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Separazione e divorzio SEPARAZIONE CONSEGUENZE PATRIMONIALI

Separazione e divorzio SEPARAZIONE CONSEGUENZE PATRIMONIALI

PATRIMONIALI
PATRIMONIALI

La prova per l’accertamento della violazione dei doveri matrimoniali, ai fini della dichiarazione di addebito, risulta spesso assai ardua e si deve necessariamente ricorrere ad elementi indiretti ed indiziari. Quando si tratta di provare l’infedeltà coniugale entrano in gioco una serie di elementi probatori che singolarmente non avrebbero alcun valore, ma unitariamente considerati possono condurre il giudice a considerare il fatto come provato. (Cassazione 6 novembre 2012, n. 19114). Vengono, così, spesso ammesse le prove indiziarie ( le così dette testimonianze de relato o indirette da parte di soggetti terzi estranei alla vicenda ). Tali dichiarazioni testimoniali secondo la Suprema Corte possono divenire valido elemento di prova se sono suffragate da altre circostanze oggettive e soggettive o da altre risultanze probatorie acquisite al processo che concorrano a rafforzarne la credibilità (Cass. Civ. 19 maggio 2006, n. 11844 e Cass. Civ. 8 febbraio 2006, n. 28159).

AS4

  1. PRESUPPOSTIPERLAPRONUNCIADIADDEBITO

1) Un comportamento cosciente e volontario contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di cui all’art. 143 C.C.: per esempio infedeltà coniugale qualora uno dei due coniugi abbia una relazione extraconiugale, abbandono della casa coniugale;

infedeltà apparente che costituisca grave offesa all’altro coniuge, mentre non è necessario che vi sia l’intenzione di ledere l’altro coniuge o recargli nocumento.

2) Tale violazione deve essere la causa determinante la crisi coniugale.

La Giurisprudenza, con orientamento ormai costante, ha precisato che: «ai fini dell’addebitabilità della separazione il Giudice di merito deve accertare se la frattura del rapporto coniugale sia stata provocata dal comportamento oggettivamente trasgressivo di uno o di entrambi i coniugi, e quindi se sussista un rapporto di causalità tra detto comportamento ed il verificarsi dell’intollerabilità dell’ulteriore convivenza, o se piuttosto la violazione dei doveri che l’art. 143 c.c. pone a carico dei coniugi sia avvenuta quando era già maturata una situazione di crisi del vincolo coniugale, o per effetto di essa» (

Cassazione civile, sez. I, 12/09/2011, n. 18618 ‐ L’addebito di colpa presuppone la violazione dei doveri coniugali derivanti dal matrimonio e il nesso di causalità tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza, che deve essere provato dal richiedente. Pertanto, fallita la riconciliazione, non rileva il comportamento pregresso della moglie, e la mancanza di prove sulla prosecuzione della relazione extra coniugale, nonché sulla causalità di tale circostanza con la nuova crisi e l’intollerabilità della convivenza, preclude l’accoglimento dell’istanza di addebito di colpa. ‐ Diritto & Giustizia 2011 (nota PALEARI).

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Come può essere provato l’addebito?

L’addebito può essere provato con i normali mezzi di prova, ma anche con presunzioni basate su fatti successivi alla fine della convivenza

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Separazione e divorzio SEPARAZIONE CONSEGUENZE PATRIMONIALI
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Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. – Sent. del 04.06.2012, n. 8928

Presidente Luccioli – Relatore Campanile

:

“a fronte della dimostrata condotta violenta del ricorrente, per altro reiterata nel tempo, correttamente è stata accolta la domanda di addebito proposta dalla F. , venendo in considerazione violazioni talmente gravi dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti la intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse, e da esonerare il giudice del merito, che abbia accertato siffatti comportamenti, dal dovere di comparare con essi, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Infatti tali gravi condotte lesive, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento”

Cassazione civile, sez. I, 14/01/2011, n. 817 ‐ In tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta da un coniuge per le violenze perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni persona. Anche un solo episodio di non lieve violenza, con percosse, consumato dal marito ai danni della moglie, per di più per un banale, futilissimo motivo (avere gettato nella spazzatura un tozzo di pane raffermo), legittima la moglie a chiedere la separazione personale dal coniuge con addebito a quest’ultimo, rendendo verosimile l’affermazione della moglie che il marito fosse solito “alzare le mani”, pur non potendo essere data la prova di ciò, trattandosi di condotte verificatesi all’interno delle mura domestiche ed in assenza di persone estranee ‐ Giust. civ. Mass. 2011, 1, 63.

50 Cassazione civile, sez. I, 10/07/2008, n. 19065‐ La separazione può essere addebitata al coniuge che sia rimasto indifferente alla depressione dell’altro, non sostenendolo economicamente e moralmente, violando così l’obbligo di assistenza coniugale, esistente a tutti gli effetti anche per le malattie mentali. Nella fattispecie, la violazione di tale obbligo, concretizzatasi nella condotta non partecipativa e distaccata dell’uomo rispetto alla malattia della moglie, è stata la causa della fine della convivenza e della conseguente separazione. Diritto & Giustizia 2008.

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Quali conseguenze comporta l’addebito della separazione?

Il coniuge cui è addebitata la separazione perde il diritto all’assegno di mantenimento, ex art. 156 c.c., ma resta fermo l’obbligo di prestare gli alimenti ai sensi dell’art. 433 e seguenti c.c..

Il diritto agli alimenti, difatti, è riconosciuto a prescindere dall’eventuale responsabilità della separazione, qualora sussista uno stato di effettivo bisogno, dovuto non solo alla mancanza di mezzi economici, ma anche all’impossibilità di svolgere un’attività lavorativa, tenuto conto delle condizioni fisiche, dell’età e della posizione sociale rivestita dal coniuge (Cass. civ., 14 febbraio 1990, n. 1099). Quindi il soggetto a cui è stata addebitata la separazione giudiziale mantiene tuttavia il diritto ad ottenere gli alimenti.

L’assegno alimentare viene concesso al coniuge colpevole di aver determinato la fine del matrimonio solo nel caso in cui non sia in grado (per incapacità fisica o per altri motivi non imputabili a lui) di “svolgere un’attività lavorativa confacente alle sue attitudini e alla sua condizione sociale”.

  • Perdita del diritto alle prestazioni previdenziali del coniuge defunto

Con l’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 286 del 28 luglio 1987) che aveva dichiarato incostituzionale la norma di legge, in un primo momento la Corte di Cassazione ha riconosciuto il diritto a percepire la pensione di reversibilità al coniuge separato con addebito ma solo se titolare di assegno alimentare, in seguito si è riconosciuto in via generale tale diritto al coniuge separato con addebito (sentenze n. 6684 del 19 marzo 2009 e n. 4555 del 25 febbraio 2009).

 

Eredità e Successione

L’addebito della separazione porta alla perdita dei diritti successori verso il coniuge

Quindi in caso di morte del coniuge, non partecipa all’eredità. Conserva unicamente il diritto ad un assegno vitalizio per l’ipotesi in cui al momento dell’apertura della successione godesse del diritto agli alimenti. La legge prevede, tuttavia, che se il coniuge colpevole percepiva gli alimenti (“assegno alimentare”) al momento dell’apertura del testamento, abbia comunque diritto a ricevere un assegno vitalizio, ma solamente in caso di effettivo bisogno.

Il coniuge a cui è stata addebitata la successione non acquisisce la qualità di erede