare al Notaio di via C.”, in cui risultavano contenuti (come da verbale di apertura del giorno 11.02.2004 del S. Procuratore della Repubblica) un foglio con le ultime volontà di A.O. datato 22.02.1983, un foglio con le ultime volontà di A.O. datato 01.02.1983, una busta bianca contenente un foglio con le ultime volontà di A.O. datato 83, un foglio con le ultime volontà della G. datato 02.02.2004 (la scheda testamentaria della cui autenticità si controverte);
– il giorno immediatamente successivo alla morte della sig.ra G., l’E. si recava presso la villa di Pressana (VR), che era di proprietà per una metà della de cuius e per l’altra metà della sig.ra H.D.G., qualificandosi già quale erede della proprietà della G. (nonostante la busta contenente il presunto lascito testamentario, sequestrata dai CC, non fosse stata ancora aperta);
– in data 30.11.2005 l’E. faceva pubblicare il testamento asseritamente redatto dalla sig.ra G.;
– ricorrevano nella vicenda singolari circostanze e coincidenze che apparivano strane e rendevano sospetta l’attribuzione testamentaria asseritamente riferibile alla de cuius, come per esempio l’aver lasciato l’intero patrimonio ad un estraneo;
– la stranezza della vicenda aveva indotto la Procura della Repubblica ad aprire delle indagini, prima in ordine alle cause del decesso della G. (disponendo anche l’autopsia sulla salma) e poi sull’autenticità del testamento, indagini che però non approdavano a nulla, in particolare il perito grafologico, dott. G. Ranoldi, incaricato dal G.I.P. del Tribunale di Vicenza di effettuare una perizia calligrafica, avendo escluso che la scrittura testamentaria potesse dirsi falsa;
– la perizia Ranoldi era però da ritenere erronea come dimostrato dal consulente attoreo dott. A.D.L., il quale aveva sottoposto a puntuali rilievi critici l’elaborato del perito del Giudice penale, pervenendo all’opposta conclusione dell’apocrifia della scheda testamentaria che apparentemente istituiva il convenuto erede universale della G.;
– le attrici pertanto, quali eredi legittimi che avevano fatto espressa accettazione dell’eredità, dichiaravano di disconoscere la firma e la scrittura di G.A.M. nel testamento pubblicato, chiedendo che venisse disposta una C.T.U. calligrafica;
– la G., ad ogni modo, non era persona in grado di intendere e di volere nel momento (2 febbraio 2004, a poche ore dalla morte) in cui avrebbe redatto le disposizioni di ultima volontà, essendo affetta da disturbo psichiatrico (che si manifestava ad esempio con alcuni sintomi persecutori), avendo avuto contatti anche con i locali servizi sociali per una maggiore assistenza, tanto da essere stata in passato (all’incirca nel 1993) ricoverata presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vicenza, essendo solita, una volta rimasta vedova, dire alle persone con cui veniva in contatto che avrebbe loro lasciato i propri beni, e in definitiva essendo adusa a comportamenti anomali ed anormali, quali vivere chiusa in casa con le tapparelle sempre abbassate, nutrendosi frugalmente (in pratica solo di latte), quasi versasse in condizioni di indigenza, a dispetto del suo status di persona più che benestante.
Si costituiva il convenuto sig. G.E., contrastando l’azione promossa dalle attrici, delle cui domande chiedeva il rigetto.
In sintesi – non mancando di sottolineare di sentirsi ormai perseguitato dalle ripetute iniziative intraprese nei suoi confronti (avendo dovuto addirittura subire due procedimenti penali, uno per omicidio volontario e l’altro per falsità in scrittura privata, salvo poi venire pienamente scagionato al termine delle indagini pretiminari, con conseguente archiviazione, per assoluta mancanza di indizi a carico: l’autopsia aveva accertato che la G. era deceduta per morte naturale; la perizia calligrafica svolta dat nominato perito aveva concluso per l’autenticità del testamento) – assumeva che:
– il testamento era, e per tale era stato accertato, assolutamente autentico e redatto per mano della de cuius;
– la G. neppure poteva dirsi affetta da incapacità di intendere e di volere al momento di testare, come già desumibile dalle dichiarazioni rese dalla dott.ssa M.G., medico curante della donna, e complessivamente considerando che quest’ultima:
- a) viveva da sola ed era autosufficiente;
- b) era in buone condizioni psico-fisiche, come peraltro certificato dal medico curante, che non aveva mai riscontrato alla donna patologie degne di nota;
- c) teneva l’agendina (allegata alla perizia) in modo del tutto intelligibile e coerente;
- d) era del tutto conscia di quello che faceva, tanto da scrivere sulla busta nella quale era inserito il testamento “da dare al notaio di via C.”;
- e) non aveva alcuna intenzione di lasciare quali eredi i propri parenti;
- f) era provvista di patente di guida in corso di validità;
- g) aveva normalmente eseguito periodici prelievi di contanti dalla filiale del suo istituto di credito, anche in data antecedente e prossima alla redazione della scheda testamentaria;
– in definitiva la G. da un lato non aveva, da moltissimi anni, alcun contatto che le lontane parenti, e dall’altro non era interdetta né alcuna istanza era stata proposta nei suoi confronti per farla dichiarare affetta da qualsivoglia incapacità, totale e/o permanente.
Così essenzialmente impostato il contraddittorio, assegnati alle parti termini per memorie ex art. 183 comma VI c.p.c., veniva disposta C.T.U. grafologica sulla scheda testamentaria, affidata alla dott.ssa Lucina Gadotti, al fine di verificarne autenticità e genuinità.
Svolta la C.T.U., nelle more degli assegnati termini per memorie di osservazioni, con ricorso depositato in data 19.06.2008 le attrici – sulle premesse che il convenuto aveva nel frattempo provveduto ad alienare a una società terza, per il prezzo dichiarato di Euro 500.000,00, uno degli immobili di pregio facenti parte dell’asse ereditario – chiedevano venisse disposto sequestro conservativo, sino a concorrenza di Euro 650.000,00, nei confronti dell’E..
Il richiesto sequestrò veniva inizialmente concesso con decreto inaudita altera parte in data 20/21.06.2008, ma poi revocato, all’esito dell’instaurato contraddittorio sull’istanza cautelare, con ordinanza del 02/04 agosto 2008.
La causa, acquisite le memorie di osservazioni alla C.T.U., proseguiva quindi con l’espletamento delle prove orali (per testi ed interrogatorio formale delle attrici).
All’udienza del 26 ottobre 2012, fissata per precisazione delle conclusioni, il G.I. ordinava l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 102 II comma c.p.c., nei confronti di tutti gli altri eredi legittimi della de cuius, incombente al quale parte attrice ritualmente procedeva.
Nondimeno detti eredi, G.S., B.D. e B.L., non si costituivano, per cui all’udienza del 31 maggio 2013 ne veniva dichiarata la contumacia.
All’udienza del 18 ottobre 2013, infine, la causa veniva rimessa alla decisione del Collegio sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti come in epigrafe trascritte, con assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. per deposito di scritti conclusionali.
Motivi della decisione
La presente controversia è devoluta alla cognizione del Tribunale in composizione collegiale, ai sensi dell’art. 50 bis, comma 1, n. 6, c.p.c..
Ad avviso del Collegio le domande delle attrici, per la declaratoria di nullità del testamento olografo per apocrifia con conseguenti statuizioni successorie, devono essere accolte.
Nondimeno, prima di muovere alla disamina delle questioni di merito (ed in particolare delle risultanze della C.T.U. grafologica), pare opportuno dedicare alcune preliminari riflessioni alle eccezioni di natura procedimentale sollevate, specie in comparsa conclusionale, da parte convenuta (aventi in tesi del deducente conseguenze a sé in modo decisivo favorevoli sull’esito della causa).
A dire dell’E., in sintesi, non avendo le attrici effettuato (entro l’udienza immediatamente successiva) alcun valido disconoscimento ai sensi degli artt. 214–215 c.p.c. dopo la produzione in giudizio (suo doc. 3) del contestato testamento, la scrittura privata in cui si compendia quel testamento dovrebbe intendersi definitivamente riconosciuta, con conseguente ininfluenza e/o inammissibilità della pur disposta C.T.U. grafologica.
Obiettano le attrici che alcun ulteriore espresso disconoscimento sarebbe stato da parte loro necessario, avendo già proposto in via principale espressa e specifica domanda per far dichiarare la falsità del testamento, mentre sarebbe stato del tutto superfluo reiterare tale disconoscimento all’atto della costituzione del convenuto.
Il quale ultimo peraltro si sarebbe limitato a produrre in giudizio non l’originale della scheda testamentaria (tuttora in deposito presso il Notaio che aveva proceduto alla sua pubblicazione), bensì un’ulteriore semplice copia, per di più (a differenza dell’esemplare allegato dalle attrici, corredato dall’atto di pubblicazione completo) priva dei timbri notarili.
La questione prospettata dal convenuto (oltre che pretestuosa: è inequivoca, e risulta sufficiente, la volontà espressa in atto di citazione, diretta a contestare l’autenticità del testamento, “bollato” di falsità) rimane comunque superata alla luce dei più recenti arresti interpretativi della giurisprudenza di legittimità.
La Suprema Corte di Cassazione, a sezioni unite civili, con recente sentenza (n. 12307 del 7 ottobre 2014 / 15 giugno 2015) – successiva alla riserva in decisione della presente causa ma che il Collegio non potrebbe certo ignorare – sciogliendo un annoso contrasto giurisprudenziale in ordine allo strumento processuale (in particolare, querela di falso o disconoscimento) richiesto per contestare l’autenticità di un testamento olografo, ha statuito che la parte la quale contesti l’autenticità dell’olografo deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura (con onere della prova gravante sulla parte stessa).
In breve, per quel che qui più specificamente può interessare, le Sezioni Unite della Cassazione hanno al riguardo rilevato Come la proposizione di accertamento negativo che ponga una quaestio nullitatis in seno al processo consenta:
– da un canto, di rispondere all’esigenza di mantenere il testamento olografo definitivamente circoscritto nell’orbita delle scritture private;
– dall’altro, di evitare che il semplice disconoscimento di un atto caratterizzato da peculiare ed indubbia capacità dimostrativa renda troppo gravosa la posizione processuale dell’attore che si professa erede testamentario, riversando su di lui l’intero onere probatorio del processo;
– per altro verso, infine, di evitare che la soluzione della controversia “si disperda nei rivoli di un defatigante procedimento incidentale quale quello previsto per la querela di falso, consentendo di pervenire ad una soluzione tutta interna al processo, anche alla luce dei principi affermati di recente da questa stessa Corte con riguardo all’oggetto e alla funzione del processo e della stessa giurisdizione, apertamente definita risorsa non illimitata (Cass. ss.uu. 26242/2014)”.
Ora, al di là degli aspetti puramente nominalistici, appare evidente come l’azione promossa dalle eredi legittime della G. fosse inequivocamente ispirata all’intento di far constare l’accertamento negativo della provenienza e dell’autenticità della scrittura testamentaria, oltre che sorretta da un punto di vista probatorio da relazioni tecniche di parte (docc. 15 e 17) severamente critiche delle risultanze e conclusioni della perizia d’ufficio svolta nel procedimento penale, nonché dall’istanza istruttoria di ammissione di una C.T.U. grafologica.
Parte convenuta in conclusionale solleva un’ulteriore eccezione a rilievo processuale, assumendo in breve che il difetto di un legittimo contraddittorio (soltanto in un momento successivo integrato per ordine del G.I.) renderebbe nulle ed inutilizzabili le prove assunte, così come l’espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Anche questa eccezione non pare al Collegio meritevole di accoglimento.
Disposta l’integrazione del contraddittorio in adesione al principio secondo cui “nelle cause aventi ad oggetto l’impugnazione di un testamento olografo per nullità, in considerazione dell’unità del rapporto dedotto in giudizio, sussiste litisconsorzio necessario anche nei confronti di tutti gli eredi legittimi, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda porterebbe alla dichiarazione di invalidità del testamento ed alla conseguente apertura della successione legittima”, e a tale integrazione avendo tempestivamente provveduto le attrici, sol